Mancata revocazione di Mauri e della Lazio, Federsupporter: “Il Consiglio di Stato ha sempre negato che le decisioni Tnas avessero natura di lodo arbitrale”

Con il Comunicato del 29 corrente, la FIGC  ha informato che “mercoledì 30 settembre alle ore 12.15, la Corte Federale d’Appello si riunirà  per esaminare il ricorso per revocazione del Procuratore Federale avverso i seguenti casi: incongruità della sanzione di 4 mesi inflitta al calciatore Stefano Ferrario in relazione alla gara Lecce-Lazio del 22 maggio […]


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Con il Comunicato del 29 corrente, la FIGC  ha informato che “mercoledì 30 settembre alle ore 12.15, la Corte Federale d’Appello si riunirà  per esaminare il ricorso per revocazione del Procuratore Federale avverso i seguenti casi: incongruità della sanzione di 4 mesi inflitta al calciatore Stefano Ferrario in relazione alla gara Lecce-Lazio del 22 maggio 2011; reiezione del ricorso proposto dalla Procura Federale con riferimento alla posizione del calciatore Stefano Ferrario (Lecce-Lazio del 22 maggio 2011); proscioglimento del calciatore Omar Milanetto e del Genoa in relazione alla gara Lazio-Genoa del 14 maggio 2011; proscioglimento dei calciatori Massimiliano Benassi e Antonio Rosati e del Lecce dalla incolpazioni loro ascritte in relazione alla gara Lecce-Lazio del 22 maggio 2011.

Inoltre sarà esaminato il ricorso del Novara avverso la penalizzazione di due punti in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2015-2016, inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale, e l’inibizione di tre mesi a Massimo De Salvo; il ricorso del Procuratore Federale avverso l’ordinanza decisoria del Tribunale Federale per la rinnovazione del deferimento nei confronti della Cavese e di alcuni dirigenti”.

Nel contempo, la Procura Federale ha stabilito di non promuovere analogo procedimento di revocazione della decisione adottata dal soppresso Tribunale di Arbitrato per lo Sport (TNAS) del CONI, nei confronti del calciatore, all’epoca, della SS LAZIO, Stefano Mauri, nonché, per responsabilità oggettiva, nei confronti della nominata Società.

Il calciatore Mauri si era visto irrogare dal TNAS la sanzione, ridotta da 9 a 6 mesi, di squalifica per omessa denuncia di illecito sportivo relativamente alla gara Lazio – Genoa del 14 maggio 2011, mentre la SS LAZIO si era vista ridurre la sanzione pecuniaria da 50 mila a 40 mila euro.

E’ opportuno rammentare che l’11 novembre 2013 la Corte di Giustizia Federale, a Sezioni Unite, chiariva, tra l’altro, che “In definitiva, la cornice probatoria che, in riferimento agli specifici fatti contestati a Mauri, è risultata nella disponibilità di questa Corte, non conduce univocamente all’affermazione di responsabilità dello stesso per la fattispecie illecito. Alla rilevata insufficienza del materiale probatorio complessivamente raccolto corrisponde, pertanto, in ossequio al principio in dubio pro reo, l’impossibilità di convalidare, come ipotesi di sicuro affidamento, la ricostruzione prospettata dalla Procura”.

Come mai, allora, sulla base dei nuovi elementi probatori acquisiti dal Tribunale di Cremona, il Procuratore Federale ha ritenuto di dover promuovere la revocazione delle decisioni solo nei confronti dei calciatori del Genoa e del Lecce e, per responsabilità oggettiva, nei confronti di queste ultime, chiedendo ora la loro condanna per illecito sportivo?

Il motivo consisterebbe nel fatto che la decisione del TNAS nei confronti del calciatore e della Società predetti non lascerebbe spazio alla revocazione prevista dall’art. 39 del CGS della FIGC.

La decisione, infatti, avrebbe natura giuridica di lodo arbitrale e come tale  non sarebbe più revocabile.

Peraltro, occorre tenere conto del fatto che il Consiglio di Stato, sin dal 2004 e costantemente fino al 2006, ha sempre negato che le decisioni della Camera di Conciliazione e di Arbitrato per lo Sport avessero natura di lodo arbitrale, bensì di atti amministrativi.

