COSA VA/COSA NON VA: di silenzi, di leggerezze, di peggio in peggio

Senza voler prendere in giro nessun lettore genoano, proviamo a identificare con lucidità quali sono le zone di luce e ombra di questo Genoa giunto alla quarta sconfitta consecutiva tra campionato e Coppa Italia. Era l’occasione d’oro per il Grifone, era il miglior biglietto da visita per Gasperini per presentarsi a gennaio al cospetto di […]


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Senza voler prendere in giro nessun lettore genoano, proviamo a identificare con lucidità quali sono le zone di luce e ombra di questo Genoa giunto alla quarta sconfitta consecutiva tra campionato e Coppa Italia.

Era l’occasione d’oro per il Grifone, era il miglior biglietto da visita per Gasperini per presentarsi a gennaio al cospetto di Preziosi per parlare d’affari: tutto sfuma contro l’Alessandria, club gemellato capolista nel Girone A di Lega Pro.

L’imbarazzante risultato del “Ferraris” scopre i nervi di una squadra fragile in ogni reparto, senza personalità e incapace di lasciarsi alle spalle il 2-1 patito contro il Carpi. Non tutto è perduto poiché nelle ultime due gare il Grifone ha creato almeno tredici palle gol e dal punto di vista tattico – almeno – i segnali inducono a un flebile ottimismo.

COSA VA

La costruzione del gioco – Non è ancora il Genoa di Gasperini ma la mano del tecnico si vede in termini d’atteggiamento: la squadra è sempre propositiva, gioca sempre per vincere, a volte con un atteggiamento scriteriato si dimentica di difendere dei punti virtualmente acquisiti. Contro l’Alessandria, i rossoblù hanno creato diecioccasioni pericolose ma solo una di queste è entrata in rete: 41’ e 68’ (Pavoletti), 69’ e 84’ (Figueiras), 90’ (Ntcham), 103’ (Gakpé), 105’ (Perotti), 111’ (Rincón) e 120’ (Lazović).

La risposta di Diego – Dopo le tre giornate comminate dal giudice Tosel e il ricorso della società, Perotti ha capito che il club lo vuole difendere: l’argentino ha ripagato con settanta minuti di qualità alta all’inizio, altissima nel finale quando ha giocato pià vicino alla porta. Tornerà in campo a gennaio, sicuramente dopo il Derby. La sensazione è che stavolta abbia capito la lezione.

COSA NON VA

Le leggerezze difensive e poca cattiveria – Sempre più numerose, stanno annichilendo quanto di buono fatto nei primi tre mesi di stagione. I difensori giocano come se le partite durassero ottantacinque minuti, oppure centoquindici, come stasera. Le vittorie e i pareggi conquistati negli ultimi secondi (Torino, Chievo, Sassuolo) hanno svuotato la squadra della cattiveria necessaria per tenere botta fino al triplice fischio, qualcuno non è più umile come prima.

Sconfitta con un avversario in dieci – Quaranta minuti di superiorità numerica non sfruttati. Passino le due categorie di differenza, azzerate dal momento del Genoa e dalla voglia matta dell’Alessandria, ma in undici contro dieci (nove se si esclude il k.o. finale di Manfrin) il Grifone doveva chiudere la gara nel primo tempo supplementare. È forse il dato peggiore della partita.

Il silenzio – Un toccasana utile a far imbufalire una piazza in subbuglio per le incertezze societarie e i magri risultati del campo. I genoani vogliono risposte, mica silenzi: vogliono spiegazioni, mica bocce cucite; vogliono chiarezza sul futuro della loro squadra. I silenzi sono così ampi che possono nascondere qualsiasi cosa e lasciare spazio alle più disparate speculazioni.

Alessandro Legnazzi

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