Cacciate i mercanti dal tempio dopo il golpe di Nyon

Competizione priva di solidarietà, assolutista nel senso che reprime la concorrenza interna e dal respiro di Restaurazione di un ceto nobiliare oberato dai debiti

Super League Nyon
(foto Twitter @TSLComms)

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I Vangeli testimoniano che persino quel sant’uomo di Gesù si arrabbiò una volta nel breve tratto della sua vita terrena. Anzi, l’episodio della purificazione narra la sua ira funesta dopo essersi accorto che il Tempio di Gerusalemme fosse trafficato come Piazza Affari il lunedì mattina. Dopo la costituzione della Super League, avvenuta nottetempo, i tifosi chiedono, invece, la purificazione del calcio. E il coro che si solleva, spinto dalla propulsione mediatica del golpe di Nyon, è unanime: da Liverpool, con il barbuto Klopp capocordata pronto a dimettersi dalla guida tecnica qualora i Reds dovessero entrare a tutti gli effetti nelle nuova competizione di corte, ai sinora spettatori club di Germania, alfieri del rigore di bilancio e della salubrità del merito sportivo, passando per l’Italia orfana di tre delle sette sorelle, la Spagna referendariamente orientata verso l’anti-don Florentino Perez.

Che il progetto di una Super Lega, il torneo che glorifica il centro e desola la periferia, fosse sulle scrivanie della politica del calcio lo dice la storia. É dalla cosiddetta “Operazione Gandalf”, promossa nel 1998 da Media Partners, società di intermediazione dei diritti tv fondata a Milano da Rodolfo Hecht Lucari, che risale il primo tentativo di creare un campionato europeo per pochi legittimari partecipanti per diritto quesito, con JP Morgan già sponsor. Le istanze dell’allora Comunità Europea, e l’opposizione dell’Uefa, inabissarono il progetto nel timore che Gandalf – omaggio allo stregone buono del Signore degli Anelli di Tolkien – svilisse entro tre anni i campionati nazionali rendendoli monchi delle squadre più tifate. Tuttavia, alla crisi del ’98 seguì un momento legislativo che culminò con la riforma della Champions League e la correzione delle quote dei diritti tv: Juve e Milan passarono alla cassa con dividendi maggiorati, moltiplicando per sei i propri introiti.

Non sono certo i fatti di Nyon a far scoprire che le guerre, anche se fredde, nascondano un gran giro di quattrini. Diceva Hecht con tagliente allegoria dopo che Media Partners fallì la suddetta opa: «Il calcio italiano è un circo i cui padroni hanno deciso di fare i pagliacci. Avevano il futuro tra le mani, lo hanno gettato via». Se il futuro è rappresentato da una competizione priva di solidarietà tra tutti i club d’Europa, assolutista nel senso che reprime la concorrenza interna e dal respiro di Restaurazione di un ceto nobiliare oberato dai debiti (i dodici club sommano sei miliardi d’indebitamento complessivo, quattro dei quali verso le banche), allora si trovi un campo d’ortiche dove riporre la Super League sorta dalle macerie di Nyon. Il modello calcistico travolto dagli effetti nefasti e a lungo termine della pandemia da Covid-19 va rifondato semmai alla base ridando apicalità ai settori giovanili, a stadi moderni al posto di residuati bellici e a campionati più leggeri e di maggiore qualità. Senza più mercanti nel tempio.

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