Due pesi e due misure

«Era già tutto previsto…» cantava Riccardo Cocciante. E così è stato, miei cari amici genoani da Boccadasse al Mato Grosso. I fulmini della giustizia sportiva, guidati dal solito criterio “due pesi e due misure”, si sono abbattuti sul Genoa dopo la gara con la Roma: quattro giornate a Perotti, una Perin, “graziato” per fortuna Gasperini, […]


Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

«Era già tutto previsto…» cantava Riccardo Cocciante. E così è stato, miei cari amici genoani da Boccadasse al Mato Grosso. I fulmini della giustizia sportiva, guidati dal solito criterio “due pesi e due misure”, si sono abbattuti sul Genoa dopo la gara con la Roma: quattro giornate a Perotti, una Perin, “graziato” per fortuna Gasperini, mentre nella Roma Garcia ha avuto soltanto due giornate di stop e, udite, soltanto una a Holebas.

Oltre alle sanzioni ingiuste e sproporzionate nei confronti del Genoa, voglio evidenziare un altro aspetto di questi provvedimenti del giudice sportivo. Il comma dell’articolo 35 del codice di giustizia sportiva riporta testualmente: «Per le gare della LNP, limitatamente ai fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernenti l’uso di espressione blasfema, non visti dall’arbitro, che di conseguenza non ha potuto prendere decisioni al riguardo, il Procuratore federale fa pervenire al Giudice sportivo nazionale riservata segnalazione entro le ore 16.00 del giorno feriale successivo a quello della gara». Ho volutamente sottolineato l’espressione “gravemente antisportiva” poiché una condotta di questo tipo è quella tenuta dal giocatore romanista Ljajic che ha simulato di aver ricevuto un fallo da De Maio poco prima del limite dell’area di rigore genoana, tuffandosi in avanti: tutto questo non è stato rilevato dall’arbitro Banti che nel caso in cui il difensore rossoblù lo avesse commesso davvero avrebbe dovuto ammonirlo. Lo stesso articolo recita che costituisce condotta gravemente antisportiva «la evidente simulazione da cui scaturisce l’assegnazione del calcio di rigore a favore della squadra del calciatore che ha simulato». Tradotto in parole povere: se la simulazione non è avvenuta in area di rigore e l’arbitro non ha visto non sussiste da parte degli ispettori federali il dovere di segnalarlo al giudice sportivo e passa tutto in cavalleria. Il codice non punisce altri tipi di simulazione. Dunque i «principi di lealtà, correttezza e probità», enunciati all’articolo 1 dello stesso codice, valgono solo in modo limitato. Trovo questa disposizione davvero singolare: simulare un fallo dovrebbe essere sempre e comunque un atteggiamento scorretto e il giocatore che l’ha commesso deve essere punito. E peccato che dal mancato intervento dell’arbitro sia poi scaturita l’azione del gol della Roma: un bel danno, non c’è che dire.

Altra osservazione: il calcetto dato da Totti a Bertolacci a terra sotto gli occhi dell’arbitro non costituisce condotta violenta? Oppure era una gesto d’affetto? Comunque sia, è strano che non siano intervenuti gli ispettori federali a segnalare questo esecrabile episodio al giudice sportivo: è sempre l’articolo 35 che lo prevede. Però per Perotti la prova tv e la segnalazione degli 007 federali sono scattate in modo solerte: due pesi e due misure.

Marco Liguori

RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO CONSENTITA SOLO PER ESTRATTO PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: WWW.PIANETAGENOA1893.NET

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.