FEDERSUPPORTER: «Sfida all’Ok Corral Lega-Aic sul contratto»

Le vicende di queste ultime ore relative al CCNL dei calciatori fanno pensare che non si tratti più di una negoziazione, bensì di una vera e propria resa dei conti, di una sorta di faida e di sfida all’”OK Corral”tutta interna al sistema calcio; sistema che, avendo scambiato specificità ed autonomia per assoluta autoreferenzialità, và […]


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Le vicende di queste ultime ore relative al CCNL dei calciatori fanno pensare che non si tratti più di una negoziazione, bensì di una vera e propria resa dei conti, di una sorta di faida e di sfida all’”OK Corral”tutta interna al sistema calcio; sistema che, avendo scambiato specificità ed autonomia per assoluta autoreferenzialità, và verso una implosione ed appare sempre di più come una macchina i cui sistemi di guida siano impazziti.

I punti di insanabile contrasto sembrano essere quelli costituiti da su chi debba gravare il contributo di solidarietà previsto dal recente decreto legge contenente ulteriori misure urgenti in materia finanziaria e, soprattutto, dalla deroga al principio secondo cui i calciatori hanno diritto di partecipare agli allenamenti con la prima squadra.

Sul primo punto ( contributo di solidarietà) mi riporto al mio parere del 18 agosto 2011, consultabile sul sito www.federsupporter.it. Osservo che la richiesta della Lega Calcio di Serie A di inserire nel nuovo CCNL una clausola che espressamente preveda l’obbligo di pagare il suddetto contributo a carico del calciatore non è affatto risolutiva sul piano giuridico del problema che la Lega vorrebbe così risolvere. Poiché, infatti, il pagamento di retribuzioni al netto ai calciatori fa parte di patti contenuti nei contratti individuali di lavoro degli stessi calciatori, una norma di contratto collettivo, per di più successiva a tali patti, non potrebbe, almeno legittimamente, modificare o derogare in senso peggiorativo tali patti. Pertanto, i singoli calciatori interessati, pur in presenza della suddetta norma collettiva, ben potrebbero rifiutarsi di ritenerla loro applicabile, cosicchè la norma risulterebbe del tutto inutile allo scopo.

Non commento, poi, per carità di patria, la proposta della FIGC di risolvere il problema mediante la costituzione , nell’ambito della Federazione, di un Fondo di Garanzia che si dovrebbe far carico degli eventuali oneri che dovessero gravare sulle singole società a causa del rifiuto di calciatori di pagare il contributo di solidarietà.

Laddove la “toppa” appare peggiore del “buco”, essendo sprovvista la proposta in discorso di ogni crisma di logica, di equità ed essendo, almeno a mio avviso, non conforme alle finalità istituzionali di una Federazione sportiva. Il fatto che la FIGC, per finanziare il Fondo di garanzia, utilizzi risorse private ( ricavi da diritti televisivi, etc.) non sembra, in ogni caso, compatibile con la circostanza che la Federazione fruisce di contributi pubblici, in quanto tale fruizione implica e comporta che le risorse private non vengano distratte a fini estranei a quelli istituzionali.

Ribadisco che la soluzione corretta ed appropriata del problema consiste, così come evidenziato nel mio richiamato  parere del 18 agosto u.s., nella assoluta ed insanabile nullità, poiché contraria a norma imperativa di legge, di ogni pattuizione, collettiva o individuale, che consenta e consegua di trasferire ogni forma di imposizione personale progressiva, quale è, al di là del nomen, il contributo di solidarietà, da un soggetto ad un altro: nella specie, dal calciatore lavoratore dipendente alla società datrice di lavoro.

Al riguardo, richiamo, anche in questa sede, la sentenza 26 giugno 1987, n. 5652, della Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, secondo cui è nullo ogni patto, espresso o tacito e, comunque, ogni comportamento volto a realizzare la sostituzione di un soggetto ad un altro, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo tributario, avendo la nostra Costituzione stabilito il principio della progressività delle imposte che rende personale ed infungibile l’obbligazione relativa ed illecito ex lege ogni patto o comportamento difforme e nulle eventuali convenzioni in contrario.

Circa il secondo punto ( partecipazione del calciatore agli allenamenti della prima squadra), ma leggasi , in realtà, problema della gestione degli esuberi dei calciatori, mi riporto integralmente alle considerazioni ed alle proposte da me formulate nel parere del 6 dicembre 2010, anch’esso consultabile sul sito www.federsupporter.it.

