Maggiore, dal no alla scuola calcio Genoa al rifiuto di entrare in campo con lo Spezia

L'ex capitano non ha voluto giocare contro il Como

Maggiore Spezia
Giulio Maggiore (dalla sua pagina Instagram)

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Tiene ancora banco la polemica divampata a La Spezia dopo il rifiuto di Giulio Maggiore, ex capitano, di giocare contro il Como in Coppa Italia (gara vinta dagli Aquilotti 5-1). La motivazione? Sembrerebbe che il centrocampista sarebbe già stato “promesso” dai suoi procuratori ad un altro club, come Salernitana o Sassuolo. Attraverso uno scritto su Facebook Marcello Musso, dirigente giovanile del Genoa, ne racconta un aneddoto legato al Grifone, fino a chiudere con una considerazione che non si può che sottoscrivere.

Un ragazzo del ’98, serio, diventato uomo, professionista nella squadra della sua città con la fascia di capitano al braccio, si rifiuta di entrare in campo in Coppa Italia per volere dei suoi procuratori per andare altrove per guadagnare di più, soprattutto per chi lo assiste… A 10-11 anni, ai tempi di Nicolò Zaniolo in Scuola Calcio, venne a provare da noi (al Genoa, ndr) insieme a Luca Ranieri, altro spezzino del ’99 andato poi ai Viola insieme a Nicolò, ma non volle venire perché promesso al Milan dove rimase solo sei mesi per poi tornare a Spezia sentendo la malinconia di casa.

Rifiutò pure di andare ai mondiali giovanili Under 20 in Corea del Sud perché doveva dare la maturità. Potendo diventare un’icona di una città in una squadra costruita intorno a lui, getta la fascia e la maglia della sua vita dove poteva fare e chiedere quello che voleva, e non per andare al Real, al PSG o in una che da noi lotta per lo scudetto, ma in squadre di medio bassa classifica, per qualche centinaia di migliaia di Euro che soprattutto entreranno in tasca ai suoi procuratori che se rimanesse li non avrebbero.

Il racconto della storia di Giulio Maggiore per far capire a tutti tifosi, se ce ne fosse ancora bisogno, che nel calcio di oggi le bandiere non esistono più in un verso o nell’altro: rimane solo la fede per i propri colori, per la maglia, e per quella si dovranno fare le battaglie.

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