Un calciatore dal tocco sopraffino che il Genoa e i suoi tifosi non hanno fatto in tempo a godersi per più di una stagione. Pianetagenoa1893.net ha intervistato in esclusiva Adailton che, a breve, allenerà la Primavera della Juventude in Brasile.
La Serie A è un campionato ormai povero di battitori di punizioni del suo calibro
«Quando giocavo abbondavano gli specialisti. Tra i gol più belli in carriera metto quello che realizzai all’Albinoleffe con la maglia del Genoa. Lo ricordo benissimo: Milanetto voleva che attardassi l’esecuzione ma non lo ascoltai, lasciai andare la gamba e, calciando da lontano, trovai un buon angolo alle spalle di Acerbis».
Era il Genoa dell’ultima promozione
«Giocavo laterale assieme a Di Vaio, purtroppo saltai molte partite a causa della pubalgia: realizzai comunque undici reti in campionato e tre in Coppa Italia, sono convinto che senza problemi fisici avrei quasi raddoppiato perché il Genoa di mister Gasperini creava tante occasioni e metteva gli attaccanti in costante condizione di segnare».
Al Picco rimediò un trauma cranico e dei punti di sutura: ricorda il rientro in campo dopo l’infortunio?
«Il lungo applauso dei tifosi del Genoa e il mio nome scandito più volte dall’intero Ferraris sono momenti indimenticabili che conserverò per sempre nella mia memoria – spiega Adailton – quando lo racconto, i miei restano ancora senza parole. É un ricordo che va al di là della mia prestazione (segnò due gol al Pescara in appena trentatré minuti, ndr)».
La sua n. 10 è sulle spalle di Melegoni: personalità o azzardo?
«É una maglia con un peso diverso poiché il numero chiama la fantasia, l’estro, come il nove è sinonimo di gol. Se Melegoni si è sentito di volere la 10 significa che crede in sé stesso, secondo me ha qualità: tuttavia, come accade per ciascun giovane, serve pazienza e capire i momenti ideali nei quali farlo giocare. Melegoni potrà fare molto bene in rossoblù se continuerà a essere a disposizione dei compagni e se riuscirà a capire presto lo spirito della genoanità».
Adailton, si rivede in Amiri?
«Sì, è un giocatore di talento e di tecnica, ha la giocata e il passaggio negli ultimi metri. Dovrà assumersi la responsabilità nei momenti decisivi dentro la partita: è necessario per una squadra che vuole salvarsi, cosa che mi auguro, sebbene la situazione sia difficile. Il Genoa merita di restare in Serie A».
Gasperini-Blessin, ci sono analogie?
«Senza dubbio l’intensità. Entrambi sono allenatori sanguigni, trascinatori, amati dai tifosi perché è come se volessero lasciare la panchina e giocare con la squadra. Blessin si è fatto capire in fretta, si vede che lo spogliatoio lo segue: il Genoa è nelle mani giuste per raggiungere la salvezza che nel finale di stagione passerà dal Ferraris. Il fattore campo è troppo importante per il Genoa».
Recentemente la multinazionale 777 Partners ha acquistato il Vasco da Gama
«Il calcio brasiliano aveva bisogno di tale cambiamento: il mercato locale è economicamente inesplorato e con un margine di crescita spaventoso, tuttavia le squadre sono indebitate e prive di continuità poiché, da regolamento, le elezioni del presidente avvengono ogni due anni. Come nella politica, chi subentra cancella il lavoro svolto in precedenza privando i club della stabilità necessaria. Con queste nuove proprietà, che oltre al Vasco hanno già acquistato Cruzerio e Botafogo, tutto può cambiare: gli americani sono professionisti seri».
Adailton, secondo lei qual è il migliore aspetto del futebol brasiliano?
«Passione, talento diffuso e una base enorme di giovani con cui lavorare. Le società possono investire tanto nei vivai perché i club hanno assimilato la buona cultura della formazione dei ragazzi. Nonostante l’Italia abbia una lunga tradizione calcistica, la Nazionale ha qualche problema e non vederla al prossimo Mondiale per la seconda volta consecutiva, peraltro eliminata dalla Macedonia del Nord, è un brutto colpo: il Brasile ha tifato gli Azzurri durante l’Europeo».
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