Gazzetta dello Sport: cosa imputano i contestatori a Preziosi?

Il commento di Sebastiano Vernazza

Preziosi Onofri
Enrico Preziosi (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Fuori dal coro. È la rubrica di Sebastiano Vernazza all’interno de La Gazzetta dello Sport stamani in edicola, quella che oggi prende le parti del presidente del Genoa, Enrico Preziosi, in un clima di feroce contestazione divampato intorno al club più antico d’Italia. Un mese fa gli ricordavano di dover morire in occasione di Genoa-Napoli, domenica hanno tributato una scritta di infima volgarità a sua figlia Paola in occasione di Genoa-Entella. La Gradinata Nord lo contesta, lui non va più allo stadio e paga il tutto con un forte stress psico-fisico.

“Genova è una città stordita dal crollo di Ponte Morandi, vive da tempo un’infelice decrescita demografica ed economica ed è abbastanza miracoloso che conservi due squadre in A. Preziosi non è un santo e non fa calcio per rimetterci, però mantiene il Genoa in A da dodici stagioni consecutive, cosa mai successa nel secondo dopoguerra, con il Grifone abbonato all’ascensore tra A e B. Preziosi ha preso il Genoa sull’orlo del fallimento, l’ha portato in C per via del famigerato illecito del 2005 e però l’ha fatto risalire in fretta. Durante i suoi anni, il tifoso genoano medio si è divertito: ha applaudito il gioco selvaggio di Gasperini, ha osannato Milito e Thiago Motta e oggi si gode il capocannoniere Piatek. A Preziosi si possono attribuire diversi peccati, ma non gli si può dire che non sappia fare calcio. Piatek se l’è acquistato da solo a quattro milioni e ha il diritto di rivenderselo a 50, per incassare una plusvalenza che gli permetterà di aggiustare i conti. Il calcio costa milioni e procura rogne, a Genova non c’è nessuno che voglia sostituirsi a Preziosi. Quando l’attuale presidente ha provato a cedere il club, ha ricevuto offerte da persone che, parole sue, non davano sufficienti garanzie”.

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