Il capriccio di Bonucci è l’incapacità di accettare la sconfitta

Gravina dribbla l'autocritica. Il problema del calcio italiano non è la base ma è il vertice

Bonucci
Leonardo Bonucci (da Vivo_Azzurro)

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Il simposio di etica sportiva tenuto da Leonardo Bonucci dopo la disfatta di Palermo svela il principale impedimento al necessario cambiamento del sistema calcio italiano: l’incapacità di accettare e di riconoscere la sconfitta. Al contrario del più ruspante rifiuto della sconfitta, essa alligna un preoccupante difetto di mentalità giacché la presunta lectio magistralis proviene da un cattedratico che va per i trentacinque e non da un pischello di borgata. «Ci siamo giocati il Mondiale in una partita secca dove può succedere di tutto mentre nei gironi era prevista andata e ritorno. Hanno passato il turno squadre con quattro o cinque sconfitte, noi siamo a casa dopo averne persa una al 92′. É un regolamento assurdo, folle» ha tuonato il difensore juventino. Bambini e bambine di tutte le scuole calcio, unitevi: ascoltate e fate l’opposto perché nelle favole come nella realtà degli adulti chi grida al lupo è talvolta il lupo.

Che cosa può insegnare ai più giovani un capriccio regale di chi nel proprio parco giochi non è abituato a perdere essendo la vittoria un marchio aziendale, anzi «l’unica cosa che conta»? Quale valore può avere una pistolettata all’unanime regolamento Fifa, peraltro delibato dalle Federazioni di tutto il mondo? Bonucci è bene che si ricordi che le regole sono regole e valgono per tutti, persino per le sperdute Isole Salomone che battendo in gara secca – ebbene sì – la Papua Nuova Guinea tenteranno di superare la Nuova Zelanda in soli novanta minuti (!) per accedere alla finalissima contro una nazionale del Carribe la quale, per non essere da meno, vivrà l’agone in una notte. E quanto è perverso, se non diabolico, questo regolamento che ha previsto la qualificazione d’ufficio del Qatar, in qualità di paese ospitante di Qatar ’22, pur non avendo i suoi calciatori cammellieri mai vinto o perso una partita. Boja fauss.

Forse Bonucci dimentica che in duecentosettanta minuti, tra Svezia e Macedonia del Nord, l’Italia non ha fatto un gol e che per la spedizione di Palermo il commissario tecnico ha convocato trentatré calciatori operando scelte in palese confusione: davvero crediamo che la Nazionale quadricampione del Mondo, oro a Berlino ’36 e bicampione d’Europa sia precipitata così in basso da non avere undici uomini pronti a battere, con il massimo rispetto, una compagine che a livello globale non varrebbe la Serie C, per di più priva di Elmas e Nestorovski? Sembra di rivivere il Gattopardo: niente cambia per mantenere i privilegi. Il presidente Figc Gravina non conosce autocritica ma, anzi, dirotta fumosamente il discorso sui vivai – ammesso che abbia mai assistito a una partita giovanile – dimentico che il problema del calcio italiano non è la base, che già regge la piramide con tecnici competenti, ma è il vertice incapace di accettare e di riconoscere una sconfitta.

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