In particolare, in quel parere sottolineavo come comportamenti del datore di lavoro e/o di suoi dipendenti e/o collaboratori, quand’anche formalmente ed apparentemente leciti, che, però, comportano e da cui conseguano l’emarginazione, la dequalificazione, la mortificazione del lavoratore, sono da considerare illeciti e non, perciò, sanati o sanabili da una eventuale norma di contratto collettivo che siffatti comportamenti consentisse. I comportamenti in questione sono vietati per legge ( artt.2087 e 2103 C.C.) . In specie l’art.2087, che prevede a carico del datore di lavoro l’obbligo di salvaguardare, non solo la persona fisica, ma anche la personalità morale del lavoratore, è considerato attuativo dell’art. 32 della Costituzione che sancisce il diritto alla salute psico-fisica e la tutela della personalità.

Non può, quindi, mai una scelta discrezionale tecnico-organizzativa della società e/o di suoi dipendenti e/o collaboratori comportare e cagionare, nei fatti, l’emarginazione, la dequalificazione, la mortificazione di un calciatore ed  è, invero, difficile negare che  il diritto di partecipare agli allenamenti della prima squadra persegua proprio lo scopo di evitare i suddetti comportamenti e le suddette conseguenze. Anche in questo caso, dunque, la richiesta della Lega di Serie A di inserire nel nuovo CCNL una norma che consenta alle società e/o a propri dipendenti e/o collaboratori ( leggasi agli allenatori) di discrezionalmente escludere taluni giocatori dagli allenamenti della prima squadra appare non idonea allo scopo effettivamente perseguito.

E’ evidente, infatti, che, soprattutto dinanzi ad un giudice ordinario ( in questo caso non sarebbe applicabile il vincolo di giustizia consistente nel divieto per i tesserati di rivolgersi alla magistratura ordinaria, vertendosi in materia di diritti soggettivi assolutamente inalienabili ed indisponibili), la suddetta norma contrattuale non potrebbe essere invocata a giustificazione e quale esimente nei confronti di comportamenti ex lege  illeciti. La strada da seguire è un’altra e può consistere nelle proposte da me formulate nel citato parere del 6 dicembre 2010. Proposte che, per comodità di consultazione riporto di seguito.

a) Prevedere, nell’ambito delle NOIF della FIGC e del CCNL applicabile ai calciatori, la possibilità per le società di dichiarare, motivandolo, uno stato di esubero nell’ambito dell’organico dei giocatori alle dipendenze ;

b) Il numero dei calciatori dichiarati in esubero non potrebbe essere inferiore a tre e superiore a sei;

c) La dichiarazione di esubero dovrebbe essere preceduta da una consultazione con le OO.SS. maggiormente rappresentative dei calciatori su base nazionale: la consultazione dovrebbe esaurirsi in un arco temporale di venti giorni con un verbale che recepisca le valutazioni e le posizioni delle parti ;

d) Ai giocatori dichiarati in esubero dovrebbe essere offerta la possibilità di risolvere il contratto dietro corresponsione di una indennità una tantum stabilita di comune accordo tra le parti o, in mancanza di quest’ultimo, determinata da una Collegio permanente di arbitratori scelti di comune accordo tra la Lega Calcio e le OO.SS. di cui sub c) o, in difetto, dalla FIGC. L’indennità, in questo caso, andrebbe determinata sulla base dei compensi dovuti per la residua durata del contratto, proporzionalmente diminuiti del vantaggio costituito dall’immediata percezione in capitale degli stessi ed in ragione delle concrete probabilità del calciatore di reimpiego in altra società a condizioni più o meno omogenee a quelle godute. A questo proposito, è opportuno sottolineare che, secondo principi generali del diritto del lavoro, è riconosciuta la compensazione per il lavoratore del danno con il lucro ed è fatto obbligo al lavoratore- creditore di non aggravare, con propri comportamenti puramente passivi ed omissivi, la posizione e gli obblighi del datore di lavoro- debitore;

e) In alternativa a quanto sub d), al calciatore dovrebbe essere offerta la possibilità di rimanere alle dipendenze della società, alle stesse condizioni, fino alla naturale scadenza del contratto, ma, in questo caso, accettando di essere escluso dagli allenamenti con la prima squadra e di non essere convocato per le gare della squadra stessa. Qualora al calciatore venisse offerta la possibilità di reimpiego presso altra società, a condizioni almeno non inferiori a quelle godute e tale offerta fosse rifiutata, gli emolumenti dovuti allo stesso calciatore potrebbero essere diminuiti del 15 % in caso di primo rifiuto, del 30 % in caso di secondo rifiuto e sino ad un massimo del 50% in caso di terzo rifiuto ;

