Il cordoglio del mondo genoano per la scomparsa di Nora

I primi messaggi dell'Acg, di Stefano Sturaro e del collega Gianluca Rocco


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GIANLUCA ROCCO 

Lei è Nora: 5 anni, genovese e genoana. E’ morta ieri quando il sarcoma di Ewig extra osseo l’ha portata via a poco più di un anno dalla diagnosi. La sua storia ha commosso una città intera che, a prescindere dalla tifoseria, si è mobilitata, raccogliendo a gennaio, in poche settimane, oltre 300mila euro destinati all’estremo tentativo: delle cure sperimentali a Houston. Cure, purtroppo, inutili ma che almeno per un po’ hanno alimentato la speranza sua e della sua famiglia. Nora non era una guerriera, un’eroina, un esempio. Era una bambina che voleva vivere, beffata dalla crudeltà del destino. E ci ricorda due cose fondamentali, anzi, ce le sbatte in faccia. La prima, evidente, è che la vita sa essere veramente una merda. Senza se e senza ma e senza consolazione. La morte di una bimba di 5 anni dopo un anno e mezzo di sofferenza è semplicemente inaccettabile. E provoca rabbia, impotenza, senso cosmico di ingiustizia che forse solo chi ha fede può lenire ma non sopprimere del tutto. E’ semplicemente sbagliato che un bimbo soffra e muoia. La seconda, più sfuggente, è che siamo talmente immersi in una quotidianità lagnosa in cui ogni minimo inconveniente diventa una difficoltà a volte insormontabile, in cui piagnucolare si trasforma nell’unica ragione di esistere, in cui la miopia impedisce di guardare al di là del proprio naso, che ci si dimentica facilmente di inquadrare i problemi, lavorativi o personali, nella loro giusta ottica. E che, forse, servirebbe essere più grati per quel che si ha piuttosto che lamentarsi di quel che non c’è o di quel che non è esattamente come si vorrebbe. Se ce lo dimentichiamo, pensiamo un attimo a Nora che ci guarda per ricordarcelo. Ovunque sia.

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