Quando il 21 dicembre di 101 anni fa il Genoa espugnò il “Campo del Torino”

Domenica 21 dicembre 1913 si disputò a Torino un incontro di grande importanza nel Girone Ligure-Piemontese, che, anche se inserito alla prima giornata di ritorno, risultava quasi decisivo per la qualificazione (riservata a due sole squadre) a quello Finale: Torino-Genoa. All’andata il Genoa aveva pareggiato con i granata per 3-3 il primo dei due soli […]


Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

Domenica 21 dicembre 1913 si disputò a Torino un incontro di grande importanza nel Girone Ligure-Piemontese, che, anche se inserito alla prima giornata di ritorno, risultava quasi decisivo per la qualificazione (riservata a due sole squadre) a quello Finale: Torino-Genoa. All’andata il Genoa aveva pareggiato con i granata per 3-3 il primo dei due soli incontri interni del suo girone d’andata (l’altro era stato il derby, vinto 1-0, con l’Andrea Doria). Dopo la vittoria per 3-1 ad Alessandria gli uomini dell’inglese «Mister» William Thomas «Billy» Garbutt erano riusciti per la prima volta ad uscire indenni da una trasferta a Vercelli (pareggio a reti bianche con i campioni d’Italia), ma nelle due domeniche successive prima avevano subito uno 0-2 a Casale Monferrato dalla formazione nerostellata che avrebbe conquistato il titolo nazionale e poi erano stati sorprendentemente fermati nella città della Torretta sull’1-1 dalla Fratellanza Ginnastica Savonese. Quindi l’alta classifica vedeva disposti in fila indiana al termine del girone d’andata il Casale con 16 punti, la Pro Vercelli con 15, il Torino con 14 e il Genoa con 13.

Nell’incontro a Torino, giocato di fronte ad oltre duemila spettatori con nutrita rappresentanza del «gentil sesso» e dei rumorosi tifosi ospiti, nonché dei membri della Commissione Tecnica della Nazionale Italiana (formata da Umberto Meazza, Nino Resegotti, Ugo Rietmann, Gioacchino «Nino» Armano I ed Edoardo «Dadin» Pasteur I e completata dall’arbitro della partita, Vittorio Pedroni II di Milano, che volevano visionare i giocatori da selezionare per la partita amichevole, poi pareggiata 0-0 alla “Civica Arena” di Milano domenica 11 gennaio 1914, contro l’Austria), nello stadio sito nella parte di Piazza d’Armi all’incrocio di corso Stupinigi con corso Sebastopoli, i granata di Vittorio Pozzo andarono in vantaggio dopo due minuti di gioco con un’azione in velocità innescata da Biagio Goggio, proseguita con una fuga e un traversone sul settore di destra da Giovanni D’Auria, rifinita da Francesco «Cisco» Mosso I e finalizzata con una gran botta da pochi metri da Eugenio Mosso III (ai due fratelli italo-argentini e agli altri due che vestirono la maglia del Torino, Cesare e, il più giovane di tutti, Giulio, è stato dedicato da Massimo Ellena il libro appena uscito Pionieri del Torino. La leggenda granata dei fratelli Mosso). Al 23’, dopo alcune pericolose azioni genoane, in una controffensiva che portò i granata a un passo dal raddoppio l’estremo difensore svizzero degli ospiti Max «magister elegantiarum» Surdez ricevette una violenta pallonata in pieno volto, proveniente da un tiro di Mosso I, che lo stordì al punto da fargli abbandonare per qualche minuto il terreno di gioco. Pochi minuti dopo il centravanti scozzese del Genoa John Wylie «l’uomo che ride» Grant approfittò di una respinta del portiere Umberto Pennano su tiro di Luigi Benvenuto I per sospingere con il petto in porta il pallone e ristabilire la parità.

Nella ripresa il Genoa approfittò del fatto che i padroni di casa avevano D’Auria menomato a seguito di un duro contrasto per imporre la loro supremazia territoriale che si concretizzò solamente a due minuti dal termine per un calcio di rigore provocato da un tiro dell’inglese Percy Grahame «Polidor» Walsingham (quel giorno sceso in campo con una maglia completamente bianca, a differenza dei compagni, che avevano su ciascuna delle loro la fascia orizzontale rossoblù), ribattuto da una deviazione di mano di Goggio ritenuta volontaria da Pedroni II (il quale, in precedenza aveva interrotto il gioco per alcuni minuti durante le spettacolari quanto pericolose evoluzioni del velivolo guidato dal ventitreenne aviatore Armando de Dominicis, che aveva fatto una sorta di «inchino» al pubblico, scendendo a soltanto una quarantina di metri sopra il terreno di gioco), e trasformato da capitan Grant. Dopo quel fondamentale successo il Genoa avrebbe vinto tutte le altre otto partite del girone di ritorno, qualificandosi con il Casale al Girone Finale.

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerca e Storia del Museo della Storia del Genoa)

RIPRODUZIONE DELL’ARTICOLO CONSENTITA SOLO PER ESTRATTO PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: WWW.PIANETAGENOA1893.NET

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.