Criscito: «Genoa grande gruppo, lavoriamo per crescere i Rovella, Sturaro e Perin del futuro»

Ascheri, capo scouting giovanile: «In vent'anni, Sbravati ha dato continuità e creato un dna»

Genoa Under 14 Criscito Cipani
I ragazzi 2010 del Genoa Under 14 (foto Instagram di Domenico Criscito)

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Se il Genoa ha un futuro, il merito è del proprio settore giovanile. Domenico Criscito lo sa bene: ci è passato due volte, prima da calciatore e adesso da allenatore. «L’obiettivo è far crescere i Rovella, Sturaro e Perin del futuro. Abbiamo una società che ci crede molto. Per me è tutto nuovo, all’inizio ero un po’ timido ma ora sta diventando più facile: ho la fortuna di lavorare con ottimi professionisti» spiega il tecnico dell’Under 14 genoana, intervenuto a “L’angolo dei giovani”, trasmissione web di IVG. Criscito torna sui suoi esordi: «Mi scoprì Onofri, quasi al termine di una giornata di provini al Vomero. Controllai con il petto una palla lunga, lo sbalordii: ventitré anni dopo alleno a Pra’ dove feci il provino decisivo per entrare nel Genoa».

Il mister, al primo anno di conduzione tecnica, spiega la sua nuova vita: «Mi fido tantissimo dei miei collaboratori Lucotti e Cipani, devo ringraziarli perché mi hanno fatto sentire fin da subito parte di loro. Partendo da obiettivi comuni su cui lavorare, come ad esempio forza, gesto tecnico o uno contro uno, dividiamo il gruppo in tre parti e ognuno di noi è libero di scegliere le esercitazioni – spiega mister Criscito – in questa età (leva 2010, ndr) vogliamo migliorare il piede debole perché essere ambidestro è fondamentale, ma anche la scelta della giocata e collochiamo i ragazzi in nuove posizioni perché è giusto che provino tutto. Il calciatore deve sapere come giocare la palla prima ancora di averla ricevuta, è chiaro che è fondamentale anche lo smarcamento dei compagni altrimenti non ha scelte».

Criscito ha girato il mondo e la sua esperienza è al servizio del Genoa. Due punti, toccati durante il collegamento, sono di nodale importanza: il binomio scuola-sport e il rapporto tra genitori e sport. «Per preparare il campione perfetto serve lo studio, la famiglia e lo sport. All’estero, lo sport è vissuto diversamente che in Italia: da noi è cambiato il rapporto tra la scuola e lo sport, parlavo proprio di questo con il professor Oneto (con una lunga militanza professionistica fuori dai confini nazionali, ndr). A Toronto, i miei figli praticavano sport già dalle 8 del mattino» spiega l’allenatore del Genoa. «In campo i ragazzi devono isolarsi e i genitori stare lontano, soprattutto durante gli allenamenti: al derby di ritorno ci hanno insultato dalle tribune dal primo all’ultimo minuto, vengano al campo per incitare i propri figli, e basta» conclude Criscito.

Gli fa eco Enrico Ascheri, responsabile scouting del Genoa: «Gli insulti al derby a Bogliasco sono stati osceni, ma la colpa è dei genitori e non della squadra di casa. Come all’estero, anche noi stiamo pensando di integrare il supporto dello psicologo anche per i genitori che, di solito, sono coloro che subiscono un trauma maggiore in caso di mancata conferma del figlio. Per fare il calciatore ci vuole cervello e fisico; serve più integrazione scuola-sport, l’Italia è indietro rispetto ad altri paesi, come quelli nordici».

Ascheri spiega il segreto del settore giovanile del Genoa: «La continuità e il dna che ha creato Michele Sbravati negli ultimi vent’anni di gestione, anche con ragazzi locali come El Shaarawy. L’Italia riconosce i nostri “miracoli” senza un centro sportivo: sono iniziati i lavori del convitto privato alla badia di Sant’Andrea, la società si sta impegnando ogni giorno per trovare nuove aree per i campi. Visioniamo molte leve assieme al direttore Sbravati: dai 2017 fino ai Primavera. Il nostro principio è l’eccellenza (atletica, fisica, tecnica, visione di gioco, ecc.): ne basta una per prendere un calciatore, se ne ha due non c’è neppure da pensarci».

Sull’innesto di mister Criscito: «Il suo impatto ci aiuta a competere con i top club d’Italia quando si tratta di convincere dei ragazzi a venire da noi. Domenico si è calato nella parte tecnica perché mentalmente aveva già deciso di allenare: è stata una scelta ponderata, poteva ancora giocare. L’Under 14 non è facile perché l’allenatore prova 7/8 calciatori nuovi a settimana. Nel calcio giovanile – prosegue Ascheri – serve avere una visione in avanti di almeno sei anni e stare al passo con i cambiamenti regolamentari che in futuro porteranno a un aumento del numero dei gol nelle partite».

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