Genoa-Napoli: l’analisi completa di tutti i precedenti

Il Genoa ha disputato 48 incontri interni (uno dei quali in campo neutro a Piacenza) con il Napoli, che vanno così suddivisi: 40 incontri nella massima serie, 7 in Serie B e 1 in Coppa Italia. I rossoblù hanno ottenuto nella massima serie diciotto vittorie, quindici pareggi e sei sconfitte, segnando 73 reti e subendone […]


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Il Genoa ha disputato 48 incontri interni (uno dei quali in campo neutro a Piacenza) con il Napoli, che vanno così suddivisi: 40 incontri nella massima serie, 7 in Serie B e 1 in Coppa Italia. I rossoblù hanno ottenuto nella massima serie diciotto vittorie, quindici pareggi e sei sconfitte, segnando 73 reti e subendone 48; a livello di Serie B due vittorie, tre pareggi e due sconfitte, segnando 9 reti e subendone 8; nell’unico incontro di Coppa Italia sono stati sconfitti per 0-1 dagli avversari militanti nella categoria superiore (Serie A).

Volendo fare una galleria degli incontri più memorabili si possono inserire: il n. 1, il n. 4, il n. 9, il n. 10, il n. 14, il n. 15, , il n. 18, il n. 21, il n. 22, il n. 26, il n. 27, il n. 28, il n. 29, il n. 31, il n. 32, il n. 34, il n. 35, il n. 37, il n. 38, il n. 40, il n. 42, il n. 43, il n. 44, il n. 45, il n. 46, il n. 47. e il n. 48.

Nato dalla fusione di Internaples e Naples nel 1926, in linea con un progetto di nazionalizzazione del calcio concepito dal Fascismo, il Napoli che affrontò il primo campionato era una formazione davvero modesta, tanto da raccogliere in quel Girone A della Divisione Nazionale) un solo pareggio (alla quindicesima giornata, 0-0 casalingo nell’incontro con il Brescia di domenica 13 febbraio 1927) e diciassette sconfitte. Alla terza giornata e alla sua prima trasferta [n. 1], il Napoli, capace di rimontare (con una punizione da oltre trenta metri nell’angolo alto di destra tirata dal brasiliano Paulo Innocenti al 23’, su cui Giovanni De Prà si era fatto cogliere impreparato) il calcio di rigore trasformato da Felice Virgilio «Lise» Levratto II al 4’ e di concludere in parità il 1° tempo, non dispiacque affatto per il suo gioco veloce ed affiatato ai tifosi genoani, che, essendo molto ben abituati, li sostennero in quella frazione di gioco in segno di protesta contro la deludente prestazione della loro squadra. William Thomas Garbutt, dovendo fare a meno di Daniele Moruzzi, Luigi Scappini I e Luigi «Luigin» Burlando, aveva addirittura schierato al posto di quest’ultimo come centromediano il «bomber» Edoardo Catto, con l’italo-argentino Fèlix Romano II al suo posto al centro dell’attacco. Resosi conto delle difficoltà della squadra, il «mister» aveva spostato dopo l’intervallo il fratello minore di Luigi, Augusto Scappini II, inizialmente mediano laterale sinistro, a centromediano, Romano al suo posto e Catto al centro dell’attacco.

Nel nuovo assetto i rossoblù fecero valere i diritti della classe, mettendo a segno tre reti (al 6’ Giacomo Narizzano I, che, dopo azione individuale, aveva calciato, appena dentro l’area di rigore, un forte e preciso rasoterra; al 12’ Amato Gastaldi, che aveva ribadito in rete un tiro di Catto respinto da Vittorio Pelvi; al 38’ Quinto Angelo Maria Rosso, che aveva finalizzato un’azione personale), vedendosene annullare una quarta (Levratto II aveva calciato da una decina di metri un attimo dopo che dal fischietto dell’arbitro Gerardo Bonello di Milano era partito il primo dei tre fischi di chiusura) e riconquistando l’affetto dei propri sostenitori.

