Shevchenko: «Non vedo l’ora di assaporare l’atmosfera del derby, con il calore dei nostri tifosi»

Il tecnico si racconta alle telecamere di Genoa Tv: «Voglio una squadra con tanta passione, con la giusta mentalità vincente e che non molli mai». E racconta la sua passione per gli scacchi e l'amore per la sua famiglia

Mister Shevchenko davanti alla scacchiera (Foto da Genoa Tv)

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Mister Shevchenko, siamo davanti a una scacchiera. Da dove nasce la sua passione per gli scacchi?

«Quand’ero giovane, mio padre mi ha insegnato a giocare. Mi è piaciuto tanto fare le partite con lui: questa passione nasce dalla mia infanzia».

Lei ora ha i bianchi e può muovere per primo. Questa passione l’ha coltivata nel corso degli anni, ha avuto esperienze? Come le piace giocare a scacchi?

«Il gioco degli scacchi è un gioco di tattica, ti permette di studiare bene l’avversario. Inoltre, ogni mossa che fai o ti rinforza o ti indebolisce: perciò, partendo dalla scacchiera quando si inizia, questa è la posizione più forte. Scelgo la prima mossa e vado avanti (NDR: muove di due caselle il pedone posto davanti al re»

Si può dire che c’è una similitudine tra il gioco degli scacchi e quello del calcio, dal punto di vista dell’allenatore?

«Sicuramente tante, perché gli scacchi sono un gioco di matematica: è tutto programmato, ma ci sono milioni di chances su come sviluppi le tue azioni. Il calcio è un gioco bellissimo per quello: ci sono situazioni in campo dove un giocatore si può leggere in modo diverso oppure uguale a quello di altri giocatori. E’ questo come io vedo il calcio: ogni mossa che succede oppure che la squadra fa, per me si leggono come la perfezione del calcio».

Anche a livello mentale, a parte la similitudine, è più difficile giocare una partita di calcio oppure giocare a livelli alti una partita di scacchi?

«Se parliamo di livelli alti, entrambi sono difficili: però io dico che probabilmente è più difficile il calcio, perché è un gioco di squadra, del gruppo. Quando giochi da solo, tu prendi decisioni da solo: nel calcio, ogni mossa che fai, il tuo compagno deve conoscerla, il tuo reparto deve saperla. Tu devi agire da solo, ma anche gli altri devono agire come te: allora diventa un gioco di squadra di livello superiore».

Come se le variabili fossero moltiplicate per 11, sommate le variabili degli avversari, al contrario dell’uno contro uno degli scacchi: la difficoltà consiste anche in quello, nel gioco di squadra

«Certo. E comunque hai le sostituzioni che negli scacchi non esistono. Nel calcio è un altro rinforzo che ha l’allenatore e che deve saper usare molto bene».

Mi viene in mente di citare un film di spie e scacchi, “A mente fredda”: ci vuole una mente più fredda e lucida per giocare a scacchi oppure per fare una sostituzione che può risultare decisiva?

«Nel calcio occorre conoscere bene i propri giocatori. Occorre conoscere la qualità dei propri giocatori: il fattore umano è molto importante. Poi ci sono giocatori che possono entrare durante la partita e dare un rendimento molto più alto di qualcuno che fatica ad entrare in partita. Negli scacchi non esistono le sostituzioni, ma sono un gioco molto logico. Nel calcio, quando si ha un talento, è un gioiello che potrebbe decidere le gare da solo: negli scacchi potrebbe essere la regina che può muoversi dappertutto e compiere diverse mosse tattiche per risolvere la partita. Però nel calcio, giocatori di questo tipo sono un’arma molto più efficace e più importante».

E lei se si paragonasse a un pezzo degli scacchi, quale sarebbe?

«In questo momento sono l’allenatore, mi piacerebbe essere dietro la scacchiera e guardare tutto, dare indicazioni ai miei giocatori su come possono muoversi meglio. Direi che il pezzo più importante è la regina, è un gioiello, devi sapere come utilizzarla: il giocatore deve sapere però che può entrare in una gara dove non può uscire».

Ha parlato del talento che può paragonarsi alla figura della regina: allenare, invece, è più talento oppure più applicazione?

«Occorre tanta conoscenza: un allenatore deve studiare ed informarsi, si deve sempre migliorare. Riguarda anche il calciatore, però il lavoro è completamente diverso».

Nel 1997 il super computer Deep Blue aveva battuto per la prima volta il campione di scacchi Kasparov: ribaltandola al calcio, i dati quanto aiutano il lavoro dell’allenatore e di tutto il suo staff?

«Forniscono tante informazioni: danno dati precisi, come quelli fisici, tecnici. Aiutano a sviluppare un quadro tecnico il più preciso possibile su un giocatore: esistono nuove generazioni di tecnologie che aiutano moltissimo nella fase di planning degli allenamenti, inclusi le videocamere e i droni, Durante la partita si può avere dai collaboratori le giuste indicazioni per incidere sull’esito della gara».

Cambiamo discorso: lei è stato a Milano, Londra e ora è a Genova. Come si vivono le città divise dai derby, da due squadre o da più di una come nel caso di Londra?

«Direi che c’è tanta passione, e tanta rivalità: ciò nasce nel derby, la partita più importante. Se due squadre giocano nella stessa città saranno sempre divise. A Londra ci sono più squadre avversarie tra loro: ad esmepio il Chelsea è il più grande rivale del Tottenham. Poi c’è l’Arsenal, il Fulham. A Milano c’è Inter-Milan. So bene quanto sia importante il derby per i nostri tifosi: è una partita che supera per importanza tutte le altre. Sto aspettando il mio primo derby, vorrei sentire questa atmosfera».

Ha parlato di passione da parte dei tifosi, vediamo le sue altre passioni. Di recente, il gioco degli scacchi è tornato molto di moda grazie a una serie tv che ha avuto molto successo: “La regina degli scacchi”. Non so se lei l’abbia vista, ma quali sono i film e le serie tv preferiti da Andiriy Schevchenko?

«Questa serie tv l’ho vista: è bellissima, perché è tratta da una storia vera. E’ una storia che ti prende: racconta di una ragazza che era in un orfanatrofio che riesce a sviluppare questa splendida carriera, nonostamte tutte le difficoltà».

Un’altra sua grande passione è la famiglia: ha voglia di raccontarci il vostro legame?

«Io ho quattro figli e stiamo insieme con mia moglie da 20 anni. Siamo una famiglia unita: ci piace viaggiare, che fa tante cose assieme. E’ una famiglia sportiva, perché i miei figli amano lo sport: qualcuno di loro gioca a calcio, ma noi giochiamo anche a golf, padel. Ho provato anche a insegnare ai miei figli qualche sport acquatico».

C’è un’immagine che riguarda lei, ed è la più famosa di tutte: è il suo sguardo prima di calciare il rigore decisivo nella finale Champions di Manchester. Lei se rivede quello sguardo, si riconosce in quello sguardo deciso: per tornare al concetto di mente fredda, sa che segnerà?

«Rivedo sempre me stesso, concentrato, che prende una decisione con mente molto fredda. Però sono una persona che ha passione, che ha tanta voglia di imparare e di provare le cose».

Per concludere, qual è la cosa più importante, la prima cosa che vorrebbe vedere del suo Genoa?

«Passione, ancora passione e tanto cuore. Il calcio è bello per la passione, per la giusta mentalità vincente, per il fatto di provarci sempre, di non mollare mai, bisogna sempre andare avanti».

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