Ed è alla luce di tale giurisprudenza che, ad avviso di Federsupporter, anche le decisioni del TNAS sono suscettibili di essere qualificate solo nominalmente e formalmente, come lodi arbitrali, ma, invece, nella sostanza, come decisioni di ultimo grado della Giustizia sportiva. 

In tale ottica  è  priva di fondamento la tesi, sostenuta dalla Procura Federale, secondo cui le decisioni del TNAS non rientrerebbero tra quelle soggette a revocazione ex art. 39, comma 1, lettera d, del CGS della FIGC.

Invero tali considerazioni, peraltro più dettagliatamente elaborate in una  Nota  dell’Avv. Rossetti, venivano da Federsupporter correttamente portate all’attenzione del Presidente del CONI il 26 agosto scorso.

Il massimo Organo sportivo, in data 7 settembre,  replicava  che “… il provvedimento  è stato qualificato come lodo arbitrale vero e proprio e come tale impugnabile solo ed esclusivamente dinanzi alla Corte d’Appello ai sensi del codice di procedura civile”, riferendosi, peraltro impropriamente, a dottrina e giurisprudenza che affermavano esattamente il contrario ( cfr. nota in calce).

Alfredo Parisi – Presidente Federsupporter

 

Calcioscommesse e giustizia calcistica: “Summum ius summa iniuria”

(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico – Legale Federsupporter)

L’espressione proverbiale di Cicerone “Summum ius summa iniuria” (il massimo del diritto può diventare il massimo dell’ingiustizia) e quella di Terenzio “Ius summum saepe summa est malitia” (Somma giustizia equivale spesso a somma malizia), nonché le parole “Il diritto spinto all’eccesso diviene torto” del filosofo spagnolo Baltasar Gracian (1601 – 1658) sembrano ben attagliarsi al caso che vado ad esporre ed esaminare.

Il 14 agosto scorso si è appreso da plurimi organi di stampa che la Procura Federale della FIGC, alla luce degli sviluppi dell’indagine in corso presso il Tribunale di Cremona relativa al cosiddetto “Calcioscommesse”, messa a conoscenza di tali sviluppi, avrebbe stabilito di promuovere il procedimento di revocazione, ex art. 39 del Codice di Giustizia Sportiva (CGS) della stessa FIGC, delle decisioni adottate dagli Organi della suddetta Giustizia, divenute irrevocabili, innanzi alla Corte Federale di Appello, nei confronti di alcuni tesserati del Genoa e del Lecce, avuto riguardo alle gare Lazio – Genoa del 14 maggio 2011 e Lecce – Lazio del 22 maggio 2011, con l’incolpazione di illecito sportivo, nonché, per responsabilità oggettiva, nei confronti delle due predette Società.

Nel contempo, la Procura Federale avrebbe stabilito di non promuovere analogo procedimento di revocazione della decisione adottata dal soppresso Tribunale di Arbitrato per lo Sport (TNAS) del CONI, nei confronti del calciatore, all’epoca, della SS LAZIO, Stefano Mauri, nonché, per responsabilità oggettiva, nei confronti della nominata Società.

Il calciatore Mauri si era visto irrogare dal TNAS la sanzione, ridotta da 9 a 6 mesi, di squalifica per omessa denuncia di illecito sportivo relativamente alla gara Lazio – Genoa del 14 maggio 2011, mentre la SS LAZIO si era vista ridurre la sanzione pecuniaria da 50 mila a 40 mila euro.

E’ opportuno rammentare che l’11 novembre 2013 la Corte di Giustizia Federale, a Sezioni Unite, chiarito che “Le valutazioni di questa Corte non possono che essere formulate allo stato degli atti e nella consapevolezza che le risultanze attuali potrebbero essere superate da eventuali future acquisizioni”, sancì che “Appare difficilmente revocabile in dubbio che entrambe le gare di cui trattasi siano state fatte oggetto di illecito e che l’andamento e il risultato delle stesse siano stati alterati”.