Accolto da una grande manifestazione di simpatia, Garbutt, sceso per la prima volta a Marassi come allenatore della formazione avversaria [n. 4], riuscì a fermare con una rimonta la squadra che aveva guidato per undici campionati prima di passare nel 1927 alla neonata Roma. Il Genova 1893 aveva subito una disfatta (1-4 sul campo del Brescia) nel turno infrasettimanale di tre giorni prima, che non gli aveva permesso di accorciare il distacco di cinque punti (ad altrettante giornate dal termine del Campionato) che accusava dalla capolista Ambrosiana, quel giorno sconfitta 1-3 in trasferta proprio a Napoli. A tre minuti dalla fine del 1° tempo, sugli sviluppi di un corner, Elvio Banchero I aveva girato nella porta difesa da Giuseppe Cavanna (zio materno di Gioacchino «Silvio» Piola) un tiro di Ottavio Barbieri e due minuti dopo l’inizio della ripresa Giovanni «Gino» Puerari III aveva raddoppiato, raccogliendo di testa un assist di Levratto II. Quando la maggior preoccupazione dei tifosi rossoblù sembrava essere quella di sapere il risultato dell’incontro interno dell’Ambrosiana con il Brescia (sarebbe stato un netto 5-1 per i milanesi), al 22’ Antonio Voiak I aveva rimesso in discussione l’esito dell’incontro con un colpo di testa su corner di Vico Perani, respinto da De Prà, a giudizio del signor Gonani di Ravenna, qualche centimetro oltre la linea bianca. A nove minuti dalla fine Adamo Roggia, raccogliendo una respinta della difesa rossoblù su un traversone di Carlo Buscaglia, aveva infilato da una ventina di metri il pallone del definitivo 2-2 nell’angolo destro della porta di De Prà. Più che per l’andamento della partita (pareggio con doppia rimonta genovana, concretizzatasi a tre minuti dalla fine, grazie a una doppietta di Marino «Mario el galgo» Evaristo II) l’incontro del 1935 [n.9] va ricordato per la cerimonia tenutasi prima dell’inizio della partita, che probabilmente ebbe solamente valore propagandistico – come dimostrato dalla sopravvivenza dei trofei nella bacheca del Genoa – per la politica autarchica del Regime Fascista dopo le sanzioni adottate dalla Società delle Nazioni per l’invasione italiana dell’Etiopia.

Così scrisse nel servizio sulla partita La Gazzetta dello Sport: “Oggi il Genova [1893] offre anche i simboli cari del suo riverente passato alla Patria che chiama. Si incontrano, sulla soglia della segreteria i De Vecchi, i Santamaria, i De Prà: vanno a dare una occhiata inconsciamente fiera, e forse inconsciamente nostalgica, alle «loro» coppe, alle «loro» medaglie. Poi tutti i trofei, con rito semplice e austero, verranno consegnati, per mani di una trentina di ragazzetti dell’ultima covata rosso-blu, al Federale di Genova[, Giorgio Molfino]: 25 coppe, 62 medaglie, 4 targhe; 51 grammi d’oro, 15,850 chili d’argento, 26,350 chili di bronzo”.

Nell’incontro successivo tra le due squadre [n. 10] sarebbe giunto il primo successo partenopeo. Al 23’ del 1° tempo, dopo che Carlo Biagi non era riuscito a deviare il pallone crossato al centro da Giovanni Venditto, sfuggito a Mario Genta, irruppe Antonio Ferrara II, che scagliò un bolide alle spalle di Lino Fregosi per la gioia del drappello di marinai napoletani sistemato nei popolari e sventolante un vistoso vessillo azzurro.

