ESCLUSIVA PG – Roberto Malcontenti: «Vi racconto quella mia unica presenza con la mitica maglia del Genoa»

Il professore di medicina legale rammenta quella sfortunata gara di Coppa Italia contro il Torino nel 1965, il suo bellissimo rapporto con il dt Lerici e i suoi compagni. Non solo: da consulente del Grifone, assieme all’avvocato Biondi, ha difeso Martina nel processo riguardante lo scontro di gioco con Antognoni. E confessa la sua passione rossoblù: «E’ una malattia che non riesco a curarla da solo»

Malcontenti Genoa
Roberto Malcontenti (Foto archivio personale del professor Malcontenti)

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«L’unica mia presenza con la maglia del Genoa è stata in quella sfortunata gara di Coppa Italia contro il Torino». Il professor Roberto Malcontenti inizia così il suo racconto in esclusiva a Pianetagenoa1893.net di quella sua esperienza con la divisa da gioco rossoblù: il club che è rimasto sempre nel suo cuore. «E’ una malattia che non riesco a curarla da solo» confessa con un sorriso. Correva l’anno 1965, 16 aprile, e il Grifone aveva una diarchia tecnica con il direttore tecnico Lerici e l’allenatore Fongaro: all’epoca il giovane attaccante Malcontenti era uno studente di medicina. Conclusa la carriera calcistica ha percorso con gran successo quella dell’insegnamento: è stato infatti professore universitario di Medicina Legale presso l’Università di Genova dal 1992 al 2014 e direttore della Scuola di Specializzazione di Medicina Legale sempre presso l’ateneo della Superba dal 2003 al 2012. Attualmente è libero professionista nello stesso settore: lo si può considerare come una sorta di Diego Milito o di Julio Cesar Abbadie del suo campo.

Che ricordi ha di quel lontano Torino-Genoa di Coppa Italia?

«Allora c’era solo la Coppa Italia per le squadre di serie A: quella stagione ho giocato quell’unica gara, l’arbitro era Caninati di Milano. Ricordo bene la formazione rossoblù: Grosso, Bagnasco, Calvani, Colombo, Venturelli, Rivara, Bicicli, Giacomini, Malcontenti, Locatelli, Dalmonte. Il Torino si prensentò con: Vieri, Poletti, Fossati, Puia, Lancioni, Ferretti, Albrigi, Ferrini, Hitchens, Carelli, Moschino. L’allenatore era Nereo Rocco».

Gara che purtroppo ebbe un risultato sfavorevole

«Perdemmo 2-0 e fummo eliminati. All’epoca c’era abbastanza differenza di valori tra alcune squadre ed altre: il Genoa cercava di ottenere la permanenza in serie A. Tuttavia ricordo che c’erano anche giocatori di buon valore tecnico, come Zigoni e Locatelli: ma dal punto di vista pratico, come accade anche adesso, c’era una raccolta di giocatori provenienti da pregressi infortuni e quindi offrivano una resa limitata sia nelle singole partite, sia nell’ambito dell’intero campionato».

Ricorda qualche aneddoto?

«Avevo un ottimo rapporto con Lerici. Lui organizzava un tavolo prima della partita, dove invitava Giacomini con il sottoscritto a preparare idealmente le mosse della squadra avversaria a fronte dell’idea di formazione e di gioco che aveva il tecnico. Lerici voleva il terzino più avanzato per contenere l’ala avversaria, allora si chiamava così l’attuale esterno, costringendola a recuperare più spesso e a stancarla: aveva tante idee ed è stato il tecnico tra i più abili che abbia avuto».

Roberto Malcontenti (Foto archivio personale del professor Malcontenti)

Però il suo rapporto professionale in rossoblù non si è esaurito in quell’anno?

«Dopo aver girato diverse squadre, come Empoli e Rimini, al termine della mia carriera sono diventato consulente medico del Genoa, avendo modo anche di partecipare alla vita societaria. Come medico legale mi occupavo di infortunistica: dovrei usare della terminologia tecnica per spiegare il mio lavoro».

