Cronaca di una domenica “speciale” al Ferraris, tra il lutto e lo sport

C’era un’aria di dolore, di rabbia e anche, alla fine della gara, di gioia. La partita: il Genoa ha divertito e sorpreso per il gioco e i due gol nel primo tempo

Hiljemark Pellegri
Il cinque tra Pellegri e Hiljemark (foto di Genoa CFC Tanopress)

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

E’ stata una domenica “speciale” quella che ha visto il Genoa debuttare a Marassi: intanto perché ha vinto, ma soprattutto per il clima particolare, quasi magico, surreale, che ha accompagnato soprattutto il primo tempo e i primi 43 minuti.

C’era un’aria di dolore, di rabbia e anche, alla fine della gara, di gioia: forse anche di rassegnazione in alcuni momenti. Ma c’era soprattutto il ricordo di quei poveri morti sotto il ponte e l’applauso che è scoppiato al 43’ è stato davvero liberatorio, come se qualcosa fosse definitivamente passato (ma non sarà così) e come se la nostra coscienza si fosse improvvisamente liberata da un incubo.

Il Grifo ha divertito ed ha anche sorpreso, specie nel primo tempo per un gran bel gioco, per due gol inaspettati, per una squadra che, diciamolo subito, ha gli uomini ma non ancora una vera struttura tecnica.

E’ stato bello vedere i tre bimbi di Criscito con la maglia rossoblù. E’ stato bello vedere Favilli (un gigante, alto come un cipresso) riempire di bacetti la sua bella compagna. E’ stato bello vedere Ilaria Cavo (che si sta impegnando per organizzare eventi pro vittime del Ponte) abbracciare, lei genoana, l’amico Zarbano ed è stato soprattutto molto bello vedere il presidente Preziosi tornato nella sua poltrona al centro della tribuna, impietrito (forse per i due gol) tanto da non alzarsi nemmeno al 43’.

Insomma un bell’inizio: con Ballardini che si sbracciava più del solito per far capire ai suoi che bisognava “giocare alto”, mai retrocedere: tenere l’avversario nella sua metà campo. E nel caso contrario, essere pronti alla ripartenza: il che è avvenuto spesso grazie a Kouamè e a Piatek, velocissimi a ripartire. Perché questo è il gioco di Ballardini (tanto incomprensibilmente deprecato lo scorso anno), cioè “gioco all’italiana”: difesa attenta, coperta, sicura e via col contropiede.

E’ chiaro che questa formula richiede che ogni giocatore sia perfettamente integrato ai compagni. Ecco perché si è detto, all’inizio, che finora il Grifo ha finalmente giocatori bravi, ma non ancora una squadra fatta e compiuta. Ma su questo sta lavorando Ballardini. A noi l’idea di gioco di “Balla” piace molto, anche se tanti parlano di eccessiva difesa o addirittura di “catenaccio”.

Ieri si è visto che, ancora una volta, anche se spesso disordinatamente, la difesa ha retto bene, ha respinto, ha sempre trovato il difensore pronto, con coperture continue. Sul finire, è vero, c’è stata un po’ di confusione, ma il piedone di Spolli o di Gunther (re della grinta) sono sempre saltati fuori. Ed anche Marchetti, il tanto vituperato Marchetti, ha fatto vedere su quel tiro terribile empolese, che sembrava entrato in porta, di essere capace di scattare come un gatto e di buttare via la palla: un capolavoro!

Conclusione: il Grifo ha un buon patrimonio umano, un gioco che sta sviluppandosi con criterio (non dimentichiamoci che siamo alle prime battute), un tecnico che finalmente parte col piede giusto, il presidente che torna fra i suoi e pensa finalmente di aver fatto un buon mercato. E soprattutto si è avvertito nel gruppo un grande senso di appartenenza (l’arrivo di Criscito è servito e come). E’ bastato per noi un episodio: vedere il team manager Pellegri (guai se non fosse mai in panchina) accarezzare amorevolmente (quasi fossero figli suoi) i giocatori che vanno via via sostituiti, ha dato l’impressione che il senso di amicizia e di “gruppo” (grazie anche ai dirigenti come Pellegri) è una delle caratteristiche più significative e vincenti di questo nuovo Genoa.

Vittorio Sirianni

Vittorio Sirianni
Vittorio Sirianni
Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.