Sancì, inoltre, che “Appare, in teoria, maggiormente plausibile l’interpretazione dei fatti compiuta dalla reclamante Procura, secondo cui la chiave di lettura della condotta tenuta da Mauri è costituita dalla sua adesione sia alla proposta inerente alla gara Lazio – Genoa che a quella concernente la successiva Lecce – Lazio, convergendo l’insieme dei frammenti probatori acquisiti al giudizio verso l’assunto della partecipazione di Mauri ad entrambi gli illeciti. Specie in mancanza di una diversa verosimile versione dei fatti fornita dall’interessato. Tuttavia, il Collegio ritiene che manchi quel tassello probatorio decisivo che possa serenamente condurre all’affermazione della responsabilità del Mauri per violazione dell’art. 7, comma 1, CGS, seppure appare non revocabile in dubbio che per l’andamento dei fatti e di contatti intervenuti vi fosse almeno la consapevolezza dell’ordito illecito. In definitiva, la cornice probatoria che, in riferimento agli specifici fatti contestati a Mauri, è risultata nella disponibilità di questa Corte, non conduce univocamente all’affermazione di responsabilità dello stesso per la fattispecie illecito. Alla rilevata insufficienza del materiale probatorio complessivamente raccolto corrisponde, pertanto, in ossequio al principio in dubio pro reo, l’impossibilità di convalidare, come ipotesi di sicuro affidamento, la ricostruzione prospettata dalla Procura”.

E’ opportuno, altresì, rammentare che entrambe le gare in questione si erano concluse con la vittoria della Lazio e che il calciatore, all’epoca, del Genoa, Milanetto, era stato assolto, in primo e secondo grado, da ogni incolpazione, così come i calciatori, all’epoca, del Lecce, Benassi e Rosati, mentre il calciatore, sempre all’epoca, del Lecce, Ferrario, era stato sanzionato con 4 mesi di squalifica per omessa denuncia dell’illecito relativo alla gara Lecce – Lazio del 22 maggio 2011.

Naturalmente, stanti le assoluzioni e la tenuità della sanzione irrogata, di cui sopra, i sunnominati calciatori del Genoa e del Lecce non si erano rivolti al TNAS del CONI, impugnando le decisioni adottate nei loro confronti dagli Organi di giustizia federali.

Come mai, allora, sulla base dei nuovi elementi probatori acquisiti dal Tribunale di Cremona, il Procuratore Federale avrebbe ritenuto di dover promuovere la revocazione delle decisioni nei confronti dei calciatori del Genoa e del Lecce e, per responsabilità oggettiva, nei confronti di queste ultime, chiedendo ora la loro condanna per illecito sportivo, mentre avrebbe stabilito di non promuovere analogo procedimento nei confronti del calciatore Mauri e, per responsabilità oggettiva, della Lazio ?

Il motivo consisterebbe nel fatto che la decisione del TNAS nei confronti del calciatore e della Società predetti non lascerebbe spazio alla revocazione prevista dall’art. 39 del CGS della FIGC.

Tale decisione, sull’assunto che essa avrebbe natura giuridica di lodo arbitrale, non sarebbe più revocabile, secondo la Procura Federale, poiché non ricorrerebbe, nella fattispecie, nessuno dei casi previsti dall’art. 831 CPC, secondo cui il lodo è soggetto a revocazione: se l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo l’emanazione del lodo oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate false prima del lodo stesso; se, dopo l’emanazione di quest’ultimo, sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; se il lodo è effetto del dolo degli arbitri, accertato con sentenza passata in giudicato (art. 395 CPC , commi 1, 2, 3 e 6, come richiamati dall’art. 831, comma 1, CPC).

L’art. 39, comma 1, lettera d, del CGS della FIGC così recita: “Tutte le decisioni adottate dagli Organi della giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione innanzi alla Corte federale di appello, entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti: se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure se sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia”.

Orbene, si deve tenere presente che la suddetta normativa era in vigore, e lo è tuttora, al momento dei fatti di cui trattasi e che il TNAS è stato soppresso con l’entrata in vigore (12 giugno 2014) del Codice della Giustizia Sportiva del CONI che prevede, quali Organi di giustizia, presso la Federazione, il Giudice sportivo nazionale, i Giudici sportivi territoriali e la Corte sportiva di appello, il Tribunale federale e la Corte federale di appello, nonché, quale Organo di giustizia di ultimo grado, presso il CONI, il Collegio di Garanzia dello Sport.

Il TNAS, istituito all’inizio del 2009, era stato qualificato, sia dal relativo Regolamento (art. 1, comma 1) sia dallo Statuto del CONI (art. 12 ter, comma 3), quale organismo arbitrale e le decisioni da esso assunte quali lodi arbitrali.

Il TNAS era succeduto alla preesistente Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, presso il CONI, unitamente all’Alta Corte di Giustizia; quest’ultima, avente giurisdizione su questioni di notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo, la prima, avente giurisdizione prevalentemente in ordine a questioni disciplinari, fatte salve quelle in materia di doping riservate allo specifico Tribunale Nazionale AntiDoping, pur esso presso il CONI.

