Palladino: «Milito m’impressionò al primo allenamento, Pellegri un fratello»

«Tornare al Genoa da allenatore? Sarebbe un onore, in qualsiasi veste» spiega l'ex rossoblù

Palladino Pellegri Genoa
L'eleganza di Pellegri e Palladino (foto di Tanopress Genoa)

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Raffaele Palladino ha appeso le scarpe al chiodo ma il calcio è nel suo dna. Impossibile abbandonarlo. Una volta che si è presentata la possibilità di allenare l’Under 17 del Monza non ha indugiato: «La società è molto organizzata. Alleno i ragazzi a distanza grazie all’aiuto dello staff che li obbliga a registrare le sessioni d’allenamento per dimostrare che lavorano. Sono un pò duro con loro, sì, ma è un’età delicata, dove si presentano mille distrazioni».

La carriera di mister Palladino è iniziata in Brianza, chissà se un domani si spingerà un pò più a sud, a Genova: «Sarebbe bello tornare al Genoa. È sempre un onore, in qualsiasi veste». Genoa, appunto. Una piazza che ancora oggi gli tributa grande affetto. Come non ricordare lo splendido gol di tacco alla Fiorentina? «Uno dei miei più belli. Sicuramente il più pazzo, il più incosciente perché stavamo perdendo e dovevamo fare punti. È un colpo che facevo quando giocavo “alla tedesca”, con gli amici, perché valeva di più del gol al volo ed eliminava più velocemente chi stava in porta».

Palladino, intervistato su Instagram da gianlucadimarzio.com, rivela il nome dell’attaccante più forte con cui abbia giocato: «Diego Milito m’impressionò fin dal primo allenamento. Più di Del Piero, Ibrahimovic e Trezeguet. Ci trovavamo a memoria in un Genoa strepitoso allenato da Gasperini».

L’ex attaccante rossoblù ha seguito Juric nella travolgente esperienza al Crotone: «Ero scettico ma ho accettato solo per Ivan. Molti mi preannunciavano la retrocessione in C, invece siamo saliti in A: abbiamo fatto festa per due o tre mesi di fila. Sono felice di aver segnato il gol promozione e il primo gol in Serie A della storia del Crotone, proprio al Genoa: era destino».

Nella sua seconda vita genoana Palladino è stato decisivo per l’esplosione di Pietro Pellegri: «È il mio fratellino. Ci sentiamo quasi tutti i giorni. Pellegri è esploso forse troppo presto, quasi un paradosso: il merito va comunque a Juric che lo ha fatto debuttare. Non ho mai visto uno così forte alla sua età. A sedici anni aveva una potenza incredibile: in allenamento riusciva a tenere botta contro calciatori fisici come Izzo e Burdisso. Al Monaco i troppi infortuni ne hanno limitato la crescita».

E da ultimo una considerazione sulla ripresa del calcio: «C’è tanta confusione. Ci vorrà ancora del tempo perché la priorità è la salute. Il campionato si può completare ma con tanti controlli e tanti tamponi: al momento riprendere è difficile».

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