Perin e lo strano ruolo del portiere

Il numero uno del Genoa è tornato grande: sbagliate le critiche per il gol di Faraoni

Perin Genoa
Mattia Perin (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Il portiere è un ruolo strano, forse il più strano del calcio, poiché più di qualunque altro risente dell’aiuto reciproco dei compagni di squadra, a partire dagli attaccanti, ormai i primi costruttori di una fase difensiva solida seppur interpretata con taglio moderno. Inoltre, per capire a fondo le diaboliche dinamiche servirebbe un bravo psicanalista: solo così, rovistando nell’introspettiva di tale impiego, è possibile trovare la chiave per entrare nella testa di un numero uno. Perin ne è l’esempio, peraltro non l’unico capitato in questo sottile campionato: travolto nel folgorante avvio di stagione, travolgente con Ballardini e la sua rivoluzione tattica di velluto. «Energia!» spesso ripete il portiere del Genoa nelle pose social con i compagni rossoblù, tra l’istrionico e il teatrale, per fare gruppo e per strappare un sorriso. Appunto, parola chiave: prima Perin era una lampadina spenta, bastava solo azionare la dinamo per avere la luce.

Cos’è cambiato ma, soprattutto, quando è scoccata la scintilla che ha ripristinato la corrente di Perin? Emotivamente parlando l’innesto della sana e leale concorrenza di Paleari (tra i due c’è un ottimo rapporto) – emersa prepotentemente contro la Juventus, in Coppa Italia – lo ha stimolato, pungolato al punto giusto. Nel nuovo Genoa che brama la salvezza non ci sono titolari fissi: chiunque deve meritarsi il posto. Perin ha fatto tesoro degli accadimenti e ha reagito da campione consolidando la propria centralità – mai in discussione – nel progetto tecnico di Ballardini, che a sua volta lo ha aiutato con una fase di non possesso orientata al sacrificio e all’equilibrio tra i reparti. Il Grifone dei diciannove punti in dieci partite concede tiri agli avversari dalla medio-lunga distanza, principalmente al di fuori dell’area di rigore, soluzioni che raggiungono lo specchio della porta con una frazione di secondo di ritardo, talvolta decisiva per effettuare un intervento risolutorio.

Il Genoa non ha fatto così contro l’Hellas Verona, una piccola grande della Serie A, abituata a far giocare male ogni avversario, a furia del suo gioco spinoso che è come andare per ricci di mare: si trovano ma non senza rimediare punture. I rossoblù hanno difeso con minore brillantezza ed esposto Perin al pericolo in più occasioni a causa di un centrocampo non così registrato sulle posizioni e poco concreto nel cautelarsi dalla spiccata aggressività degli uomini di Juric. Così l’estremo difensore del Grifo ha sofferto più del solito le incursioni strategiche di Barak, in stile Pessina, i movimenti rapidi di Lasagna e l’assalto dei tornanti gialloblù. Fino all’episodio, il cross di Çetin per Faraoni, indebitamente scambiato per errore in luogo di un’uscita sì tecnicamente rivedibile ma comunque coraggiosa, quasi d’altri tempi. Il portiere è un ruolo davvero strano.

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