Pippo Russo: “La polemica sugli oriundi e la mediocrità  del calcio italiano”

Il sociologo Pippo Russo entra in un suo editoriale su Calciomercato.com a piedi uniti nella polemica sugli oriundi scatenata dal botta e risposta tra il ct Antonio Conte e l’allenatore dell’Inter Roberto Mancini. Oggetto del contendere: le convocazioni di due calciatori nati all’estero ma diventati italiani per jus sanguinis, Eder Citadin Martins, brasiliano della Sampdoria, […]


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Il sociologo Pippo Russo entra in un suo editoriale su Calciomercato.com a piedi uniti nella polemica sugli oriundi scatenata dal botta e risposta tra il ct Antonio Conte e l’allenatore dell’Inter Roberto Mancini. Oggetto del contendere: le convocazioni di due calciatori nati all’estero ma diventati italiani per jus sanguinis, Eder Citadin Martins, brasiliano della Sampdoria, e Franco Vazquez, argentino del Palermo. “All’improvviso ci si accorge – premette Russo – che gli oriundi sono un problema, e che se una rappresentativa nazionale vi fa eccessivo ricorso rischia il comportamento antisportivo oltreché di mancare fede alla propria missione principale. Che sarebbe quella di promuovere l’eccellenza del calcio di un Paese, e non certo quella di andare a caccia dei talenti lasciati liberi dalle rappresentative di altri Paesi”.

Russo elimina immediatamente un grosso equivoco: “quello che porta a fare un paragone con la Germania e la sua recente svolta multietnica, decisiva per rilanciare un calcio che a metà degli Anni Zero pareva moribondo. Paragone sballatissimo. I calciatori della nazionale tedesca del 2010, la prima del nuovo corso, erano quasi tutti tedeschi di nascita. Anche quelli con cognomi stranieri. Faceva eccezione il solo Cacau, brasiliano giunto in Germania da calciatore maturo e naturalizzato dopo 8 anni di residenza. Una presenza nemmeno rilevante per quella nazionale, a dirla tutta. Naturalizzati erano pure Klose, Trochowski e Podolski. Nati in Polonia, ma da genitori tedeschi (elemento determinante, per un paese la cui legislazione sulla cittadinanza si basa sul principio dello jus sanguinis), e comunque giunti giovanissimi in Germania, perciò formati culturalmente e calcisticamente come qualsiasi altro ragazzo tedesco: Klose all’età di 8 anni, Trochowski a 5 anni, Podolski addirittura a 2 anni”. In pratica, sottolinea, “chi paragona l’Italia degli oriundi alla Germania multietnica dice una solenne sciocchezza e ottiene soltanto di provocare ulteriore confusione”.

L’ingresso dei due ultimi oriundi non sembra, secondo Russo, che possa risollevare le sorti della nostra Nazionale. “Eder e Vazquez sono gli ultimi due elementi di una galleria recente di oriundi che si segnala per un dato: la mediocrità. Fatta eccezione per Camoranesi, tutti gli altri arruolati compongono una lista desolante: Amauri, Ledesma, Thiago M​otta, Osvaldo. Fino a toccare il fondo con Paletta e Romulo, quest’ultimo in procinto di andare ai mondiali brasiliani e fermato soltanto da un infortunio. E proprio i nomi di Paletta e Romulo sollecitano le considerazioni più amare a proposito degli oriundi in nazionale e dello stato di salute del nostro calcio. Perché, volendo ragionare in termini meramente utilitaristi, si può anche ammettere di naturalizzare un calciatore già formato: ma purché si tratti di un elemento che faccia fare il salto di qualità alla squadra”. Russo prende ad esempio “Deco naturalizzato da Portogallo. O Diego Costa naturalizzato dalla Spagna, anche se poi nel suo caso i risultati del campo non sono stati all’altezza delle aspettative. Ma se invece ci si riduce a naturalizzare calciatori del calibro di Paletta e Romulo, ciò significa una sola cosa: che la scuola calcistica italiana ha fatto default, e che la sua ricostruzione sarà lunghissima”. Va bene “il non essere in grado di produrre altri talenti come Roberto Baggio o Paolo Maldini. Ma se non siamo nemmeno in grado di produrre calciatori del calibro di un Paletta o un Romulo, allora forse è meglio chiudere baracca per un po’. Né basteranno le infornate di oriundi a correggere la rotta a precipizio verso la catastrofe” sottolinea il sociologo.

Le politiche della Figc su stranieri e Oriundi sono in contraddizione tra loro: anzi, esiste una una linea di continuità tra Abete e Tavecchio. “Da entrambi i presidenti sono giunte- nel corso del tempo, ripetute sollecitazioni ai club – aggiunge Russo – affinché limitino il ricorso ai calciatori stranieri. Un invito condivisibile, se non fosse che poi è proprio la federazione a fare man bassa di stranieri per rinforzare la nazionale. E se non è quest’ultima a difendere il principio di nazionalità e le strutture nazionali di formazione, perché mai dovrebbero essere i club a farlo? La solita ipocrisia italiana”.

Gran finale su Antonio Conte che ha risposto a Mancini sulla questione degli oriundi in nazionale, citando la Francia “e i suoi calciatori africani”. “Scusi Conte – conclude Russo – ma di quali africani parla? Di Bakari Sagna, nato a Sans in Borgogna? Di Mamadou Sakho, nato a Parigi come Eliaquim Mangala? Di Moussa Sissoko, nato a Le Blanc-Mesnil nell’Île de France, stessa regione in cui hanno sede le cittadine di Nemours in cui è nato Geoffrey Kondogbia e Lagny-sur-Marne in cui è nato Paul Pogba? Di Blaise Matuidi, nato a Tolosa? Di Karim Benzema, nato a Lione come Kurt Zouma e Nabil Fekir? Di Josuha Guilavogui, nato a Ollioules, regione Provence- Alpes- Côte d’Azur? O forse di Rio Mavuba, nato in mare mentre i genitori viaggiavano verso la Francia in fuga dall’Angola in guerra? Facendo una rapida ricognizione si scopre che attualmente l’unico africano arruolato da adulto per la nazionale francese è il portiere Steve Mandanda del Marsiglia, nato a Kinshasa ma cresciuto nelle giovanili del Le Havre. Caro Conte, ci sono stati meno africani nella nazionale francese degli ultimi vent’anni che oriundi in quella italiana degli ultimi dieci. La prossima volta che vuole sostenere una polemica si documenti”.

Pippo Russo su Twitter @pippoevai

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