La vera delusione è Blessin: Genoa pronto a cambiare

I casi mai risolti dal tecnico tedesco sono stati il fattore campo e la prolificità

Blessin Genoa
Mister Blessin (foto di Genoa CFC Tanopress)

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In un contesto societario distinto da un disordinato sistema duale e da uno spogliatoio deluso da parole che non necessitano di acrobazie interpretative, quello dell’allenatore corre il rischio di essere il minore dei problemi. L’immagine emblematica dello stato attuale del Genoa di Blessin proviene dal campo: circa dieci minuti prima del novantesimo Strootman strepita a vene pulsanti la nuova disposizione tattica rossoblù, «tre-quattro», per dare l’assalto al pareggio che lo stesso tulipano avrebbe agguantato per un istante, non fosse stato per la carica di Ilsanker, improvvisato centravanti, su Gori. Se davvero nel calcio la base riflette il vertice, allora la situazione rossoblù è da allarme, e stavolta i risultati hanno relativa pertinenza.

Quando Blessin spiega la partita corsa in maniera differente da come è stata pianificata a seguito di due settimane di lavoro a Pegli, e non di certo per meriti particolari del Perugia, si può dedurre che il gruppo non l’abbia in gloria; se poi aggiunge in lingua inglese le dure osservazioni sull’individualismo e sull’assenza di comunicazione tra i giocatori è presumibile che al Genoa manchi il gruppo (e i leader). Il tecnico svevo ha compiuto il più comune degli errori da principiante: sbottare in diretta tv. Blessin ha capito che la maglia del Genoa pesa, ma anche le parole non sono da meno. Il suo sfogo nell’immediato post partita è stato un deragliamento comunicativo per modo, per forma, per sostanza, per tempismo e per luogo: sembrava il maestro Pregadio quando i dilettanti allo sbaraglio del celebre programma non andavano al tempo della sua orchestra.

La vera delusione è Blessin: accolto dai genoani al pari dell’ultima speranza dietro quegli olé kloppiani ruggiti sotto la Nord, si è invece rivelato un Re Mida alla rovescia capace di devalorizzare gran parte degli interpreti precipitati nel 4-2-3-1, un serbatoio prosciugato del Gegenpressing, suo carburante naturale. Da Maksimovic a Coda, da Destro ad Aramu. Un dedalo tattico dal quale soltanto prima Ostigard ed ora Frendrup ne escono migliorati. L’allenatore tedesco non ha capitalizzato la fiducia che il Genoa gli ha rinnovato in estate dopo lo sbarramento al ritorno di Gasperini. L’ultima versione di Blessin, molto incupita ed emotivamente scarica, ha avuto il tormento di farne una questione di principio e non più tecnica: ad esempio, senza vedere un allenamento risulta difficile spiegare la scelta di Yalcin dal primo minuto di gioco.

In dieci mesi di Genoa – non sono molti gli allenatori ad aver avuto così tanto tempo per far attecchire la propria idea di calcio – i casi mai risolti da Blessin sono stati il fattore campo e la prolificità: infatti, ha vinto al Ferraris appena quattro volte su quindici e, in generale, in campionato non è andato a segno quattordici volte su trenta; complessivamente ha racimolato 16 punti in 16 giornate in Serie A (proiezione 38 punti, salvezza teorica) e 23 punti in 14 gare in B (proiezione di 62 punti, sarebbe promozione diretta soltanto in due degli ultimi dieci tornei cadetti). Un’avventura iniziata sotto i migliori auspici e terminata ponendo domande ai giornalisti nella sala stampa del Curi senza riuscire a raccapezzarsi del tratto bifronte mostrato dalla sua squadra tra allenamento e partita.

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