Nei Campionati di Serie A 1940/1941 e 1957/1958 e di Serie B 1997/1998 il Genoa ha raccolto un pareggio e cinque sconfitte nei primi sei turni: curiosamente, alla fine di nessuno dei tre tornei ha conosciuto l’onta della retrocessione. All’interno del primo di quei tre disastrosi inizi di stagione si colloca la sconfitta interna contro il Napoli [n.14] nel primo «campionato di guerra». Il Genova 1893 di Ottavio Barbieri, che aveva da poco abiurato la tattica del «sistema» restaurando il «metodo», si trovò in svantaggio dopo soli 13 minuti, quando Evaristo Barrera aveva girato alle spalle di Carlo Ceresoli il pallone crossatogli da Luigi Rosellini e «lisciato» da Genta. Dopo il pareggio di Luigi Scarabello alla mezz’ora (abile a girare con un colpo di testa angolato un cross di Giacomo Neri), il Napoli si era riportato in vantaggio al 12’ della ripresa con un’azione in cui i protagonisti partenopei della prima rete si erano invertite le parti. Sei minuti dopo il portiere del Napoli Arnaldo Sentimenti II aveva anticipato l’ala sinistra genovana Ugo Conti, che lo aveva colpito con il classico fallo di frustrazione. L’attaccante rossoblù pagò due volte il suo gesto antisportivo: prima venne aggredito dal massaggiatore del Napoli e poi espulso dal signor Alfredo Conticini di Firenze.

Sconfitto 0-2 dagli amaranto nello scontro diretto per la salvezza domenica 10 maggio 1942 all’“Edda Ciano Mussolini” di Livorno, il Napoli, ultimo con 15 punti e distanziato con soli 10 a disposizione di ben 6 dall’Atalanta terz’ultima (ultima posizione valida per la salvezza, che, in caso di parità, si sarebbe decisa in base al quoziente reti), sembrava spacciato. Ma le quattro vittorie consecutive ottenute nei turni successivi (2-1 interno al Modena, successi esterni per 1-0 a Firenze e 2-1 a Bologna e 4-1 casalingo alla Juventus) avevano permesso al Napoli (quoziente reti: 0,666), a un turno dalla conclusione, di agganciare l’Atalanta (quoziente reti: 0,717) e di superare di una lunghezza il Livorno (che non aveva più raccolto punti ed aveva un quoziente reti di 0,627) e di tre l’ormai condannato Modena. In pratica, nell’ultima giornata, dando per scontata la mancata sconfitta casalinga dell’Atalanta contro l’Ambrosiana-«Inter» (l’incontro finì effettivamente 1-1, ma gli orobici pareggiarono a due minuti dalla fine con Vittorio Schiavi), si profilava un «testa a testa» tra Napoli e Livorno.

La vittoria a Genova avrebbe dato la certezza della salvezza agli azzurri, un pareggio per 0-0 avrebbe portato allo spareggio (parità nel quoziente reti) solamente se il Livorno avesse vinto 3-0 (con il 4-1 si sarebbero salvati gli amaranto). Se il pari a Marassi fosse stato «condito» da reti, la situazione si sarebbe ulteriormente complicata per i labronici. Il Genova 1893 condivideva la quarta posizione con la Lazio, ma, in realtà, per il conteggio del quoziente reti (1,428 contro 1,432), era quinto. Quella domenica 14 giugno 1942 la Lazio e il Livorno vinsero 2-0 in trasferta rispettivamente contro Venezia e Milano (nome autarchico del Milan), mentre il Genova 1893 inflisse un 3-0 al Napoli [n. 15].

Dopo i ripescaggi del 1927 e del 1929, che gli avevano consentito di disputare i primi sedici campionati della sua storia nella massima serie, al Napoli si aprivano per davvero le porte della serie cadetta, mentre la formazione rossoblù, terminando il campionato con gli stessi 37 punti della Lazio, ma scavalcandola in extremis per miglior quoziente reti (1,514 contro 1,486), raggiungeva un piazzamento – il quarto posto – che nei successivi trentuno campionati nella massima serie non sarebbe mai più stato superato e solamente una volta, 49 anni dopo, eguagliato (considerando un quinto posto per la peggior classifica avulsa nei confronti della Fiorentina, terminata anch’essa a 68 punti, il piazzamento al termine del Campionato 2008/2009).

