Se gliel’avessero detto, non ci avrebbe creduto. Se gli avessero detto che la stadio del ritorno sarebbe coinciso quello dell’infortunio, avrebbe riso come al solito. Ma la vita di uno sportivo è questa. Imponderabile, affascinante, misteriosa. Il destino ha voluto che Perin tornasse a giocare a pieno organico laddove tutto rischiò di finire: al Mapei Stadium di Reggio Emilia.
Lo scorso 9 aprile l’Airone rossoblù finì vittima di un duro e fortuito scontro con Muñoz. Un’uscita bassa, un malinteso con il Chiquito, la voglia di prendere il pallone. E addio Europeo. Perin ha creduto in se stesso, nei medici e nello staff rossoblù: una sorta di fede laica che l’ha riportato in piedi e al centro dei pali del Genoa. L’Airone e il Grifone, la strana coppia che si riunisce dopo sei mesi, quasi un parto.
In molti vedono in lui il futuro Azzurro, sebbene abbia perso la Nazionale a discapito di quel Donnarumma che – politicamente – piace a tutti. “Ha lavorato come cane” ha spiegato mister Jurić, senza quell’articolo che pulisce e migliora l’idea. Perin ha sofferto e pianto, sudato e rinunciato a un periodo di vacanza: ce l’ha messa tutta per essere in ritiro in Austria e scendere in campo con la Fiorentina. Adesso nessuno lo potrà più fermare. Il Sassuolo è alle porte, sei mesi dopo il cerchio si chiude. Incredibile a dirsi, quasi da non crederci.