Sulla relatività del calcio estivo, è già stato scritto. La verità sul Genoa che stenta nel gioco e nelle gambe contro la Cremonese probabilmente dimora nel mezzo di attenuanti generiche di parte e degli ormai consuetudinari motivi di gravame che taluni invocano neppure iniziata la stagione. La prestazione dei rossoblù allo Zini è stata speculare rispetto a quella vista contro il Monaco con la sola differenza del punteggio che in limine d’agosto dovrebbe essere l’ultimo elemento da considerare, anziché l’esclusivo metro di paragone: palleggio lento e prevedibile, soprattutto lo sviluppo da sinistra, e lieve incisività negli ultimi diciotto metri. La capacità di «determinare», verbo incipit del vocabolario di Gilardino, è una dote che si allena: il Grifone ha creato almeno un paio di situazioni nelle quali è mancata solo l’imbucata per l’uomo in area non fosse stato per l’ultimo passaggio debole che faceva saltellare il tecnico dal rammarico per l’occasione sciupata.
La pragmaticità dell’intera fase difensiva è la migliore qualità del Genoa alla quale si cumula il gradevole innesto di Thorsby. Sorprende la straordinaria adattabilità del norvegese e il suo disinvolto inserimento nelle meccaniche di squadra avvenuto in tempo record, a tal punto da far credere agli ignari che giocasse nel Genoa da più di dieci anni. Con evidente personalità e sublime senso del posizionamento, Thorsby è un mediano caduto dal cielo la cui intelligenza tattica – ieri agiva a sostegno di Gudmundsson e Retegui, come un tempo faceva Rigoni – è essenziale per la squadra. È la sferzata di freschezza che serviva al reparto di centrocampo il quale, munito delle versioni opache di Badelj e Strootman, girava a vuoto faticando in entrambe le fasi di gioco. Mister Gilardino, però, non ha (più) un’alternativa al croato e per la fluidità del palleggio non può essere deputato un calciatore privo di geometrie come Frendrup.
Impedita o comunque resa più difficile la prima costruzione a Martinez dalla pressione alta dettata da Collocolo, il Genoa non badava allo sfogo del lancio profondo sulle doppie punte subentrate nella ripresa: meglio Coda di Puscas, più mobile e migliore costruttore di manovra. Retegui, invece, era isolato, talvolta chiamato a stare lontano dalla porta per non allungare eccessivamente la squadra che faticava ad accompagnare: da solo e senza rifornimenti non può risolvere il problema del gol, che in questo pre-campionato è avvenuto soltanto da palla inattiva. Qualcosa che sfiorava Filip Jagiello con un piazzato su punizione nell’unica situazione pericolosa del secondo tempo. Il Genoa accusa un ritardo mentre si avvicina il debutto in campionato nel contesto di un Ferraris che si pregusta tutto esaurito: stavolta la Coppa Italia non è più da vedere come uno sgradevole impiccio da cui evadere al più presto, bensì stimolo per mandare un messaggio di crescita. Anche ad agosto.