Fu quasi una vendetta postuma quella di nove anni dopo da parte del Napoli [n. 18]. Il Genoa (che sarebbe retrocesso in Serie B al termine di quel Campionato), ultimo in classifica a pari punti (15) con la Lucchese, giocò una partita generosissima quanto sfortunata. Al 40’ del 1° tempo Leandro Remondini sorprese con una punizione dal limite Piero Bonetti, mentre Fulvio «Palla di gomma» Becattini stava ancora discutendo sulla distanza della barriera. Al 25’ della ripresa Mario De Prati pareggiò con un tiro sotto misura, sfruttando un passaggio dello svedese Stellan Nillson, ma a due minuti dalla fine (come la domenica precedente a Firenze contro i viola con Sergio Cervato) arrivò la beffa: sugli sviluppi di una rimessa laterale, l’albanese Naim Kryeziu saltò Giuseppe Formica e trafisse Bonetti.

Su un campo battuto dalla tramontana e dopo aver osservato un minuto di raccoglimento in memoria di George Davidson (il presidente del settimo titolo nazionale, quello del campionato 1914/1915), deceduto all’età di 91 anni a Rapallo martedì 21 febbraio 1956, il Genoa batté al termine di una prova gagliarda per 3-1 il Napoli [n. 21], andando in rete con gli stessi tre giocatori che domenica 3 giugno avrebbero rovesciato l’iniziale vantaggio viola di Guido Gratton ed inflitto alla Fiorentina, già matematicamente campione d’Italia, l’unica sconfitta di quel torneo all’ultima giornata. Al 14’ del 1° tempo Riccardo «Carappa» Carapellese, liberatosi con un paio di finte della marcatura, aveva centrato dal fondo per il colpo di testa vincente del «professore» Gunnar Gren; tre minuti dopo era stato Attilio «Pattinella» Frizzi ad andarsene in velocità e ad operare un tiro-cross che, deviato da Elio Greco, era stato capitalizzato dall’opportunista Carapellese; al 7’ della ripresa lo stesso Frizzi, scattato sul filo del fuorigioco, aveva inserito il suo nome nel tabellino dei marcatori, mentre, al termine di un’azione iniziata da Luis De Menezes «o’ lione» Vinicio e proseguita da Amedeo «Fornaretto» Amadei, a quattro minuti dalla fine l’ex Giancarlo Vitali aveva segnato «la rete della bandiera» per il Napoli con un tiro fortunoso che aveva spiazzato Renato Gandolfi.

A differenza di quelli attuali, i calendari dell’epoca, che erano compilati a mano, ammettevano che una squadra potesse disputare i due ultimi turni in casa o in trasferta. Il Genoa, coinvolto alla fine del Campionato di Serie A 1956/1957 nella lotta per la salvezza, sperava di fare bottino pieno nelle ultime due giornate casalinghe. La bassa classifica prima che fossero disputate recitava: Juventus, Napoli, Padova e S.P.A.L., punti 30; LaneRossi Vicenza e Triestina, punti 29; Atalanta e Genoa (virtualmente destinati allo spareggio), punti 27; Palermo (matematicamente retrocesso), punti 22. Domenica 9 giugno 1957 la S.P.A.L. andò a violare il campo del Milan ormai campione d’Italia, la Juventus vinse 4-3 sul proprio campo l’inusitato scontro-salvezza in cui era stata coinvolta con la Triestina, in casa propria l’Atalanta e il Napoli si imposero per 4-1 rispettivamente su Roma e Palermo, mentre il Genoa non riuscì ad andare oltre lo 0-0 contro il LaneRossi Vicenza. Alla luce di quei risultati restavano in corsa tre squadre per evitare di accompagnare nella serie cadetta il Palermo: il Genoa, fermo a 28 punti, e Triestina ed Atalanta, appaiate prima dello scontro diretto in terra giuliana a quota 29.

