“Dieci Racconti di una Lucertola del Porto di Genova”: la bandiera del Genoa a Boccadasse

Massimo Prati ci ha cortesemente concesso un primo estratto della sua ultima fatica letteraria, pubblicata di recente

Genoa Boccadasse
La bandiera del Genoa a Boccadasse (foto inviata da Fabio Rimassa)

Il libro, dal titolo “Dieci Racconti di una Lucertola del Porto di Genova”, attraversa varie epoche storiche, a partire dal XVI secolo, ma il nucleo centrale della trama ruota attorno alla figura di un libertario genovese, volontario nel fronte repubblicano durante la Rivoluzione Spagnola.

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Un romanzo dunque che affronta tematiche storico-sociali. In due circostanze, però, ci sono due riferimenti calcistici. Il primo è rappresentato da un richiamo alla bandiera del Genoa a Boccadasse. Il secondo si trova in un capitolo successivo, quando un portuale genovese parla del Genoa del periodo 1922-1924.

Primo estratto (inizio del libro).

CORSICA,  SI NAVIGA  A  VISTA

Quella notte non ero riuscito a dormire. Una strana inquietudine mi aveva impedito di prendere sonno. Fattasi l’alba, decisi di uscire. Passai all’edicola del rione Campasso e presi il giornale, montai sulla mia vecchia Renault e misi in moto. Dopo avere attraversato l’intero quartiere di Sampierdarena, imboccando la strada sopraelevata, diedi una rapida occhiata alle torri imponenti in cemento armato e alle scure e squadrate facciate di vetro dei grattacieli: il World Trade Center, la Torre Cantore, il Matitone, la Torre di San Benigno e poi la costruzione alta e slanciata nei dintorni dell’ospedale. Tutti palazzi moderni che si contrappongono alla città vecchia, con le basiliche e i chiostri, le ville patrizie e le antiche dimore, in un labirinto di vicoli, porticati, piazzette e stradine.

Il panorama mi era assai familiare eppure, anche quel giorno, esso mi lasciò tutt’altro che indifferente. Anzi, ne avvertivo il fascino con una sensibilità ancor più accresciuta. Forse, ciò era dovuto ai primi segni di luce, annunci d’inizio di un nuovo giorno. Raggi solari che immaginavo riverberarsi nella Fontana del Nettuno e invadere i loggiati della villa del Principe Doria, impreziosendo le soluzioni cromatiche degli affreschi di Perin del Vaga. Forse, invece, a provocare in me quella strana emozione era semplicemente l’iniziale chiarore del cielo, grazie al quale iniziavano a delinearsi i profili delle montagne e delle colline che, abbracciando il porto antico, davano forma e sostanza alla struttura verticale della città, perché Genova, nel corso dei secoli, accatastando fasce e palazzi, case e spianate, giardini e tetti, funicolari e terrazze, dal suo centro nevralgico, intorno al porto, si è arrampicata per qualche centinaio di metri, fino alla vetta della collina del Righi.

Arrivato a fianco dei bacini di carenaggio, nei cantieri navali all’altezza della rotonda di Carignano, ero ormai all’uscita del Palasport e della Fiera del Mare. Giunto alla Foce, decisi di cercare un parcheggio e di incamminarmi per Corso Italia: alla mia destra c’era il mare aperto, che subito si fa profondo.

Di fronte a me, dove da qualche minuto si stava levando il sole, si delineava incantevole il profilo del Monte di Portofino, con le sue case che, dalla baia antistante Camogli, salgono a schiera per le pendici che danno sul mare e formano un promontorio, naturale barriera tra Golfo Paradiso e Tigullio.

