Preziosi, processo ultrà: «Subii pressioni dalla tifoseria organizzata»

L'ex patron: «Altro che Daspo, certe gente doveva andare in galera»

Preziosi Capozucca Genoa Zarbano
Enrico Preziosi e Alessandro Zarbano (Foto Genoa cfc Tanopress)

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Enrico Preziosi è stato ascoltato in qualità di testimone nel corso del processo che vede alcuni ultrà del Genoa essere accusati di presunte estorsioni. Nell’aula del tribunale di Genova, l’ex patron del club di Villa Rostan ha così risposto al pm Francesca Rombolà e dell’aggiunto Francesco Pinto: «C’erano pressioni della tifoseria organizzata. Gente a cui non andava dato il Daspo, andavano messi in galera. A loro, del Genoa non interessava niente: le contestazioni servivano solo per esprimere la propria forza e provare poi a incassare denaro».

Ripreso da TGR Liguria, Preziosi si è poi soffermato – senza troppi «non ricordo» che invece hanno distinto le deposizioni altri testimoni – su alcuni episodi del passato. Il primo risalente al 2005, la celeberrima Genoa-Venezia: l’allora presidente incontrò Massimo Leopizzi, uno dei quindici imputati, in un ristorante e tenne con lui una discussione concitata e registrata da altri ultrà registrarono. «Tentarono di incastrarmi per farmi dire che avevamo comprato delle partite» sostiene Preziosi. In quell’occasione, Leopizzi gli avrebbe detto: «Qui comando io». «Allora paghi lei gli stipendi» rispose Preziosi prima di andarsene dal locale.

Il secondo episodio, stavolta nel 2010, lo racconta in aula lo stesso Preziosi. Qualcuno gli riferì di un debito da 200mila euro di Omar Milanetto, allora calciatore del Genoa, con un tifoso: «Mi fecero capire che se avessi pagato io, non ci sarebbero state conseguenze fisiche su Milanetto». Preziosi ha però detto di essere stato all’oscuro dell’oggetto del processo, fin quando non sono iniziate le indagini: secondo l’accusa, l’estorsione sarebbe avvenuta tramite una triangolazione di società che fornivano steward e hostess allo stadio Ferraris. Sempre stando all’accusa, in questo modo avrebbero estorto al club oltre 310mila euro tra il 2010 e il 2017. «Di queste cose non me ne occupavo io da presidente» ha sottolineato Preziosi, che vuole chiarire questo aspetto con l’ex amministratore delegato Alessandro Zarbano. «Ero all’oscuro di tutto. A differenza mia che vivevo a Milano, Zarbano viveva a Genova e aveva un po’ di paura» chiosa Preziosi.

Le parole di Preziosi ai giornalisti, riprese da TGR Liguria: «Certi personaggi non dovrebbero entrare nel mondo dello sport, purtroppo ci entrano per vie traverse e vengono osannati o comunque influenzano migliaia e migliaia di pressioni. Ho lasciato ampie deleghe a Zarbano perché facevo l’imprenditore per il mondo, e non a Genova. Chi vive a Genova è sottoposto a pressioni giornaliere e non può pensare di avere lo stesso comportamento di chi vive a Milano: quindi, certi comportamenti posso anche giustificarli».

A Repubblica, aggiunge, sui possibili anticorpi contro gli ultrà presenti attualmente nel Genoa: «Con l’avvento delle società straniere forse il problema è più attenuato perché questi non riuscirebbero a comprendere la ragione di tenere relazioni con la tifoseria».

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