Il Genoa fa un esame di coscienza: Blessin pronto a ripartire diversamente

Blazquez e la società intervengono dopo la sconfitta di Palermo

Blessin Portanova Genoa
Mister Blessin e Manolo Portanova (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Se Andres Blazquez, dall’alto della sua delega ricevuta dal consiglio di amministrazione del Genoa, parla di autocritica significa che mai prima d’ora il corpo tecnico del club si sia posto il problema. Ossia: la squadra, così come uscita ampiamente migliorata dal mercato estivo, funziona? In altre parole, il rendimento è bilanciato o vicino all’equivalenza rispetto al potenziale che può esprimere un organico di livello assoluto? Gli interrogativi sono sorti dopo Palermo al termine di una sconfitta maturata contro una squadra sopravvalutata dagli amplessi scaturenti dal passaggio di proprietà a favore dello sceicco e dotata di due, forse tre, individualità pronte a giocare in qualunque squadra di Serie B, e non solo. Un esame di coscienza più che un’autentica messa in discussione di Blessin che se non altro è servita a chiarire un punto incontrovertibile: passi la disperata situazione della scorsa stagione, stavolta il Genoa non deve sbagliare l’anno.

Lo deve ai suoi tifosi che hanno rinnovato o sottoscritto ex novo la tessera allo stadio senza che fosse più possibile tornare al Pio i cui cancelli sono come le colonne di Ercole, lo deve a tutti dopo la retrocessione. É cambiato l’ambiente attorno a Blessin perché attorno al tecnico del Genoa sono cambiate (in meglio) le aspettative: da una salvezza da conseguire da subentrante, dove è più facile ottenere l’attenzione dello spogliatoio, a una promozione da confermato per la quale, invece, è necessario dimostrare ciascuna delle proprie abilità. Blessin non è un fine stratega e neppure un frullatore di idee giacché effettua sostituzioni già definite “uno per uno”, o comunque nero su nero e bianco su bianco mutuando una locuzione dagli scacchi, come se le proprie convinzioni fossero scritte sulla pietra e perciò immutabili. L’inserimento di Aramu all’ala mancina, e di Strootman “libero” in difesa, sono state innaturali forzature come se il mister avesse voluto dimostrare che i propri principi venissero prima degli uomini.

Così dopo sole cinque giornate di campionato, e otto punti conseguiti in gran parte lontano dal Ferraris, il Genoa è un gigante dormiente che quando si sveglia di soprassalto rincorre un fantomatico sé stesso, simulacro di qualcosa che non c’è mai stato. Nell’ultimo mandato Ballardini soleva cambiare una formazione a settimana, mister Blessin ha almeno individuato un undici di base, quello che di solito si recita a memoria come le poesie delle elementari, che tuttavia segue come un fedele fa con un canone liturgico. Dall’eccesso di trasformismo, parente prossimo della cieca sperimentazione, alla parsimoniosa intransigenza che tronca l’evoluzione di un pensiero tattico para-moderno che sinora non ha avuto altro che mera declinazione difensiva. Una costante, mai equilibrio: lo attesta l’iniziale 4-4-2 del Barbera stravolto entro il 79′ in un’improponibile variante del vecchio WM (3-2-3-2, anziché 3-2-2-3) che non farà più capolino dopo aver parlato di autocritica.

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