La Costituzione e lo sport: un tacito binomio

Che rapporto c'è tra Costituzione e sport? Quali sono state le scelte adottate dall'Assemblea Costituente durante il secondo dopoguerra italiano?


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I padri costituenti che al tramonto degli Anni ’40 del secolo scorso stesero, tra mille difficoltà, la legge fondamentale scrissero in bianco la parola sport. Una precisa scelta redazionale della duplice anima (latina e russa) dell’Assemblea Costituente. La Costituzione è una Bibbia laica che va letta tra le righe. Lo sport comparve dopo la sciagurata legge costituzionale 3/2001 che, in primis, contribuì a distruggere l’autonomia regionale italiana e, in secondo luogo, attribuì l’ordinamento sportivo alla competenza concorrente. Lo Stato definisce i principi fondamentali della materia, le Regioni li specificano attraverso le proprie leggi.

La Costituzione non ha accolto esplicitamente lo sport per oltre cinquant’anni: nell’Assemblea Costituente era troppo forte il timore che le discipline agonistiche potessero essere sfruttate nuovamente per fini propagandistici o, peggio, di proselitismo ideologico. I padri costituenti mistificarono la parola sport tra gli articoli della Costituzione: un esempio di perfetta cosmesi giuridica, un dono per le future generazioni. Così in Italia chiunque ha accesso allo sport, inteso sia come attività libera sia come attività organizzata.

La Costituzione italiana non è «un miracolo di Dio», come George Washington definì l’omologa antenata statunitense, bensì il prodotto frazionato delle frantumate rappresentanze politiche del secondo dopoguerra. I costituenti, pur lavorando per materie su banchi separati, inserirono tacitamente lo sport tra i principi fondamentali, all’art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità“. Inoltre l’art. 32, che tutela la salute “come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività …“, è un baluardo della sicurezza nello sport e della lotta alle pratiche dopanti. Infine trova luogo l’art. 25, il principio di legalità indicato al secondo comma e la sua costante violazione in un processo sportivo inquisitorio che non lascia spazio alla difesa tecnica e al contraddittorio. L’unico punto dolente di una solida rete di tutele della Costituzione.

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