Correva l’anno 1974: il 21 aprile si gioca Genoa-Torino, partita storica

Un ricordo di Massimo Prati tratto dal suo libro "I racconti del Grifo"


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“[…] Io non ricordo la prima volta che ho visto un incontro del Genoa. In base a quanto mi hanno detto i miei genitori, la mia prima partita del Grifo fu nel 1966 ed ero troppo piccolo per poterlo ricordare: avevo tre anni. Comunque, i miei  primi ricordi  sono piuttosto circoscritti e riguardano un periodo che va dal 1969 al 1971. Ma, ripeto, si tratta ancora di frammenti limitati: un giocatore, un’azione,  al massimo il dettaglio di una partita.

Dopo il ’71 però le reminiscenze si fanno un po’ meno vaghe. Ricordo per esempio, un Genoa-Mantova della stagione 1972-1973, finito tre a zero,  in una  splendida giornata di sole. Sono allo stadio con mio padre, in Gradinata Nord. Il portiere della squadra avversaria si avvicina alla porta per mettersi in postazione. In gradinata c’è un momento di religioso silenzio. Tutti si alzano e restano in piedi e poi scatta un applauso scrosciante: un tributo che raramente mi è capitato di vedere ad una partita del Genoa. Mio padre mi spiega che quello è Da Pozzo, ex portiere del Grifo, detentore del record d’imbattibilità tra i professionisti dal 1964: 791 minuti senza prendere un gol (un record che resisterà per quasi un decennio, battuto per la prima volta, nel 1973, da Zoff nella Juve con 903 minuti d’imbattibilità,  poi nel 1994 da Rossi nel Milan che giocò più di 10 partite, 929 minuti senza subire gol, ed infine da Gianluigi Buffon, nel 2016, la cui porta rimase inviolata per 974 minuti).

Nel corso di quel Genoa-Mantova capii cosa e quanto possa essere l’amore dei genoani per i giocatori che mostrano attaccamento alla maglia.

Qualche settimana dopo ebbi modo di seguire anche un Genoa-Varese. Si trattò di un’altra vittoria, per tre reti a due e, aldilà del risultato comunque positivo, ci furono dei risvolti personali che mi resero quella partita indimenticabile. Avevo uno zio al quale del calcio non gliene poteva fregare di meno. A quanto ricordo, non aveva mai visto una partita prima di quel Genoa-Varese, né vide altre partite di football in seguito. Però era parente, o amico di famiglia (adesso non saprei dire con precisione) di Claudio Gentile. Giocatore che 10 anni dopo sarebbe divenuto campione del mondo, nonché fustigatore di Maradona ai mondiali di Spagna ‘82, ma che a quei tempi era ancora un illustre sconosciuto, difensore di una squadra minore lombarda per la quale, tra l’altro, quel giorno segnò anche un gol.

Così quel mio zio ed un mio cuginetto, più un altro parente, o conoscente, di Claudio Gentile, decisero di venire a vedere Genoa-Varese con me e mio padre. Comprammo cinque biglietti e ce ne andammo nel piano superiore della curvetta nord, lato distinti.  Ci eravamo seduti da poco e ricordo che rimasi colpito dalla presenza di alcuni spettatori che, apparentemente, non erano interessati alla partita perché non guardavano mai verso il campo ma in direzione opposta, dietro gli spalti. Da quel settore di stadio si poteva comunicare a gesti con le celle del carcere di Marassi che, come è noto, è attiguo alla Gradinata Nord del Luigi Ferraris. Quelle persone erano i familiari dei detenuti, ed erano venuti allo stadio non per vedere giocare al pallone ma per salutare i parenti del “quinto braccio”.

Comunque, quel giorno, alla fine della partita ci dirigemmo verso gli spogliatoi. Mio zio chiese se poteva salutare Claudio Gentile, spiegando che era un suo parente. Dovemmo attendere un po’, probabilmente gli addetti alla sicurezza e gli accompagnatori della squadra fecero alcune verifiche col giocatore. Poi ci fecero passare e ci dissero di restare lì, mentre mio zio e l’altro parente di Claudio Gentile furono accompagnati in una sala e poterono parlare con lui. Quella è stata l’unica volta che sono entrato nel “ventre” di Marassi.

Mi ricordo naturalmente Genoa-Rimini del 1971, la partita della promozione dalla C alla B, giocata davanti a 55.000 persone (vinta 2 a 1, con gol di Speggiorin e di Turone), e poi, due anni dopo, il Genoa-Lecco che ci portò in serie A […]

[…] La prima stagione che ricordo nel suo complesso è invece quella del 1973/74. L’anno non fu dei più felici ma accaddero eventi particolari, che non potevano non rimanere impressi nella mente di un ragazzino. Di quella stagione ricordo anche un derby di andata  perso per due a zero, (gol di Salvi su passaggio di Rossinelli, mi sembra, ed autorete di Claudio Maselli), ma, rispetto a quella partita, preferisco non entrare nei dettagli.

