Non è facile, dopo 14 giornate, capire cos’è questo Genoa e non è nemmeno facile comprendere chi è esattamente il nostro Thiago Motta. Rimane ancora tutto un grande mistero, dominato da una parte dall’ottimismo (almeno così pare) del mister e dall’altro dei risultati che non appaiono davvero positivi. Anzi in questo momento il Grifo è nella serie inferiore e, onestamente, date le sue prestazioni pensiamo che purtroppo lo meriti abbastanza.
Dunque si dovrà capire, innanzitutto, perché Thiago è così sicuro di sé e non ama drammatizzare: «Ci sono ancora 72 punti a disposizione – ha detto – dunque possiamo recuperare». I giocatori? «Stanno facendo pienamente il loro dovere». Il pubblico? «Eccezionale, ci sta seguendo come non mai».
Ora, uno che vive all’esterno del mondo rossoblù direbbe tranquillamente che il Grifo è comunque in una botte di ferro. Ma chi sta vicino all’ambiente, avverte qualche preoccupazione.
Dal punto di vista tecnico ci sono due osservazioni da fare che pongono qualche allarme: la prima riguarda il fatto che con Thiago Motta il Grifone ha perso proprio quando ha avuto il 60% di possesso palla. Il che significa che ha tenuto il pallino del gioco, ma non ha finalizzato, nel senso che il possesso palla è piacevole e utile, se poi le ripartenze diventano positive, ossia si trasformano nei gol. Purtroppo non si riesce a segnare: è vero che gioca anche il fattore sfortuna (contro il Torino sono stati centrati una traversa e un palo), ma è anche vero che la sfortuna, si sa, è nel Dna del Genoa e quindi non è neanche il caso di tirarla fuori ogni volta.
L’altro elemento tecnico è che i 12 gol subiti dai rossoblù sono tutti arrivati dalle cosiddette “palle inattive”, il che non è successo altra formazione del campionato.
Ora su questi temi, Motta dovrà riflettere. Così come dovrà riflettere sul fatto che continua a cambiare formazione (è vero che vi sono parecchi infortuni), ma certe soluzioni e certe scelte lasciano a desiderare.
Purtroppo, quando si perde e nel modo con cui è giunta la sconfitta contro il Torino ogni spiegazione risulta accettabile, ma è anche vero che si ha la sensazione che il tecnico non abbia ancora capito quale sia la formazione ideale. E si ha la sensazione che non abbia ancora ben compreso le caratteristiche dei vari atleti e che li stia “girando” cercando la loro migliore utilizzazione.
Quattordici giornate, serie B in agguato: ma su questo Thiago non pensa, non ha la minima intenzione di riflettere, almeno all’esterno. Ed è un bene, perché evidentemente è convinto di uscire serenamente da questo tunnel.
Vediamo: domani c’è l’Ascoli, avversario in Coppa Italia, al Ferraris. Qualcuno ha osato chiedere: «Mister puntate alla Coppa?». Con questa situazione è sembrata una domanda abbastanza azzardata, ma lui amorevolmente ha risposto: «Ma certo, perché non dovremmo?», dimostrando da una parte una smisurata fiducia nei suoi uomini e dall’altra un’abile risposta da vero gentleman delle conferenze stampa.
Dopo l’Ascoli si va a Lecce, niente male: scontro diretto, il che, ripetiamo, non impressiona minimamente Thiago, pronto a sostenere che «faremo una gran bella partita perché sappiamo giocare a calcio e prima o poi verremo fuori da questa situazione».
E sia. Quando molti stanno vivendo il dramma di ogni anno, l’unica speranza ce la offre lui, personaggio un po’ kafkiano, Thiago Motta.