Federsupporter chiede l’esclusione di Milan, Inter e Juve dalla serie A e la penalizzazione dei tre club fino al termine del campionato

«Una guerra di secessione distrugge il sogno popolare» commenta l’associazione di tutela dei diritti dei tifosi riguardo alla Superlega

Alfredo Parisi, presidente di Federsupporter

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Il recente proclama dei 12 club costituenti la Superlega ha inferto un colpo mortale, non solo e non tanto all’impianto europeo del calcio (UEFA, FIFA, Lega Calcio Serie A), ma ad un ultimo baluardo dell’idea di una Europa unita intorno ad un “centro di gravità permanente”: il calcio.

L’iniziativa della Superlega, infatti, è riuscita in una impresa quasi impossibile: incidere su una realtà popolare condivisa, distruggendo storia, tradizioni, passioni sacrificate sull’altare di necessità finanziarie per un business globale solo economico.

I comportamenti ambigui di personaggi quali i presidenti delle tre società italiane cofondatrici della Superlega, sono stati, peraltro, anticipati dalla loro opposizione all’ingresso dei Fondi nel calcio italiano.

Opposizione che, ora, trova la sua chiarificazione nel confliggente interesse economico con gli interventi finanziari della Superlega, ma, non solo, è anche la chiave di interpretazione di un disegno, più ampio e destabilizzante, del nostro sistema calcio.

Disegno recentemente formalizzato nella lettera di sette presidenti di club diretta a sfiduciare il presidente della Lega Calcio Serie A, lettera che vede tra i firmatari Agnelli e Marotta.

Ma il crimine maggiore di questa guerra di secessione è stato ed è quello commesso contro i tifosi, ai quali viene sottratto un sogno: l’illusione di costituire, insieme al loro club, una identità nella quale riconoscersi, indipendentemente dai risultati sportivi, come correttamente evidenziato nell’articolo di Mario Sconcerti su “il Corriere della Sera” del 18 Aprile 2021: “un’idea rozza che va contro il gradimento dei tifosi … Il calcio è sentimento, colpito alle spalle diventa rancore … Il disegno è rozzo: gestire in pochi la ricchezza di molti… Una grande idea tentata molte volte in passato da regimi autarchici, perché prepotente, quindi forte, avida”.

Più evidente è la vittoria della sperequazione finanziaria quale fattore di distruzione del merito sportivo, da sempre posto al centro della partecipazione a qualunque manifestazione sportiva.

In questa situazione, considerato come i tre club firmatari si siano messi fuorilegge nel nostro campionato ed in quello europeo, come più dettagliatamente esplicitato nell’allegata nota dell’Avvocato Rossetti, Federsupporter a nome non solo dei propri associati, ma nell’interesse di tutti i tifosi, chiede formalmente l’applicazione dell’articolo 4, primo comma, delle NOIF per la violazione dei principi in esso contenuti.

Violazione che deve portare:

  1. alla penalizzazione di tre punti per ogni residua gara da disputarsi nel campionato in corso da parte dei club interessati;
  2. all’assegnazione del titolo di vincitore della Coppa Italia all’Atalanta;
  3. all’allontanamento dagli Organi Federali dei presidenti dei richiamati tre club:
  4. in sintonia con l’UEFA, all’applicazione del divieto ai calciatori militanti nei tre club di essere presenti nella nostra nazionale.

Alfredo Parisi

Presidente Federsupporter

 

La Superlega: una supercazzola sportiva sociale e giuridica

Il clamoroso annuncio, intervenuto nottetempo il 18 Aprile scorso, della costituzione di una cosiddetta Superlega da parte di alcune società di calcio professionistiche, nazionali ed europee, ha suscitato e sta suscitando, come è comprensibile, enorme scalpore e polemiche.

Al di là di alcuni dettagli, non ancora precisati e noti, l’idea di fondo consisterebbe nella formazione di una Lega autonoma e separata dagli attuali Leghe calcio professionistiche, organismi interni delle rispettive Federazioni nazionali, volta all’organizzazione di un torneo “ aperto” tra le società costituenti (12) e quelle alle quali verrà concesso , successivamente, di aderire, con partite infrasettimanali da giocarsi tra loro.

Questo torneo verrebbe, immediatamente, finanziato da una prestigiosa banca d’affari internazionale (JP Morgan) con un finanziamento di 3,5 miliardi di euro rimborsabile in 15 anni, e, ordinariamente, con i proventi derivanti dalla commercializzazione mondiale dei diritti audiovisivi per la trasmissione di dette partite.

Le società e le squadre facenti parte della Superlega continuerebbero, peraltro, a partecipare ai rispettivi campionati nazionali.

In pratica, il torneo organizzato dalla Superlega non sostituirebbe, bensì si aggiungerebbe, ai campionati suddetti.

La conseguenza è che gli attuali campionati nazionali, così come le competizioni organizzate dalla UEFA, verrebbero enormemente svalutati e marginalizzati, a detrimento dell’interesse del merito sportivo, nonché dell’utilità e funzione sociali del calcio e della sua dimensione popolare e sociale.

