Correva l’anno 1945: il Genoa contro l’Inter finì con 9 uomini in campo e…9 palloni in porta

L'unico gol dei rossoblù fu segnato di testa da Federico Allasio su calcio d’angolo battuto da Emilio Caprile

Federico Allasio (Wikipedia)

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Domenica 23 dicembre 1945 alla “Civica Arena” di Milano si giocò per la X giornata del Campionato dell’Alta Italia di Serie A (a cui erano state ammesse una formazione di Serie B, la Sampierdarenese, e una, l’Andrea Doria, addirittura di Serie D) 1945/1946 l’incontro tra l’Internazionale e il Genoa, che dopo la caduta della Repubblica Sociale Italiana si erano riappropriati dei loro nomi deformati dall’autarchia linguistica fascista in Ambrosiana-“Inter” (quando, nel 1932, era finito il legame forzoso, durato quattro anni, del sodalizio neroazzurro con quello concittadino dell’Unione Sportiva Milanese, che aveva dato vita all’Ambrosiana, campione d’Italia nel 1929/1930) e Genova 1893. La partita, giocata due giorni prima del primo Natale di pace dopo i cinque che l’Italia aveva vissuto in guerra, è quella in cui il Genoa ha subito il peggior passivo (otto reti, alla pari con la sconfitta interna per 0-8 di domenica 5 giugno 1955 contro il Milan) e quella in cui ha subito il maggior numero di reti.

Dopo sette minuti di gioco l’ala sinistra Enrico Candiani, dopo aver fatto una veloce discesa, fece partire un traversone che, addomesticato da Camillo Achilli favorì la gran botta vincente nell’angolino destro alto della porta dell’ex rossoblù Giorgio Barsanti. Passati soli sei minuti, una triangolazione Achilli-Candiani-Achilli diede modo al centravanti Romano Penzo di iscrivere per la prima volta in quella per lui memorabile giornata il suo nome nel tabellino dei marcatori dell’incontro. Il Genoa tentò una reazione con due iniziative della diciassettenne ala sinistra, l’esordiente Emilio Caprile, che sciupò la prima occasione al 15’ e si vide respingere in corner dal portiere avversario Angelo «Nani» Franzosi (quello che sarebbe stato quasi dieci anni dopo per una curiosa nemesi nella già ricordata disfatta genoana contro il Milan l’estremo difensore della porta rossoblù nonché l’unico giocatore non contestato dai tifosi del Grifone in quell’occasione) una pericolosa conclusione al 22’. Al 23’ ci fu la terza rete dei padroni di casa: approfittando di una bella combinazione tra Aldo Campatelli ed Achilli, Candiani si presentò in solitudine di fronte al portiere del Genoa, Orlando Sain, e, dopo averlo evitato, indirizzò il pallone nella porta sguarnita. Con altrettanta facilità Penzo due minuti dopo «bruciò» sullo scatto i difensori della squadra ospite, confezionando la quarta rete neroazzurra, seguito tre minuti dopo da Edmondo «Topolino» Fabbri, pronto a convertire in rete un traversone di Candiani. Al 38’ ci fu la «rete della bandiera» dei rossoblù, seguiti in tribuna dal tecnico ungherese Joszef Violak (che avrebbe raggiunto con loro Genova in pullman dopo l’incontro), già designato a prendere il posto del «traghettatore» Enrico Silvestri, dirigente veramente «factotum», subentrato dopo la sconfitta esterna per 1-2 contro la Triestina di domenica 2 dicembre a Guido Ara, che aveva guidato la squadra oltre che in quello scorcio di campionato anche per tutti gli incontri di quelli del 1941/1942 e del 1942/1943 e di quello «di guerra» del 1944) grazie a un colpo di testa di Federico Allasio su calcio d’angolo battuto da Caprile.

25 marzo 1945: Emilio Caprile con i capelli neri sotto Tosi che ha la giacca (Archivio Pianetagenoa1893.net)
25 marzo 1945: Emilio Caprile con i capelli neri accosciato a sinistra sotto Tosi con la giacca (Archivio Pianetagenoa1893.net)

Come il primo tempo anche la ripresa registrò un divario di quattro segnature a vantaggio dei padroni di casa (i quali, però, mantennero la porta inviolata), le prime tre delle quali segnate in meno di venti minuti: al 2’ l’ennesima fuga incontrastata di Candiani diede modo a Penzo di trovare la via del goal con una conclusione al volo, involontariamente deviata dal terzino sinistro rossoblù Teresio Traversa; al 13’ si involò Fabbri, che fece partire sul terreno viscido per la pioggia un tiro non trattenuto da Sain e ribadito in rete da Penzo; al 19’ ci fu un pezzo di bravura di Achilli, che segnò con un preciso bolide. Per quasi venti minuti non ci furono segnature, anche se al 24’ Sain venne salvato dal palo che respinse un tiro di Campatelli, durante i quali il Genoa cercò di segnare un’altra rete, vedendosi, però, sbarrata la porta da Franzosi, che parò pericolose conclusioni di Giacomo «Ghecche» Neri (al 27’) e di Allasio (28’) ed uscì spericolatamente sui piedi di Caprile (al 32’), negandogli la conclusione vincente.

Al 37’ il signor Eriprando Poggipollini di Ferrara indicò la via degli spogliatoi a uno dei due terzini rossoblù (Francesco Servetto secondo “Tuttosport”, Traversa secondo “La Gazzetta dello Sport”), che unì al calcio rifilato ad Achilli le vibranti proteste rivolte all’arbitro. Un minuto dopo probabilmente Sain non si accorse di essere stato battuto per la nona volta – ancora dall’opportunista Penzo –, perché stordito dalla non trattenuta bordata di Barsanti. Le cronache dell’epoca registrarono ancora l’espulsione di Bruno Ispiro sr. al 44’ per un brutto fallo sull’ex terzino rossoblù Sergio Marchi e l’uscita dal campo a capo chino in fila indiana dei nove «sopravvissuti» della squadra umiliata con nove segnature.

Il “calvario” del Genoa sarebbe proseguito con altre cinque “stazioni” – cioè sconfitte – consecutive (quello di sette è il record negativo assoluto nella storia del sodalizio calcistico più antico d’Italia): preceduta dallo 0-3 interno nel derby con l’Andrea Doria, la disfatta prenatalizia a Milano venne seguita dall’1-3 a Brescia di domenica 29 dicembre 1945, e nel gennaio 1946 dallo 0-2 nel derby casalingo con la Sampierdarenese di domenica 6, dallo 0-4 a Bologna di domenica 13 e dalle sconfitte di misura (0-1) in trasferta contro il Milan giovedì 24 e contro il Torino domenica 27.

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerca e Storia del Museo della Storia del Genoa)

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