BERTOLACCI: «Venire al Genoa è stato un salto di qualità  nella mia carriera»

«E’ evidente che qualcosa non sia andato nel verso giusto questa stagione. Se vedo la rosa, e la nostra classifica, non riesco a darmi delle spiegazioni». Andrea Bertolacci racconta in un’intervista a Infront le motivazioni che lo hanno spinto a vestire la maglia rossoblù. L’autore del “missile” infilatosi nella porta della Lazio nel primo tempo […]


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«E’ evidente che qualcosa non sia andato nel verso giusto questa stagione. Se vedo la rosa, e la nostra classifica, non riesco a darmi delle spiegazioni». Andrea Bertolacci racconta in un’intervista a Infront le motivazioni che lo hanno spinto a vestire la maglia rossoblù. L’autore del “missile” infilatosi nella porta della Lazio nel primo tempo (gran soddisfazione per uno proveniente dal vivaio della Roma) sprona i anche i suoi compagni: «Venire a Genova è stato un salto di qualità nella carriera. Il Genoa rappresenta una grande piazza, ha un pubblico caloroso, uno stadio da brividi. Non molliamo». 

Il centrocampista prosegue raccontando i suoi inizi nel club giallorosso: «Mi feci crescere il codino, per spirito di emulazione. Poi un giorno mio padre mi prese da parte: tu sei nato a Roma, in famiglia tifiamo Roma, veneriamo Francesco Totti. Il succo era questo. Ho capito. E svoltato». Nessuno avrebbe pensato che Bertolacci sarebbe diventato compagno del campione del mondo: «Certi colpi li ha solo Totti. Ho iniziato a giocare a 8 anni nella Roma. Casa, Trigoria, casa. Compresi che sarei potuto diventare calciatore, quando ho indossato la maglia del Lecce».

Il giocatore si sofferma sul suo modo di giocare: «Cerco di inserirmi palla al piede, in progressione, per saltare l’uomo o fare l’ultimo passaggio. E, se riesco, tiro». E descrive il gol di domenica, tra i cinque migliori della giornata, secondo la redazione di Serie A Show: «Ho ricevuto palla, puntato, cambiato passo. Poi ho calciato, centrando l’angolino». Bertolacci conclude raccontando le emozioni che precedono una gara: «E’ difficile, a volte, chiudere gli occhi. Le tensioni, le difficoltà acuite da determinati periodi e l’ultimo non è stato facile. Ne ricordo una in particolare. Avevo 17 anni, la Roma di Spalletti, in Champions, contro l’Arsenal il giorno dopo. Ero in ballo per andare in panchina, poi non se ne fece niente. Fu una notte agitata. Come quando lotti per non retrocedere». 

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