Gianni Brera, un letterato prestato al calcio: Enrico Ruggeri la racconta alle 15.30 su Radio 24

“Neanche noi ci rendiamo conto di quante parole usiamo, soprattutto nel calcio, che sono state inventate da lui" spiega il celebre cantautore nel programma "Il Falco e il Gabbiano"

Gianni Brera (Wikipedia)

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

Neanche noi ci rendiamo conto di quante parole usiamo, soprattutto nel calcio, che sono state inventate da lui. Fuorigioco, pressing, rombo di tuono: ci sono un sacco di espressioni che sono state coniate proprio da Gianni Brera”. Così Enrico Ruggeri anticipa in video (link) la puntata de Il Falco e il Gabbiano in onda alle 15.30 su Radio 24 e dedicata a colui che Ruggeri definisce “un grandissimo scrittore, un letterato, prestato al calcio”.

Nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, Giovanni Luigi Brera si definiva lui stesso “padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. Figlio legittimo del Po”. Spedito dal padre a studiare a Milano, Gianni ne approfitta per iniziare a giocare a calcio, nelle giovanili del Milan. Ma in famiglia sono preoccupati. Tanti sacrifici per ritrovarselo calciatore non va bene e così lo mandano “a zoccolate”, come dice lui, a finire il liceo a Pavia. Lui rinuncia al calcio, per amor di famiglia, e dopo la maturità s’iscrive anche all’Università, a Scienze Politiche, giocando solo di tanto in tanto “non per istinto guerriero – come tiene a precisare – ma per fare la doccia due o tre volte alla settimana, cosa che non era possibile nella vecchia pensione universitaria”.

Ma il primo amore, si sa, non si scorda mai e così dell’esperienza calcistica del Milan gli rimane comunque qualcosa: inizia a scrivere dei piccoli articoli per un settimanale sportivo, poi un altro e poi un altro ancora. A 18 anni fa un salto di qualità e inizia a collaborare con il Guerin Sportivo. È la terza firma del giornale, e infatti scrive solo della serie C, ma inizia a farsi già notare. Usa uno pseudonimo, Gibigianna, che significa scintillio, quel baleno che la luce riflessa fa sull’acqua, quella del suo Po. Sono gli inizi, ma sono inizi significativi che porteranno a una carriera che fin dalle prime battute si preannuncia non solo brillante, ma soprattutto innovativa.

Divenuto uno dei direttori della Gazzetta a soli trent’anni, il più giovane direttore mai avuto fino a quel momento, Gianni Brera ha introdotto molte importanti novità. Pretende che la tecnica sia al centro degli articoli. Con lui nasce la critica alla partita, la capacità del giornalista di valutare il gioco e le tattiche, riuscendo al tempo stesso a descriverle in un italiano all’altezza. Risalgono a quel periodo le sue divisioni in “amanuensi” e “dannunziani” per definire i giornalisti sportivi dell’epoca e cioè quelli che ne sapevano di tecnica, spesso perché erano stati a loro volta atleti, ma non avevano un vocabolario adeguato, e quelli che invece avevano gran cultura letteraria, ma poca comprensione delle tattiche di gioco. Brera coniugava invece le due qualità e pretendeva giustamente che i suoi collaboratori fossero capaci di tale compito.

Brera era tifoso del Genoa: suo è il soprannome “Vecchio Balordo” dato al Grifone. Inoltre possedeva il documento ufficiale di costituzione del club più antico d’Italia, risalente al 7 settembre 1893. Dopo la sua morte il documento è stato ritrovato fra le carte del celebre giornalista e riconsegnato dalla famiglia del giornalista al Genoa, che lo ha esposto nel Museo della Storia del Genoa nella sede della Fondazione Genoa al Porto Antico a Genova.

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.