Nell’ultima giornata contro il Napoli [n. 22] il Genoa sapeva solamente che una sconfitta avrebbe dato la sicura retrocessione, un risultato di parità avrebbe portato allo spareggio con l’eventuale squadra sconfitta a Trieste oppure alla retrocessione, una vittoria avrebbe garantito come minimo gli spareggi a tre se tra rossoalabardati e neroazzurri non ci fossero stati né vinti né vincitori e la salvezza in caso contrario. Dopo che un rasoterra di Antonio Corso alla sinistra di Ottavio Bugatti aveva portato in vantaggio il Genoa 19 minuti dopo l’inizio della gara, i quindicimila spettatori accorsi al “Luigi Ferraris” erano stati in ansia sino alla fine dato che il Napoli aveva giocato tutt’altro che per onor di firma. In particolare, il portiere rossoblù Alfredo Franci aveva salvato il preziosissimo risultato a 11 minuti dalla fine, mandando in corner un tiro dell’italo-argentino Bruno «Petisso» Pesaola deviato da Corrado Viciani. Al 9’ della ripresa il centravanti dell’Atalanta Alfonso Dante Mion, sfruttando un errato intervento del terzino destro della Triestina Carlo Belloni, aveva battuto Giampiero Bandini. Quella rete, difesa fino all’ultimo secondo dagli orobici, significò la salvezza senza la coda degli spareggi per il Genoa e la prima vera retrocessione, dopo i ripescaggi del 1929 e del 1947, che le avevano consentito di disputare ventisette campionati consecutivi nella massima serie, per la Triestina (tornata immediatamente in Serie A e, dopo un solo campionato, nuovamente retrocessa senza farvi a tutt’oggi mai più ritorno).

Sicuramente per spettatori più portati all’aspetto tecnico-tattico che a quello agonistico-emotivo fu il primo scontro cadetto tra Genoa e Napoli [n. 26], in cui i rossoblù, dopo il vantaggio di due reti accumulato nella prima mezz’ora grazie a Massimo Giacomini (incursione vincente ispirata da un passaggio di Mario «Panta» Pantaleoni) e Gastone Bean (tocco in mischia dopo un tiro non trattenuto da Walter Pontel), subirono il ritorno partenopeo, che produsse la rete di Cesare Fraschini (sul cui stinco carambolò una respinta di Mario Da Pozzo su cross di Mauro Gatti) al 7’ della ripresa, e chiusero definitivamente i conti con Edwing Ronald «Tacchino freddo» Firmani al 26’ (rete da posizione angolatissima al termine di un’azione ispirata da Vincenzo Occhetta).

Un incontro di grande drammaticità fu quello successivo [n. 27], nuovamente in Serie A. Il Genoa non vinceva dal 18 novembre 1962, quando aveva sconfitto in casa per 5-0 il Palermo (per avere altre cinque reti rossoblù in una partita di Serie A si sarebbe dovuto attendere altri 401 incontri dal risultato omologato per arrivare a Udinese-Genoa 3-5 di domenica 24 febbraio 2008) ed aveva raccolto in quel periodo di «vacche magre» solamente 5 punti su 18 disponibili. Complice un buon inizio di campionato, il Genoa era 13° con 17 punti e il Napoli 11° con due lunghezze in più. Al termine della penultima giornata il Napoli sarebbe stato 15° (ultimo posto valido per la permanenza in Serie A) con 27 punti e il Genoa 16° con 26.

All’ultimo turno, domenica 26 maggio 1963, la vittoria casalinga del Genoa sul Bologna per 1-0 e la contemporanea sconfitta per 1-2 del Napoli sul campo dell’Atalanta avrebbero ribaltato definitivamente le posizioni. Ecco perché la vittoria rossoblù per 3-2, ottenuta grazie a una rete a due minuti dal termine di Giacomini e salvata in extremis da una miracolosa parata di Giancarlo Gallesi su conclusione ravvicinatissima di Amos Mariani superò il già considerevole valore che le era stato dato sul momento. Pantaleoni aveva portato di testa in vantaggio, su corner di Bean, il Genoa al 38’ del 1° tempo e la cannonata di Firmani su rigore al 18’ della ripresa aveva illuso i tifosi rossoblù di poter vivere una giornata tranquilla. Ma al 32’ l’esordiente Vincenzo Montefusco aveva sorpreso da trenta metri Gallesi con un tiro parabolico e Fraschini al 38’ aveva pareggiato in mischia.

