Pietro Pellegri: da Torino a Torino, un anno dopo

Il ragazzo genovese e genoano ha coronato il sogno degli adolescenti che amano il calcio. Oggi pomeriggio torna nello stadio dove tutto ebbe inizio

Pietro Pellegri, genovese e genoano (foto di Tanopress Genoa)

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

Da Torino a Torino, il (lungo) viaggio di Pietro Pellegri compie un anno. Era l’antivigilia del Natale scorso quando il genovese e genoano compì il sogno di ogni ragazzo: debuttare in prima squadra con la maglia più antica d’Italia. Chissà quanti adolescenti, da Genova a Trieste, da Palermo ad Aosta, avranno fatto il tifo per quel ragazzone dai tratti ancora inevoluti, dai lineamenti del viso e del corpo in attesa del definitivo sviluppo. Pellegri era bambino quando Juric fece un cenno ad Alberto Corradi e il vice del tecnico croato gli parlò semplicemente: «Pietro, tocca a te». Quella sera il libro della storia del calcio italiano fu aggiornato con l’incipit di un nuovo capitolo.

Un anno dopo riecco Pellegri in prima squadra. Il Genoa ha deciso di tenerlo in pianta stabile e di farlo allenare quotidianamente al Signorini con i più grandi, talmente grandi che molti di loro potrebbero essere suo padre. Pietro ha stretto una forte amicizia con Palladino, visto al contempo come un saggio del mestiere e un fratello maggiore. Nel corso dell’anno Pellegri ha condiviso momenti esaltanti, su tutti il gol alla Roma e la doppietta alla Lazio, ad altri che gli hanno tolto il sorriso per qualche giorno, come il primo infortunio.

A quell’età ti senti invincibile. E’ vero, è strano. A sedici anni non sai neanche come il mondo sia fatto che all’improvviso te lo ritrovi sulla soglia della porta, intento a bussare a casa tua. E tu che fai, non apri? Per fortuna che alle spalle di Pellegri c’è il team maneger del Genoa che capisce prima di tutti se fare il padre o il collega di lavoro: talvolta la scelta è difficile e dolorosa. La strada è lunga e possono servire da monito le parole di Allegri: «Dopo nemmeno mezz’ora in campo i giovani vengono definiti come il futuro del calcio italiano, quando invece anni fa servivano cento presenze». Da Torino a Torino, tutto torna.

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.