Ciò premesso, v’è da dire che quanto accaduto non è, affatto, un fulmine a ciel sereno.

E, infatti, ormai da tempo, come lamentato innumerevoli volte e in  innumerevoli occasioni da Federsupporter, sempre ignorata e inascoltata, che il calcio professionistico ha perso quei connotati di utilità e funzione sociali che la Costituzione (articoli 41 e 42), richiede ai fini dell’esercizio dell’iniziativa economica privata e del riconoscimento della proprietà privata.

Ed è, ormai, da tempo che, contrariamente a quanto previsto dallo statuto del CONI, la dimensione economica del calcio è diventata, nettamente, prevalente rispetto alla sua dimensione popolare e sociale.

Ricordo che, sin dal 1998, era stato presentato da Media Partners International un progetto di Superlega europea a numero chiuso. Progetto, poi abbandonato.

Ed è proprio allo scopo di sventare la tentazione di alcuni operatori economici e sportivi di uscire dal quadro delle Federazioni, onde sfruttare meglio il proprio potenziale economico, che la Commissione Europea ha  presentato, nel 1999, un proprio rapporto.

Rapporto secondo cui, constatato, sin da allora, che la condizione dello sport in Europa rischiava di condurre ad un indebolimento della sua funzione educativa e sociale, sottolineava la necessità di un quadro giuridico tale da salvaguardare la predetta funzione.

Gran parte delle società di calcio professionistiche sono finite, o stanno per finire, con il sostegno finanziario fornito da banche d’affari, nelle mani di Fondazioni speculative internazionali, il cui controllo e gestione sono, spesso, assai opachi e di cui non si conosce, ne è conoscibile, la tracciabilità delle risorse finanziarie delle quali dispongono, con sedi spesso nei cosiddetti paradisi fiscali.

Una tendenza fornita dalla mala gestio di molte società fortemente indebitate, sull’orlo della bancarotta e, quindi, facilmente preda dei predetti soggetti speculativi.

In tutto ciò con i tifosi, cioè i consumatori degli eventi calcistici e direttamente ed indirettamente i suoi principali finanziatori, ridotti al rango di massa passiva e inerte, privata di ogni diritto e di tutela dei suoi legittimi interessi, trattati alla stregua di una comunità di “tossicodipendenti” del pallone, ai quali i fornitori e spacciatori della “droga calcio” propinano le “dosi” necessarie a dominarli.

Quei di tifosi che mai, finora, hanno voluto e saputo imporsi e organizzarsi per sottrarsi a tale sfruttamento, reclamando di partecipare al controllo delle società di calcio, per esempio, sul modello tedesco, che prevede la partecipazione al 50%+1 nel capitale delle società di calcio di quella nazione nelle mani di associazioni di tifosi, con il sostegno di Enti economici del territorio cui appartengono quelle società.

Sul piano, poi, strettamente giuridico, osservo quanto segue.

Le società di calcio, ai sensi della legge 91/1981 sul professionismo sportivo, devono ottenere, ai fini della loro costituzione, l’ affiliazione alla FIGC, riconosciuta dal CONI.

A propria volta, lo statuto del CONI prevede che il Consiglio Nazionale di quest’ultimo possa revocare, ai fini sportivi, il suddetto riconoscimento.

Aggiungo che, sempre secondo la legge 91/1981, possono svolgere attività sportiva professionistica solo quei soggetti che esercitano tale attività a titolo oneroso e con continuità, nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate da queste ultime.

Pertanto, non potrebbero più esercitare l’attività sportiva professionistica quei soggetti riconosciuti come non più appartenenti ad una disciplina regolamentata dal CONI, e/o svolgenti l’attività non più secondo le norme emanate dalle Federazioni sportive nazionali di appartenenza.

Si tenga presente che provvedimenti espulsivi ed estromessi del CONI e/o delle Federazioni sportive nazionali hanno natura e valenza di atti

 

amministrativi, disciplinati, quindi, dal diritto amministrativo e non da quello civile.

Ciò, sempre tenuto conto che, come più innanzi rilevato, pur volendo ritenere l’attività calcistica professionistica puramente quale attività economica privata e le società di calcio parificate unicamente ad una proprietà privata , tuttavia, sia l’una sia l’altra, per essere esercitate e riconosciute, devono essere conformi al principio costituzionale di utilità che funzione sociali.

Non vedo, dunque, come società di calcio professionistiche, operanti in Italia e loro tesserati, potrebbero continuare a svolgere, legittimamente e lecitamente, le loro attività, almeno sul territorio nazionale, con il venir meno del riconoscimento da parte del CONI e della FIGC, ove tale attività, in conseguenza della costituzione della Superlega e della partecipazione alle competizioni da essa organizzate, fosse qualificata come contraria all’ordinamento sportivo nazionale e internazionale ed a quel principio di utilità e funzione sociali.

Avv. Massimo Rossetti

Responsabile Area legale Federsupporter

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