A ventitré anni dall’ultimo successo esterno contro il Genoa, il Napoli tornò alla vittoria [n. 28], ma lo fece sul campo neutro di Piacenza, dove i rossoblù, ormai matematicamente retrocessi in Serie B, scontavano il secondo ed ultimo turno di squalifica del “Luigi Ferraris” conseguenti alle intemperanze dei tifosi nei confronti del signor Paolo Casarin di Milano dopo la sconfitta casalinga (0-2) contro il Torino di domenica 21 aprile 1974. Protagonista dell’incontro fu l’attaccante Giorgio Braglia, in rete nel 1° tempo al 30’ e al 38’. L’unica rete in rossoblù di Roberto Rosato I (un gran tiro da venti metri al 12’ della ripresa), servito dal compagno – ed avversario di tanti «derbies della Madonnina» – Mario Corso, salutò malinconicamente all’insegna di quei due giocatori di classe, ma forse destabilizzanti con la loro personalità l’unità dello «spogliatoio», la fugace apparizione del Genoa nel massimo campionato dopo otto anni di attesa.

Anche nel successivo incontro [n.29], dopo il ritorno del Genoa in Serie A, prevalse il Napoli. Su un terreno zuppo d’acqua i «gemelli del goal» rossoblù Giuseppe «Oscar» Damiani sr. e Roberto «o’Rey di Crocefieschi» Pruzzo aprirono – al 5’ del 1° tempo – e chiusero – al 19’ della ripresa – le marcature, ma Giuseppe «Beppe» Savoldi I sr. di testa al 23’ del 1° tempo e su rigore al 7’ della ripresa, e Franco Campidonico II al 38’ del 1° tempo, nel disperato tentativo di ribattere un tiro di Antonio «Totonno» Juliano, deviato in maniera decisiva da Claudio Onofri, confezionarono il successo partenopeo.

Dopo che al termine del successivo campionato il Genoa era nuovamente precipitato tra i cadetti, le due squadre si affrontarono nuovamente, in quello che è il loro unico incontro di Coppa Italia a Genova [n.31]. In quella quinta ed ultima giornata del Girone 6 del Turno Eliminatorio, il Genoa era chiamato alla difficilissima impresa di vincere con due reti di scarto per passare ai Quarti di Finale. Dopo aver mandato il pallone a colpire la traversa al 4’ del 1° tempo con un tiro di Bruno Conti sr., ribadito fuori dalla testa di Armando Coletta, e un palo al 12’ della ripresa con Antonino Criscimanni, il Genoa aveva subito la rete di testa di Pellegrino Valente, su dosata punizione di Domenico «Mimmo» Caso al 22’. Diciannove anni dopo il suo ultimo successo fu il Genoa ad imporsi per 2-0 nel turno conclusivo [n. 32] del girone d’andata del campionato di Serie A 1981/1982. Una rete in acrobazia di Roberto Russo al 14’ del 1° tempo e una in contropiede di Massimo Briaschi I al 32’ della ripresa regalarono al Grifone l’ottavo posto al giro di boa con 14 punti. I tifosi rossoblù pensarono a un campionato tranquillo, ma la situazione sarebbe precipitata e la salvezza sarebbe stata raggiunta solamente grazie alla famosa rete di Mario Faccenda a quattro minuti dalla fine nell’incontro di ritorno.