Prego

«Il complesso invalidante raccolto e utilizzato dal Genoa, rispetto alle altre squadre che partecipavano al campionato era sicuramente più accentuato. Non c’era poi da stupirsi, anche se il calcio è uno sport che può avere dei lati tecnici che possono superare quelli infortunistici, se alla lunga andavano a influenzare i risultati ottenuti sul campo. E’ come succede adesso: se si prendono giocatori che hanno avuto da poco infortuni importanti e si riesce a recuperarli, si può avere fortuna, come ad esempio nel caso di Thiago Motta, ma si può avere anche sfortuna, come nel caso di Favilli che non riesce a recuperare dagli infortuni poiché ci ricade spesso. Questo tipo di strategia societaria, prendendo atleti in fase di recupero, presenta dei pro e dei contro: è vero che si pagano meno durante il calciomercato, però poi non sono utilizzati con continuità durante la stagione».

Può fare un esempio di calciatore con queste caratteristiche dell’epoca in cui lei giocava?

«Ricordo Kölbl: era un centravanti molto fisico e ruvido nel tocco, ma era sempre rotto. La sua resa nell’arco del campionato è stata scadente. Invece Zigoni, attaccante molto bravo, era sano e teneva in piedi la squadra insieme ai giocatori più esperti come il famoso trio Bassi-Colombo-Rivara che erano dei pilastri inamovibili. Ho un ricordo degli allenamenti».

Ce lo racconti

«Carlini mi chiedeva di non entrare in modo troppo ruvido. Io ero discreto nei colpi di testa: durante un allenamento ho segnato così anticipando Da Pozzo. Il portiere mi ha inseguito per tutto il campo perché secondo lui non avrei dovuto saltare (NDR: ride). All’epoca c’era un rapporto particolare tra i giocatori giovani e gli anziani: io ero molto ben considerato sia dai compagni sia da Lerici».

Roberto Malcontenti nel suo studio a Genova (Foto Pianetagenoa1893.net)

Lei ha ancora rapporti con i suoi ex compagni?

«Mi sono sentito spesso con Agroppi, con cui abbiamo giocato per tanti anni. Sono in rapporti con Giampiero Ventura, con cui abbiamo giocato nella Sestrese. Ho rapporti di amicizia anche con i miei avversari di un tempo, come Arnuzzo, Frustalupi, Nicolini».

E’ stato il primo studente in medicina nel campionato?

«Per la precisione eravamo in due: io e Boranga. Non dimentico anche il mio ex compagno nel Genoa Leo Grosso: laureato in giurisprudenza, avvocato e vice Campana nell’Associazione italiana calciatori. Quando ero all’Empoli ero in stanza assieme a Cipollini: lui studiava ingegneria e studiavamo negli intervalli degli allenamenti. Posso dire che tra studio e il calcio facevo una fatica mica da ridere. Proprio nel periodo empolese, giocavo di domenica: alla sera partivo per Genova e il giorno dopo ero alle esercitazioni di anatomia umana. Tornavo in Toscana al lunedì sera e il giorno seguente facevo l’allenamento con tutta la squadra. E credo che anche Cipollini facesse lo stesso. Non solo: andavamo a Coverciano con l’Empoli ad allenarci assieme alla Nazionale».

E dopo andò al Rimini

«Era un altro tipo di situazione. La squadra romagnola militava in serie C ed era una retrocedenda: c’erano però giocatori di livello come Santarini».

E poi?

«Mi sono laureato in medicina, mi sono specializzato in medicina legale. In seguito sono diventato direttore della Scuola di specializzazione di medicina legale: terminati gli impegni lavorativi, ora sono libero professionista nello stesso settore. Sono stato anche medico sportivo della Sampdoria all’epoca di Heriberto Herrera: stavamo a Sestri Levante. Poi sono tornato al Genoa, come consulente medico legale. Ho un altro ricordo tutto rossoblù legato alla mia attività professionale».

Su cosa?

«Come consulente del Genoa avevo preparato con gli avvocati Alfredo Biondi e Pasquale Tonani la difesa di Martina nel processo riguardante lo scontro di gioco con Antognoni. Avevamo fatto un mezzo miracolo, giocando, per usare un termine sportivo, “fuori casa” eravamo riusciti a non far riconoscere le conseguenze penalmente rilevanti: una situazione non facile, visto che il giocatore della Fiorentina aveva subito una craniotomia per un ematoma, ma riuscimmo nel nostro intento. All’epoca la Fondazione Ristorante Zeffirino ci aveva premiato con una coppa per il caso Martina-Antognoni».

Lei va allo stadio?

«Certo che vado allo stadio e anche spesso. Sono sempre fedele ai mitici colori del Genoa».

La targa della Fondazione ristorante Zeffirino a Roberto Malcontenti per il caso Martina-Antognoni (Foto Pianetagenoa1893.net)

CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO DI STEFANO MASSA SU TORINO-GENOA 1965

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