Sei anni fa mi trovavo come turista nell’isola toscana di Pianosa, sede per oltre un secolo e mezzo (dal 1856 al 2011) di un penitenziario. Mentre mi aggiravo in una sala in cui un pannello descriveva i quasi quattro anni di detenzione come avversario politico del fascismo del futuro presidente della Repubblica Italiana, Alessandro “Sandro” Pertini, da venerdì 13 novembre 1931 a venerdì 6 settembre 1935, la mia attenzione venne catturata da un’immagine che si trovava incorniciata dietro a un vetro purtroppo non antiriflesso (come si può vedere dai rimbalzi di luce e di ombre nella fotografia da me effettuata): si vedeva “Mariolino” Corso, vestito da calciatore con una maglia incredibilmente rossonera (i colori del Milan, la storica rivale dell’Internazionale, la squadra in cui visse le stagioni più luminose della sua gloriosa carriera), attorniato da una serie di (quasi sicuramente) detenuti con la maglia del Napoli (rappresentato dal suo simbolo, l’asinello, in carne ed ossa e bardato di un vessillo azzurro) ed affiancato dal direttore della colonia penale, nonché del carcere di La Spezia, dottor Massimo Masone, che sarebbe stato ucciso sabato 24 agosto 1974 dall’ergastolano Salvatore Gadoni, e da Raoul Ghiani, l’uomo riconosciuto colpevole del delitto avvenuto a Roma mercoledì 10 settembre 1958 di Maria Martirano, su commissione del marito Giovanni Fenaroli, che venne condannato come l’autore materiale del muliericidio all’ergastolo al termine di processi che appassionarono l’opinione pubblica italiana.
Non si sa a quando risalga la fotografia (si potesse conoscere, il particolare più interessante sarebbe quello di stabilire, vista la maglia indossata dal «piede mancino di Dio», se fu scattata quando era già passato al Genoa) né il risultato (davvero irrilevante!) della partita, ma resta, comunque, un’importante testimonianza di umanità da parte del campione che ci ha appena lasciato quella di un «divo» degli stadi che va su un’isola sperduta nel Mar Tirreno a passare una giornata con detenuti che avevano commesso gravissimi reati per regalare – giocando assieme a loro a calcio – un momento di felicità a chi aveva un pesante conto da saldare con la giustizia.
Stefano Massa