Anche se in programma alla II giornata di ritorno [n. 34] l’incontro aveva già il carattere di scontro-salvezza. Sfortunato protagonista dell’incontro fu il centrocampista rossoblù Paolo Benedetti, che, dopo aver colpito un palo al 24’ del 1° tempo e una traversa allo stesso minuto della ripresa, subì all’ultimo minuto un atterramento in area di rigore non rilevato dal signor Maurizio Mattei di Macerata. Quell’episodio determinò scontri tra alcuni tifosi rossoblù e le forze dell’ordine. «El Pibe de oro», al secolo Diego Armando Maradona I, nella sua unica esibizione al “Luigi Ferraris” rossoblù [n. 35] lasciò il segno, trasformando al 15’ della ripresa un calcio di rigore concesso, su segnalazione di un guardalinee, da Rosario Lo Bello jr., tra animate discussioni, per un fallo di mani di Nicola Caricola II su cross di Andrea Carnevale II. In quel momento il Genoa si trovava in vantaggio di una rete (incornata di Davide Fontolan II, autore di una prestazione maiuscola, al 34’ del 1° tempo, su cross dell’uruguayano Carlos Alberto «Pato» Aguilera Nova) e di un uomo (espulsione del brasiliano Rogerio De Brito «Alemao» al 45’ del 1° tempo).

L’ultima vittoria in Serie A del Napoli al “Ferraris” risale al 1992. Sempre in vantaggio di almeno una rete dal 14’ del 1° tempo (incredibile rete con traversone dalla sinistra di Gianfranco Zola «lisciato» dalla testa di Tomas «Fisico» Skuhravy ed infilatosi beffardamente alla sinistra dell’esterrefatto Simone Braglia), i partenopei [n. 37] rendevano vana la tripletta del centravanti boemo.

Nell’incontro successivo [n. 38] una doppietta, quella volta non inutile, di Skuhravy (delizioso pallonetto al 30’ del 1° tempo e deviazione sotto misura su tiro sbagliato di Gennaro «Gennarino» Ruotolo al 34’ della ripresa) regalava il successo al Genoa di Luigi «Gigi» Maifredi, salvato allo scadere da una parata prodigiosa all’ultimo minuto di Giampaolo Spagnulo sull’uruguayano Carlis Daniel «Coniglietto» Fonseca, da cui era stato battuto nel recupero del 1° tempo.

Un rocambolesco 3-3 caratterizzò quello che sarebbe stato per quasi quattordici anni l’ultimo confronto di Serie A tra le due squadre [n. 40]. All’8’ Marco «Nippo» Nappi, servito da Skuhravy, evitò due difensori e con un tiro ad effetto di destro mandò il pallone prima a sbattere sul palo interno alla sinistra di Giuseppe «Batman» Taglialatela e poi in rete. Al 22’ Renato Buso, servito dal francese Alain Boghossian, sorprese la difesa genoana e nove minuti dopo l’ex rossoblù Roberto «Rambo» Policano, servito dalla bandierina da Benito «Benny» Carbone, portò in vantaggio il Napoli, sorprendendo da quasi trenta metri l’esterrefatto Stefano Tacconi. Al 43’ si tornò in parità grazie a un calcio di punizione di Mario «Marietto» Bortolazzi. Nella ripresa il futuro capitano della Nazionale Italiana campione del mondo nel 2006, Paolo Cannavaro I, deviò di testa una punizione di Bortolazzi nella propria porta, poi, su un errato disimpegno di Skuhravy al 38’, Buso imbeccò Massimo «Condor» Agostini, che effettuò un tiro in porta, respinto da Stefano Tacconi e ribadito in rete dal brasiliano André Cruz.

In due anticipi del Campionato di Serie B disputati di venerdì il Napoli ha ottenuto i suoi due ultimi successi a Genova. Nel primo [n. 42] fu Giorgio Lucenti, dopo uno scambio con Stefan Schwoch, all’8’ della ripresa a battere Salvatore «Sasà» Soviero con un diagonale dalla sinistra, che inutilmente Ivan Franceschini cercò di respingere in spaccata prima che varcasse la linea di porta, nel secondo [n. 43], alla prima giornata, il protagonista fu il futuro genoano Roberto Stellone a battere al 17’ e al 40’ del 2° tempo Fabrizio Lorieri. Quel giorno, prima della partita il «factotum» rossoblù Riccardo «Ricky» Sogliano sr. presentò in Sala Stampa prima della partita il principe Marco Ammirati Bin Bouvanah, referente dello sceicco di Abu Dhabi Bin Zai, capo di una fantomatica cordata per acquistare il Genoa.

