ESCLUSIVA PIANETAGENOA1893 – LEO BEROGNO: «Stabilito il nuovo record di club genoani»

Il presidente dell'Associazione Club Genoani analizza i varia aspetti legati alla tifoseria rossoblù, senza dimenticare la dolorosa perdita di Franco Rotella


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Un punto di riferimento per la tifoseria, un personaggio che ha dato tanto al Genoa e che, giorno dopo giorno, continua a lavorare per far crescere ulteriormente il mondo rossoblù. Leo Berogno, presidente dell’Associazione Club Genoani, interpreta il proprio ruolo in un modo estremamente attivo e quantomai gradito alle varie realtà del Grifone sparse sul territorio. Anche in occasione della festa del “Genoa Club sette settembre” Berogno era presente per incontrare chi condivide con lui l’amore per i colori rossoblù.

Sono giorni tristi per la tifoseria genoana a causa della scomparsa di Franco Rotella: per coloro che lo conoscevano meno, può tracciarne un profilo?

«La prima volta l’ho incontrato parecchi anni fa al Genoa Club Multedo, che aveva sede a Villa Rostan. Io ero con mio papà, e Rotella, assieme ad Eranio, giocava nella Primavera del Genoa. Il suo amore per i colori rossoblù, oltre che da calciatore, l’ha dimostrato una volta terminata la carriera professionistica, rimanendo nella sua Genova. In diverse circostanze, inoltre, ho preso parte a trasmissioni televisive assieme a lui, ed anche in quel contesto Rotella ha confermato quanto tenesse al Genoa».

Sicuramente si troverà il modo per ricordarlo a dovere come accaduto per altri ex rossoblù scomparsi, magari intitolandogli un club…

«Non lo escludo».

Una tifoseria, quella genoana, che si è sempre schierata dalla parte dei più sfortunati: basti ricordare la colletta per l’Abruzzo, la raccolta di sangue e la vendita in beneficenza delle bandiere confezionate dalle donne del Saharawi.

«Non è certo una novità il nostro appoggio nei confronti delle persone che hanno bisogno ma solo la conferma di un lavoro insito nella nostra natura. Attraverso la nostra passione, infatti, da sempre cerchiamo di portare un piccolissimo aiuto laddove serve di più. E in un momento in cui il mondo del tifo è così criminalizzato certe iniziative dovrebbero essere ancor più valorizzate».

Il grande campionato che sta disputando il Genoa ha prodotto la nascita di nuovi club?

«Abbiamo raggiunto il record storico, 192 club, circa venti in più rispetto allo scorso anno. Una crescita a seguito dei buoni risultati sul campo è normale ma mi preme sottolineare che i genoani sono sempre stati vicini alla squadra anche nei frangenti meno positivi. Un dato? In serie C abbiamo sottoscritto quindicimila abbonamenti! Difficile, invece, stabilire il numero di iscritti. Quello che posso aggiungere è che, tra i club più attivi e che forniscono un maggior contributo alla tifoseria organizzata, trovano spazio sicuramente il “Sette Settembre”, i “Figgi do Zena” ed il “Genoa Club Serra Riccò».

Alcuni club sono sorti anche fuori regione o addirittura al di là dei confini nazionali?

«Si, tra i club all’estero posso menzionare, tra gli altri, il Genoa Club New York ed il Genoa Club Amsterdam. Come ogni anno, una rappresentanza di quest’ultima realtà sarà presente al derby. Sorti da poco, invece, alcuni Genoa Club in Brasile ed in Giappone».

Molto spesso si trascurano le vere problematiche dei tifosi. Quali sono gli aspetti più difficili con cui deve confrontarsi chi vuole seguire da vicino la propria squadra?

«Ci vorrebbe almeno un’ora per sviscerarli tutti. I biglietti nominativi e le limitazioni sugli striscioni sono solo un paio di esempi».

E riguardo la Tessera del Tifoso che opinione avete?

«L’Associazione Club Genoani si è già espressa in merito, ed è pronta a combattere contro questa iniziativa. Si tratterebbe di un’ulteriore schedatura che andrebbe anche a violare la privacy, oltre che di un tentativo di fare del business alle spalle dei tifosi. Noi vogliamo andare a comprarci i biglietti come abbiamo sempre fatto».

Tornando all’attualità, tra pochi giorni andrà in scena il derby. State preparando qualcosa di speciale?

«A questa domanda non rispondo…».

Claudio Baffico

 

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