Sbravati cita Mainetto: «Il lampadario centrale deve illuminare gli angoli»

«Rovella è stato scartato da tutti, Perin era piccolo, Cambiaso ha attraversato un periodo difficile di sviluppo»

Sbravati GIlardino Genoa
Il direttore Michele Sbravati e mister Alberto Gilardino (foto di Xenia Carbone)

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Intervenuto durante “Che Stella”, il Festival invernale di Music For Peace, sulle frequenze di Radio Zena, il direttore responsabile Michele Sbravati torna sul tema strutture del vivaio del Genoa: «Prendiamo atto dell’impegno preso dalla società e delle parole del ceo Blazquez di migliorare l’anello debole del club, inutile nasconderlo perché i concorrenti sono cresciuti tantissimo negli ultimi anni. Siamo partecipi e consapevoli degli sforzi della società, in due o tre momenti recenti difficili del club il supporto del settore giovanile è stato vitale».

«Occorrono strutture diverse, serve fare un salto di qualità. La ristrutturazione della Badia, che sarà la sede e la foresteria, è il primo cambiamento visibile: ce ne sono stati altri, ma non si vedono. La proprietà subentrante ha fatto fronte a più situazioni, a cominciare da quella di classifica con la retrocessione in Serie B: i principali sforzi dovevano essere rivolti alla promozione. Come diveca il grande Mainetto, uno dei nostri allenatori, l’importante è che il lampadario centrale, ossia la prima squadra, illumini anche gli angoli» spiega Sbravati.

Invece, sulla questione dei campi da gioco il discorso si articola: «La città e il territorio non consentono di fare 6 o 7 campi di fila. Credo che Blazquez abbia usato il termine centro sportivo “diffuso” per significare che i nuovi campi sorgeranno nelle zone limitrofe alla badia. Intanto, siamo distribuiti su quello che noi chiamiamo “Liguria Center”, i cui poli distano 36 km. Una volta Giambattista Pastorello ci disse che il livello di sopportazione è più alto con le difficoltà. Viola Park? L’impatto è stato scioccante… confidiamo sul fatto che incuta timore ai ragazzi essendo troppo bello (ride, ndr)».

Sulla crescita dei giovani: «Facciamo in modo che si possano ambientare e integrare in un contesto di famiglia e che non provino il desiderio di tornare subito a casa. In questi anni abbiamo avuto dei profili tecnicamente bravi ma a volte gracili: ad esempio, Rovella è stato scartato da tutti, Perin era piccolo, Cambiaso ha attraversato un periodo difficile di sviluppo verso i 14 anni – spiega Sbravati – Andrea inizialmente era un trequartista con un mancino strepitoso, in pochi se lo ricordano, e adesso è cresciuto ed ha un testa clamorosa con un’incredibile voglia di arrivare: contro di noi, non ho capito in che ruolo giocasse perché ha fatto quattro ruoli, a tutto campo. Cambiaso e Rovella sono stati ceduti, sì, ma in sincera onestà ricordo che quando erano al Genoa erano criticati: non erano in una posizione di comfort».

«Nell’attuale organico della Primavera ci sono 6/7 stranieri e 4/5 tra allievi e Under 18, è un numero congruo e inferiore agli inizi di Preziosi. Criscito e Konko sono arrivati durante la gesione del maestro Onofri: la storia del Genoa è caratterizzata da esordi improvvisi di ragazzi che si sono affermati, non sono stati delle meteore. In questi anni abbiamo fatto esordire tanti liguri, smentendo un luogo comune. Adesso ci sono altri giovani interessanti, come Marcandalli e Masini, che giocano in B» chiosa Sbravati.

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