Davvero toccante lo scenario dell’ultima vittoria del Genoa a livello di Serie B [n. 44], a quattro giorni dalla morte di Gianluca Signorini e alla presenza in Gradinata Nord dei figli Benedetta ed Alessio. Il Genoa seppe onorare la memoria del suo ex capitano, disputando la miglior gara di quel disgraziato campionato, conclusosi con la retrocessione in Serie C1 e il successivo ripescaggio per il caso Catania. Dopo un botta e risposta nel 1° tempo tra Marco «Carpa» Carparelli (al 25’) e Davide Dionigi (al 29’), furono due tiri dei tunisini Raouf Bouzaiene (al 7’) ed Hassen Gabsi (al 44’) a dare nella ripresa la vittoria ai rossoblù. Dopo il ripescaggio dalla Serie C1, il Genoa si trovò a chiedere il visto al già salvo Napoli in una partita [n. 45] dall’esito pari scontato, in cui la rete del definitivo pareggio venne siglata dallo «scugnizzo» genoano Gaetano Grieco su rigore al 35’ della ripresa.

La piccola festa tra le due tifoserie gemellate che seguì a quella partita fu imparagonabile a quella scatenatasi al termine della partita conclusiva del Campionato del 2007 [n. 46], che rese le due formazioni neopromosse dalla Serie C1 le «damigelle» d’onore della Juventus nell’ascesa in Serie A. Come mezzo secolo prima fu il risultato della Triestina (questa volta un provvidenziale pareggio per 1-1 a Piacenza, che impedì agli emiliani di far giocare i play-off per la promozione, in cui sarebbe stata coinvolta la formazione di Giampiero Gasperini) a dare la Serie A al Genoa, i cui tifosi poterono festeggiare allo stadio e in città con gli amici napoletani.

Finalmente insieme in Serie A, le due squadre si affrontarono in un incontro al “Ferraris” [n. 47], dominato dal Genoa, che si impose per 2-0, grazie alle reti di Giuseppe «Peppe» Sculli al 41’ del 1° tempo, al termine di una rapida e ben congegnata azione d’attacco rossoblù, e un calcio di rigore guadagnato (con espulsione di Maurizio Domizzi, autore del fallo da ultimo uomo) e trasformato da «Super» Marco Borriello I (balzato in testa alla classifica marcatori con 16 reti) al 30’ della ripresa. L’ultimo incontro [n. 48] ha visto nuovamente vittorioso il Genoa, autore di una prestazione maiuscola. Dopo soli 26’’ l’argentino Ezequiel «el Pocho» Lavezzi, approfittando di un’incertezza difensiva del Genoa, dava agli ospiti con una conclusione di sinistro dal limite a mezza altezza, vicino al palo destro della porta del brasiliano Rubens Moedim «Rubinho» e al 44’, sempre di sinistro, con un diagonale rasoterra, il greco Sokratis Papastathopoulos ristabiliva la parità; nella ripresa dopo che Raffaele «Palla» Palladino, con un tiro di precisione al termine di un’azione di contropiede, aveva portato in vantaggio il Genoa al 6’, che quattro minuti dopo avrebbe subito l’espulsione di Marco Rossi, si assisteva a un botta e risposta argentino tra il 28’ e il 29’ con un colpo di testa di Diego Alberto «Principe di Bernal» Milito, su calibrato traversone dalla sinistra del croato Ivan Juric, e una girata di sinistro sotto la traversa di German Gustavo «el Tanque» Denis, che fissava il risultato sul 3-2 per i rossoblù, capaci di resistere nell’ultimo minuto e nei cinque di recupero con soli nove uomini, stante l’espulsione comminata da Paolo Dondarini di Finale Emilia a Papastathopoulos (come Rossi allontanato dal terreno di gioco per un fallo su Lavezzi).

Stefano Massa

(responsabile scientifico per gli studi sulla storia del Genoa per la Fondazione Genoa 1893)

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