L’istituzione della Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport e, poi, del TNAS perseguiva due obiettivi: l’uno, quello di rafforzare l’autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale; l’altro, quello di creare organismi giurisdizionali, tutti interni all’ordinamento sportivo, con funzione di chiusura di un sistema ritenuto sostanzialmente privato (cfr “Ultimo giro di valzer del Tar del Lazio: la pronuncia della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport ha natura di provvedimento amministrativo” di Flavia Tortorella, Collaboratrice della Cattedra di Diritto Civile dell’Alma Mater Studiorum di Bologna e della Cattedra di Sistemi Giuridici Comparati dell’Università degli Studi di Roma Tre, in Rivista di Diritto ed Economia dello Sport, Vol. IX, Fasc. 3, 2007).

Nella pratica il TNAS si rivelava, secondo una definizione giornalistica suggestiva ma realistica, uno “scontificio” delle sanzioni comminate dagli Organi di giustizia federali, forse volendo assecondare lo spirito compromissorio caratterizzante l’organismo con la tendenza a uniformarsi, anziché al principio “da mihi factum tibi dabo ius”, al principio “da mihi factum tibi dabo transactionem”.

 Questa una delle ragioni, forse quella principale, per cui il TNAS è stato abolito, volendosi eliminare una giustizia sportiva alla “volemose bene”.

Tutto ciò premesso e considerato, occorre, però, tenere conto del fatto che il Consiglio di Stato, sin dal 2004 e costantemente fino al 2006 (vedasi, in particolare, la sentenza, Sezione IV, n. 3559 del 19 giugno 2006), ha sempre negato che le decisioni della Camera di Conciliazione e di Arbitrato per lo Sport avessero natura di lodo arbitrale, bensì di atti amministrativi.

Più precisamente, il Consiglio di Stato sancì che le decisioni della suddetta Camera rappresentavano l’ultimo grado della giustizia sportiva, benché emesse con le forme e le garanzie del giudizio arbitrale.

Ed è alla luce di tale giurisprudenza che, a mio avviso, anche le decisioni del TNAS sono suscettibili di essere qualificate: cioè, solo nominalmente e formalmente, come lodi arbitrali, ma, invece, nella sostanza, come decisioni di ultimo grado della Giustizia sportiva (cfr “Il Tribunale Nazionale Arbitrale per lo Sport (TNAS) analisi della giurisprudenza (anni 2009 – 2010) e della natura delle relative decisioni”, dell’Avv. Prof. Enrico Lubrano, titolare della Cattedra di Diritto dello Sport presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUISS Guido Carli, in Rivisita di Diritto ed Economia dello Sport, Vol. VI, Fasc. 3/2010).

Se così è – o fosse -, è – sarebbe – , dunque, priva di fondamento la tesi, sostenuta dalla Procura Federale, secondo cui le decisioni del TNAS non rientrerebbero tra quelle soggette a revocazione ex art. 39, comma 1, lettera d, del CGS della FIGC.

Laddove, ammesso pure, ma non concesso, che la suddetta tesi fosse fondata, si verificherebbe, nella fattispecie, quello che, come rilevato all’inizio di questo scritto, potrebbe definirsi un tipico caso di “summum ius summa iniuria”.

Accadrebbe, infatti, che, mentre alla luce dei fatti sopravvenuti che non si potevano conoscere all’epoca dei precedenti procedimenti e la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia, Genoa e Lecce, pure essendo state danneggiate dagli illeciti sportivi commessi a loro danno, rischierebbero, per responsabilità oggettiva, penalizzazioni di punti in classifica, nulla rischierebbero, viceversa, a seguito dei medesimi fatti sopravvenuti, Mauri e la Lazio, pur avendo quest’ultima tratto oggettivamente vantaggio dagli illeciti, peraltro già accertati come avvenuti.

Si tratterebbe indubbiamente di una “summa iniuria”, non potendo far velo a chi scrive, sia pur modesto giurista, la notoria fede laziale.

