Radu avvisa l’Udinese: “Siamo carichi dopo il pareggio con la Juve”

"Sappiamo di avere una partita dura contro un avversario difficile. Se riusciremo a mettere in campo la mentalità di Torino, sarà un passo importante e daremo un segnale" spiega il portiere del Genoa

Radu Genoa
Parata di Radu (Foto Genoa cfc Tanopress)

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“Siamo carichi dopo il pareggio con la Juve”. Andrei Radu è pronto per la sfida di dopodomani contro l’Udinese. Al sito ufficiale del Genoa spiega con molto realismo: “Sappiamo di avere una partita dura contro un avversario difficile come l’Udinese. Se riusciremo a mettere in campo la mentalità di Torino, sarà un passo importante e daremo un segnale”. Il portiere, nazionale Under 21 della Romania, ha capito subito a sue spese le differenze tra il campionato di B giocato con l’Avellino e il massimo campionato: “L’impatto con la Serie A è stato complicato: cambia la velocità d’esecuzione e la qualità degli interpreti. Arrivano tiri forti e precisi…”.

“Da tutti gli allenatori ho appreso qualcosa” prosegue l’estremo difensore. Ma ora al Grifone sta iniziando una nuova carriera: “Al Genoa sto migliorando e ringrazio i compagni, in particolare il gruppo di lavoro di noi portieri guidato da Scarpi e Raggio Garibaldi. Godersi tra i pali l’atmosfera di uno stadio come il Ferraris dà sensazioni molto forti. In campo è tutta un’altra cosa”. Ricorda quando ha indossato per la prima volta la mitica maglia rossoblù: “All’esordio con il Chievo, nel tunnel di ingresso, mi sono tornati in mente i sacrifici, i sogni di bambino, le emozioni che il calcio attacca alla pelle. L’adrenalina era tanta alla fine. Faccio parte dell’ultima generazione di rumeni, credo, cresciuti sulla strada con il pallone tra i piedi”.

Radu usa la macchina del tempo, e torna a Bucarest, nel quartiere Pantelimon dov’è cresciuto giocando per strada, aspettando il rimbrotto verso sera di nonna Preda che faceva la guardia a lui e due cugini. E c’erano le proteste dei vicini infastiditi dalle gioiose grida dei ragazzi: “Tornate subito, o resterete fuori”. Ricorda: “Giocavo attaccante, non mi piaceva correre. Così è nata la mia trasformazione. Come pali usavamo i piloni dell’elettricità, bottiglie piene d’acqua, scarpe, ciabatte, mucchi d’erba tagliata. Una volta presi una pallonata in faccia e restai tre giorni a letto. Dietro a quei palazzoni c’era il campo del Fc Viitorul Bucuresti. La scuola calcio della mia zona dove poi ho iniziato”.

Il portiere rossoblù ha una pena nel cuore: sua sorella che purtroppo non c’è più. Ma lui non l’ha dimenticata e conserva il suo ricordo nel suo cuore. “Siamo una famiglia unita, ho tre fratelli e avevamo una sorella che non c’è più. Alexandra aveva 14 anni, io 9, quando è mancata. In campo porto con me una maglia bianca con la sua foto stampata, la lascio sempre nei pressi del palo alla destra. E’ un modo per sentirla vicina e portarla con me. Indietro non si può tornare” conclude.

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