Sirigu è del Genoa, un portiere che non farà rimpiangere Perin

Braglia ne esalta l'aspetto tecnico e umano: «Leader dello spogliatoio, è il meglio»

Sirigu
Salvatore Sirigu con il tricolore (foto di Vivo_Azzurro)

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Centovanta presenze con il Paris Saint-Germain, prossimo avversario del Genoa in un’amichevole di lusso che si disputerà nella prima setata del 24 luglio a Orleans, addolciti da dodici titoli vinti con i Parisiens in cinque anni, e centocinquantadue partite disputate con il Torino. Più quarantuno gettoni nelle coppe europee e ventisette in Nazionale, dove si è rivelato uomo spogliatoio determinante per toccare gli Azzurri nel vivo patrio della corsa all’Europeo con parole e video motivazionali. É lo strepitoso curriculum di Salvatore Sirigu, nuorese di La Caletta, frazione di Siniscola: un vincente nato, non solo per il numero di trofei che espone in bacheca. Lui e Barella sono l’orgoglio di una patria, quella di Sardegna, fiera sarda che ha esultato in lingua madre dopo aver visto i propri beniamini scorrazzare allegramente sul prato di Wembley con la bandiera dei Quattro Mori mentre gli inglesi devastavano l’avanstadio e riscoprivano orride nozioni da madrepatria dominatrice di popoli che si pensavano essere cassate.

Dalla Champions League alla lotta per non retrocedere passando per il quinto posto conseguito con il Palermo di Cavani e Pastore e al quartultimo con il Toro, fino alla violazione del cattedrale di San Mames, a Bilbao, apogeno della gestione Ventura. Sirigu, ormai un ex granata dopo aver risolto il contratto con Cairo, ha vissuto ogni emozione sul campo a bordo di quel toboga talvolta impazzito che è il calcio: ciò lo rende capace di adattarsi a ciascun palcoscenico e a qualsiasi obiettivo gli venga richiesto. Sirigu è campione d’Europa senza aver mai compiuto una parata, come Peruzzi nel 2006 e Giovanni Galli nel 1982, ma non per questo il suo ruolo può dirsi periferico o, peggio, marginale nella travolgente cavalcata a un alloro che non varcava i confini dell’Italia da oltre cinquant’anni. Decisivo negli allenamenti, nell’impartire consigli segretati a Donnarumma prima dei rigori, e decisivo negli intervalli: una presenza costante, benché senza guanti, in ciascun ritaglio di tempo non giocato.

Il Genoa guadagna molto con Sirigu, più affidabile di Perin soprattutto quando le cose si mettono male: è l’esperienza a guidarlo. Una leggenda genoana come Braglia lo ha consacrato, prima ancora dell’imminente ufficialità, sotto un duplice aspetto, tecnico e umano: «Non c’era di meglio che potesse arrivare. Il Genoa aveva bisogno di un vero leader dello spogliatoio e lui lo è certamente». E se il vistoso imprimatur giunge dal portiere dell’Euro-Grifo di Bagnoli, il cui gruppo storico trasudava umile personalità rintracciabile segnatamente nelle vittorie europee di Chelsea, Villarreal e Italia, allora significa davvero che il Genoa ha pescato bene, per non dire il meglio, tra le opzioni messe a disposizione dal mercato. É stato ancora una volta determinante il lavoro certosino del direttore sportivo Marroccu, nato a Cagliari, meglio a Casteddu, magari con qualche parola in lingua sarda, per intendersi al volo e sottrarlo alla concorrenza del Lille campione di Francia.

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