Alcuni dettagli vorrei invece darli per ciò che riguarda il mio primo ingresso in gradinata sud, che, per una serie di circostanze, ricordo molto bene.

Con papà, si andava allo stadio sempre con largo anticipo, per prendere posto  in  Gradinata Nord. In occasione di Genoa-Torino, del 21 aprile 1974, facemmo tutto come al solito. Arrivammo allo stadio un’ora  prima e ci avviammo verso la gradinata. Ma il Genoa  quell’anno stava andando davvero male ed i tifosi avevano organizzato dei picchetti e delle contestazioni: in segno di protesta, bisognava “disertare” la  Nord. Così ci convinsero ad andare alla sud. Entrammo nello stadio di Marassi e lo spettacolo fu impressionante.

Il Genoa giocava in casa e, pur non essendo un match di cartello, ad un’ora dal fischio d’inizio nello stadio c’era già un sacco di gente; sebbene solo gradinata la sud fosse veramente affollata, mentre nelle tribune e  nei distinti si potevano notare alcuni spazi vuoti. Ma ciò che impressionava era invece la Nord, dove non si vedeva un’anima viva. Qualsiasi tifoso italiano comprenderà facilmente la stranezza di quella situazione: la tua squadra gioca in casa ed il luogo che rappresenta il cuore del tifo più caldo è un posto completamente deserto.

Ma, ad un certo punto, la situazione cambiò. Il problema era che i genoani continuavano a venire allo stadio e, non essendoci più posti disponibili alla sud, la gente si dirigeva verso la Nord, che lentamente stava cominciando a riempirsi. E al momento del calcio di inizio, tutto era tornato alla normalità: quando la squadra entrò in campo, la Gradinata Nord era stracolma come suo solito.

Per la cronaca: al Genoa furono fischiati due rigori contro, di cui -mi sembra di ricordare- uno molto contestato e perse due a zero.

L’arbitraggio di Casarin ovviamente non fu molto apprezzato dal pubblico rossoblù. Infatti l’arbitro restò sotto assedio negli spogliatoi per molto tempo. Si narra che riuscì a lasciare lo stadio, in taxi, solo molte ore dopo la fine della partita, grazie al fatto di avere camuffato le proprie sembianze con un travestimento. Un po’ di tempo fa, mi è capitato di sentire in TV Casarin rievocare quegli avvenimenti. Evidentemente, a più di quarant’anni di distanza, se ne ricordava ancora molto bene”

Massimo Prati, seconda edizione de “I Racconti del Grifo. Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova”, Urbone Publishing, 2020. Edizione non illustrata. 306 pagine. 15 Euro.

P.S. Su internet, esiste un filmato, di una ventina di secondi, in cui si vede l’esecuzione di uno dei due rigori a favore del Torino. Quello che mi ha colpito di quel filmato è la professionalità, la signorilità e la sportività di Paolo Pulici: esecuzione perfetta che spiazza il portiere ma neanche la minima manifestazione di gioia, come se non avesse voluto infierire sull’avversario sconfitto.

Di quel video ho scattato tre foto, che qui propongo. A causa dei riflessi dello schermo del computer, la qualità di queste foto è bassa, ma spero che rendano comunque l’idea.

Massimo Prati: classe 1963, genovese e genoano, laureato alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Genova, con il massimo dei voti. Specializzazione in Scienze dell’Informazione e della Comunicazione Sociale e Interculturale.

Vive in Svizzera dal 2004, dove lavora come insegnante. Autore di un racconto, “Nella Tana del Nemico”, inserito nella raccolta dal titolo, “Sotto il Segno del Grifone”, pubblicata nel 2004 dalla casa editrice Fratelli Frilli; di un libro intitolato “I Racconti del Grifo. Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova”, edito nel 2017 dalla Nuova Editrice Genovese; di un lavoro sulla storia del calcio intitolato “Gli Svizzeri Pionieri del Football Italiano”, Urbone Publishing, 2019; di una ricerca storica dal titolo “Rivoluzione Inglese. Paradigma della Modernità”, Mimesis Edizioni, 2020; della seconda edizione de “I Racconti del Grifo. Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova”, Urbone Publishing, 2020. Infine, coautore, con Emmanuel Bonato, del libro di didattica della lingua italiana, “Imbarco Immediato”, Fanalex Publishing, Ginevra, 2021.

È anche autore di numerosi articoli, di carattere sportivo, storico o culturale, pubblicati su differenti blog, siti, riviste e giornali. Collabora con “Pianetagenoa1893” e “GliEroidelCalcio”.

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