Un pari che vale come una vittoria per l’ottima prestazione del Genoa

Peccato per l’ingenuità di Martin sul gol di Ikoné e per il rigore concesso dall’arbitro ai rossoblù e cancellato dal Var

Sirianni Preziosi
Vittorio Sirianni

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Adesso abbiamo capito perché la Fiorentina vorrebbe tanto Gilardino. Lo ha definitivamente capito in questo sconclusionato (per i viola) pareggio nel quale il Gila ha dato un positivo esempio di quello che è gioco del calcio, che è compattezza di squadra, che è lettura perfetta di una partita, appartenenza vera ai colori societari del Genoa e un affetto (sportivo e non) per i propri giocatori.
Ovviamente non parleremo adesso del futuro del tecnico, anche perché non vorremmo essere “massacrati” dal presidente Zangrillo che, recentemente, ha accusato con parole forti (“insulti”, “menzogne” che sarebbero state scritte verso l’allenatore) chi aveva solo osato di cercare di capire come sarebbe andata a finire il rapporto fra il tecnico e la società.
E’ certo che oggi, dopo il pari e i 39 punti raggiunti (dopo, pensate, in nove trasferte una sola sconfitta contro l’Inter) si potrà guardare avanti, cioè al prossimo campionato.
E a tal proposito ci fa piacere riportare un giudizio del professor Aldo Piccardo, psichiatra di grande fama e Presidente Onorario del Genoa Club Rapallo: «Oggi mi auguro, ma ne sono convinto, che la società saprà dare quello che questa squadra e questo allenatore si sono meritati in questo anno e mezzo, dalla serie B al quasi decimo posto nella massima serie».
Ancora una volta i grifoni hanno recitato il loro bravo copione calcistico: nel primo tempo dominando e facendo vedere i sorci verdi (pardon, viola) agli avversari, con almeno tre palle gol bellissime, una traversa e un Ekuban in grande spolvero, oltre al meritato rigore trasformato da Gudmundsson. E nella ripresa, di fronte a una prevista reazione della Fiorentina, controllando a dovere, ma con una sola ingenuità di Martin sul gol viola: per il resto i padroni di casa giocherellavano a centrocampo e mai trovavano un corridoio che li facesse arrivare al tiro.
Al Genoa, anzi, è stato negato un altro rigore che solo un arbitro come Di Marco non certo in malafede, ma semplicemente privo di esperienza (era al suo debutto in serie A), ha fatto la sua brutta figura, prima concedendo la massima punizione e poi smentendosi di fronte al VAR che come sempre fa “bau-bau” ai direttori di gara. In questo caso era solo, come si dice, una decisione da campo, nel senso che l’immagine non può verificare l’intensità dello scontro: è solo l’arbitro che può vedere il “reale” del momento. La prima spinta di Retegui è stata leggera, quella del difensore viola è stata potente e decisiva. L’arbitro aveva visto giusto, ma “mamma” VAR no.
La squadra ha giocato dunque bene ed anche i cambi sono stati tutti ben fatti, nessun squilibrio tattico, anche se i momenti non erano facili da gestire, visto le pressioni (ancorché inutili) della Fiorentina. Spence si è rivelato ottimo, Thorsby niente male: peccato per l’uscita anzitempo a causa di un infortunio di Messias, uomo indispensabile, proprio nel nuovo ruolo che gli ha scoperto il tecnico.
Un’ultima osservazione: non si è capito quale sia stata la logica di far giocare il Genoa ogni quattro giorni, per favorire un’altra squadra che lotta per la qualificazione in Conference League. Figli e figliastri.
Ed infine, come dicevano i tifosi all’uscita dal “Franchi”, la “vendetta, sportiva s’intende, è stata compiuta nel ricordo del 4-1 perfidamente vinto dai viola. Il pareggio, considerati i punti attuali dei fiorentini, non permetterà loro di giocare nelle coppe il prossimo anno.
Insomma proprio non è andata male la trasferta nella città del giglio.
Vittorio Sirianni

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