Ove fosse accolta la tesi sostenuta dalla Procura federale e qualora Genoa e Lecce, in esito al procedimento di revocazione nei loro confronti, dovessero essere ritenute oggettivamente responsabili di illecito sportivo, ad esse andrebbe applicata la sanzione della penalizzazione di punti in classifica, così come previsto dall’art. 7, comma 4, in combinazione con l’art. 18, comma 1, lettera g, del CGS della FIGC, nella misura minima di un punto.

A questo proposito, sovviene la giurisprudenza della Corte di Giustizia Federale che, nell’ambito delle decisioni assunte nelle riunioni del 2, 3 , 5 e 6 luglio 2012, i cui testi sono stati pubblicati il 27 agosto 2012 con Comunicato Ufficiale n. 026 CGF, rilevato che “La responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli atleti, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva”, ha, tuttavia, stabilito che tali rilievi “Non precludono, però, a questa Corte il potere di graduazione delle sanzioni. E questo soprattutto in fattispecie dove va escluso ogni coinvolgimento nella materiale causalità dell’accaduto, non essendo in alcun modo materialmente riferibile alla stessa società il fatto imputato, e di cui anzi la società di appartenenza, oltre a non conseguire alcun vantaggio è risultata in definitiva danneggiata, sotto molteplici profili, dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato”.

Mi siano consentite, infine, alcune osservazioni di carattere non giuridico.

Uno dei principali, se non il principale, elemento fondante dell’autonomia – non dell’indipendenza – dell’ordinamento sportivo rispetto a quello statale è costituito dal dovere di osservanza imposto a tutti i suoi componenti dei doveri di lealtà, correttezza e probità.

Valgano in vero, in proposito, le parole estratte dalla decisione del Tribunale Federale Nazionale, Sezione disciplinare, riunitosi l’11 agosto scorso (il testo della decisione è stato pubblicato il 20 agosto scorso con Comunicato Ufficiale n. 15/TFN), secondo le quali “Proprio il linguaggio criptico utilizzato (il riferimento è ai colloqui telefonici trascritti nell’ambito dell’indagine “Treni del goal” condotta dal Tribunale di Catania ndr) appare sintomatico di comportamenti e modalità tipiche della criminalità organizzata, di quel “mondo di mezzo” che mai avrebbe dovuto penetrare e contaminare l’ambiente dello sport che – giova ribadirlo – fonda la sua stessa esistenza sui valori della probità e della correttezza. Sia consentito al riguardo amaramente osservare che nonostante il ripetersi ciclico di fatti di illecito sportivo, mai così tanto il sistema è apparso vulnerabile al punto che senza l’intervento del magistrato penale nessuno strumento dell’ordinamento sportivo sarebbe risultato adeguato a reprimere comportamenti di siffatta intensità criminale, tantomeno a prevenirli”.

Anche alla luce delle inequivocabili e illuminanti parole sopra riportate, l’ordinamento sportivo può, dunque, essere ritenuto, prima e piuttosto che un ordinamento giuridico, un ordinamento etico – morale.

Sarebbe necessario, pertanto, che i tifosi, oltre a e prima di pretendere risultati sportivi positivi, pretendessero la scrupolosa osservanza dei suddetti doveri da parte di tutti i protagonisti dello sport.

Al contrario, purtroppo, in occasione dei ciclici scandali che hanno interessato e interessano il mondo del calcio, si è assistito e si assiste a generalizzati atteggiamenti e comportamenti degli stessi tifosi, ma non solo (si pensi a molti opinion maker), molto indulgenti, fino alla compiacenza, nei confronti di coloro i quali si siano macchiati di gravi violazioni dei medesimi doveri.

E’ prevalso e prevale, in altre parole, un malinteso patriottismo sportivo (“My country, right or wrong”, “Il mio Paese, nel giusto o sbagliato”, parole pronunciate dal Commodoro della Marina Statunitense, Stephen Decatur, in un brindisi dopo cena nel 1816).

Alla fine, l’unica cosa che pare contare è la “ragion di Stato”, il “fine che giustifica i mezzi”, l’opportunismo e l’utilitarismo esclusivi nell’interesse della società e della squadra del cuore, oltre che, per i mass media che si occupano di sport, nell’interesse economico che ruota intorno ai rispettivi “bacini di utenza” costituiti da lettori, radioascoltatori e telespettatori.

Tutto ciò con buona pace di quell’opera di educazione e sensibilizzazione ai valori sportivi, tante volte, a parole, invocata e sbandierata, a beneficio dei tifosi e, più in generale, dell’intera società civile.

Avv. Massimo Rossetti

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