Trovato un posteggio, incominciai a percorrere la passeggiata, da ponente a levante. Il mio viaggio aveva una meta precisa. Oltrepassai il minuscolo faro di Punta Vagno, in una piccola e fitta selva di macchia mediterranea e poi il palazzo del Tritone che, in quel momento, con la sua mole, ben incarnava ai miei occhi il senso di grandezza del mitico dio marino di cui porta il nome. Poco dopo, giunsi all’altezza dei ruderi del vecchio forte e dell’antica abbazia benedettina di San Giuliano, più avanti c’era la fatiscente sagoma dei Bagni del Lido, scalcinato ricordo di una “belle époque” che fu tale solo per pochi.

La vista del mare in lontananza spesso sollecita in me dolci emozioni perché è sempre apertura di un nuovo orizzonte.  Ma, mi provoca anche un senso di incompletezza, di un qualcosa di parzialmente inespresso, di una gioia non ancora e non pienamente goduta, perché vedere il mare, per me, è un tutt’uno con il bisogno di avvicinarsi alle sue acque e sentirne l’odore. È come un riflesso condizionato, qualcosa di atavico: un richiamo ancestrale. Da quando ho memoria, è sempre stato così: il suo odore è sempre stato fonte di emozioni piacevoli, rassicuranti e avvolgenti. Il suo odore fa parte di quelle sensazioni olfattive che mi fanno sentire a casa, sempre e comunque, a prescindere dal posto in cui mi posso momentaneamente trovare. Ma, ovviamente, la sensazione di gradevolezza aumenta sensibilmente   quando mi   ritrovo in   un angolo di mare, come quello in cui allora io mi trovavo, frequentato sin da bambino.

Era questo a cui stavo pensando quando incominciai a sentire l’odore del mare, che in quel momento associavo ad una miscela di onde e di scogli, di alghe e di mitili, di granchi e di patelle. Era questo a cui stavo pensando, mentre iniziavo a scendere il mattonato centrale della stretta stradina che porta al borgo; un mattonato delineato, sui suoi due lati, da ciottoli bianchi e neri, pietre di mare levigate sapientemente dall’uomo e dal tempo.

Boccadasse è un nugolo di abitazioni aggrovigliate, dalle facciate dipinte e con i tetti di ardesia. Le case, erette su scogli, si protendono a tenaglia sul mare, quasi a volerlo serrare. E l’acqua, che accetta la sfida, cerca con lena di guadagnare metri alla terra. Il risultato è una piccola spiaggia, una serie di case dai tenui colori e una fila disordinata di scogli. Sul più sperduto, di questi scogli, c’è sempre una bandiera del Genoa, accarezzata dalla gelida brezza di tramontana, in inverno, oppure sferzata da venti di libeccio, prepotenti segni di fine estate”.

Massimo Prati: classe 1963, genovese e genoano, laureato alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Genova, con il massimo dei voti. Specializzazione in Scienze dell’Informazione e della Comunicazione Sociale e Interculturale. Vive in Svizzera dal 2004, dove lavora come insegnante. Autore di un racconto, “Nella Tana del Nemico”, inserito nella raccolta dal titolo, “Sotto il Segno del Grifone”, pubblicata nel 2004 dalla casa editrice Fratelli Frilli; di un libro intitolato “I Racconti del Grifo. Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova”, edito nel 2017 dalla Nuova Editrice Genovese; di un lavoro sulla storia del calcio intitolato “Gli Svizzeri Pionieri del Football Italiano”, Urbone Publishing, 2019; di una ricerca storica dal titolo “Rivoluzione Inglese. Paradigma della Modernità”, Mimesis Edizioni, 2020 e, infine, della seconda edizione de “I Racconti del Grifo. Quando parlare del Genoa è come parlare di Genova”, Urbone Publishing, 2020.

Coautore, con Emanuele Bonato, del libro di didattica dell’italiano “Imbarco Immediato”, Fanalex Publishing, 2021.

È anche autore di numerosi articoli, di carattere sportivo, storico o culturale, pubblicati su differenti blog, siti, riviste e giornali. Collabora con “Pianetagenoa1893” e “GliEroidelCalcio”. L’ultima fatica letteraria è “Dieci Racconti di una Lucertola del Porto di Genova”.

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