f) I calciatori dichiarati in esubero dovrebbero essere immediatamente iscritti in apposite liste presso una speciale Agenzia del Lavoro costituita da FIGC, Lega Calcio e dalle OO.SS. di cui sub c), pariteticamente gestita da tali soggetti, la cui attività venga finanziata da un contributo speciale posto a carico, rispettivamente,per 2/3 delle società di calcio e per 1/3 dei calciatori, volta a facilitare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro calcistico professionistico.

Nei casi di rifiuto delle offerte lavorative proposte dalla Agenzia, si applicherebbe quanto previsto sub e). Alle società che utilizzassero giocatori provenienti dalle apposite liste in oggetto andrebbero accordati sgravi fiscali e/o contributivi. Aggiungo che tali proposte trovano oggi conforto ed ulteriore supporto in quanto stabilito dall’art. 8 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, recante Misure Urgenti in materia finanziaria, secondo cui accordi collettivi a livello aziendale o territoriale possono realizzare specifiche intese finalizzate alla gestione di esuberi occupazionali. Intese che, tra l’altro, possono regolare materie, quali : l’organizzazione del lavoro; le mansioni del lavoratore; la trasformazione e la conversione dei contratti di lavoro stessi ed il recesso dal rapporto lavorativo. Quanto, inoltre, allo sciopero dei calciatori, occorre precisare che, ove la partita o le partite di calcio che i giocatori si astenessero dal giocare fossero in seguito recuperate, non si tratterebbe di sciopero, che prevede l’astensione dal lavoro con conseguente perdita della retribuzione; lavoro che, perciò, viene definitivamente perduto e non più recuperato dal datore di lavoro.

E’, altresì, evidente che, qualora tale lavoro fosse poi recuperato ed utilizzato, non si tratterebbe di astensione, bensì di mero rinvio nel tempo di una attività lavorativa : rinvio che, pertanto, non potrebbe dare luogo a nessuna perdita di relativa retribuzione. Resta aperta, in questo caso, la questione attinente al risarcimento di danni che gli acquirenti di abbonamenti o di biglietti alle gare non disputate e rinviate potrebbero vantare; posizioni che sono certamente degne di tutela. Circa il ruolo ed i compiti che istituzionalmente sono attribuiti alla FIGC nella situazione in oggetto, ricordo che l’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, richiesta di un parere dalla stessa FIGC, si è formalmente pronunciata il 30 luglio 2010, stabilendo, tra l’altro, che : “in caso di persistenza di illegittimità, come sopra delineate ( 6.1- Carenza di contrattazione collettiva, con responsabilità in caso di inerzia o riluttanza ad Accordi previsti dalla legge; 6.2- Predisposizione unilaterale di contratto tipo, avulso da Accordo anche transitorio, e tentativi di imposizione malgrado l’inesistenza di vincoli giuridici) ed aggravate con il protrasi nel tempo da parte di una o più Leghe, potrà essere esaminata dalla FIGC la possibilità- in ipotesi limite ove ne sussistano tutti i presupposti-, di nomina di commissario ad acta, con intervento sostituivo temporaneo per raggiungere un nuovo accordo o anche un primo accordo transitorio in caso di acuirsi di un conflitto tra le parti, attraverso una utilizzazione di procedura di garanzia( argomentando da art. 9, comma 9, Statuto federale)”.

Per concludere, una domanda : perché la Lega Calcio di Serie A, invece di profondere tante energie per inserire nel CCNL dei calciatori clausole, come si è visto, di nessuna o scarsa valenza giuridica e, pertanto, pressoché inutili agli scopi perseguiti, non si è, finora, adoperata e non si adopera in sede politica affinchè il Legislatore abolisca la qualificazione del rapporto con i calciatori come di lavoro dipendente , norma anacronistica, risalente al 1981, qualificandolo, viceversa, come di lavoro coordinato e continuativo a progetto, posto che la così detta “Legge Biagi” consente  tale qualificazione anche relativamente al rapporto con gli addetti ai “call center” ?

Avvocato Massimo Rossetti (Responsabile area legale Federsupporter)

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