4 maggio 1949 – 4 maggio 2017: il Grande Torino

Il sogno spezzato della squadra più forte del mondo

Il Grande Torino 1948-1949 (da wikipedia)

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Erano passate le 17 da qualche minuto quando il cappellano della basilica di Superga raccolse un documento d’identità tra i detriti e i resti della fusoliera. Lo aprì con delicatezza, come se stesse maneggiando un Vangelo. Con il polpastrello del pollice sinistro pulì la fotografia madida di terra e polvere, mentre l’altra mano tremante occultava il nome. Le lacrime gli rigarono il viso quando riconobbe Valerio Bacigalupo. «L’é al Turín!» esclamò.

Era il Torino. Il Grande Torino. La squadra più forte del mondo, quella che poteva ribaltare il punteggio contro chiunque, in un quarto d’ora. Al tempo non si parlava di remuntada. Il segnale lo lanciava Oreste Bolmida, un ferroviere granata che frequentava la tribuna, suonando tre squilli di tromba: Mazzola, da vero leader, si arrotolava le maniche e tutti lo seguivano. E il Torino vinceva. Sempre.

L’ultima partita di quella favolosa squadra fu organizzata a Genova, forse di fronte a un bicchiere di pigato o di vermentino. L’Italia aveva ramazzato 4-1 il Portogallo, facile con quelli lì. Valentino Mazzola strinse amicizia con Francisco ‘Chico’ Ferreira: il capitano lusitano gli propose un’amichevole tra club a Lisbona, Benfica-Torino. Indro Montanelli scrisse che da quel 4 maggio 1949 il Grande Torino restò per sempre “in trasferta“. Splendido modo per dire che quei ragazzi, quei dirigenti, quei giornalisti non sarebbero mai più tornati.

Bagicalupo, A. Ballarin, D. Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert; Agnisetta, Civalleri, Bonaiuti; Erbstein, Lievesley, Cortina; Casalbore, Tosatti, Cavallero; Meroni, D’Inca, Biancardi, Pangrazi.

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