Peccato: non ci voleva lo stop per il Genoa, ma le sconfitte, se ben gestite, sono salutari

Primo tempo regalato al Monza. Poi nella ripresa si è rivisto il Grifone di sempre: il terzo gol dei brianzoli è sicuramente immeritato e anche un po’ fortunoso

Sirianni Preziosi
Vittorio Sirianni

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Peccato: non ci voleva. Gilardino aveva detto di essere “incazzato” dopo Milano e che ci sarebbe stata nei suoi una «energia positiva».
Bene, il primo tempo è stato senza incazzature e senza energia. Zero assoluto, regalto completamente ai monzesi, due gol da incubo tanto i rossoblù sono stati ingenui.
Pioggia temporalesca, campo pesante, tifosi bagnati da una strana incredulità, possibile che un Genoa così si stesse comportando in tal modo?
Per fortuna è arrivato il secondo tempo: Gilardino dopo aver sbagliato quasi tutto nella prima frazione (fasce laterali lasciate come praterie agli avversari, blocco psicologico di una difesa che mancava dei suoi uomini migliori, Vasquez e Martin) è tornato ai ripari e infatti si è rivisto il Grifone di sempre, che ha preso in mano la partita, ha costretto gli avversari a difendersi soltanto, due gol meritati, il rigore trasformato da Gudmundsson, dopo la ribattuta del portiere Di Gregorio, e poi il gioiello di Vitinha col sinistro che ha saputo dove depositare il pallone (da grande realizzatore).
Nessuno, a questo punto, ha pensato che il Grifo potesse perdere, tanta era la foga e la ricomposizione tattica riproposta dal tecnico. Anzi, ad un certo punto, si è avuta la sensazione che poteva anche arrivare la vittoria. Ma il calcio è un terribile fatto “paranormale” e così ecco il terzo gol monzese, realizzato da Maldini, sicuramente immeritato e anche un po’ fortunoso che comunque ha dato i tre punti a un Monza che ha fatto la sua dignitosa prestazione.
La gara è stata piacevole ed ha rivelato due squadre (per il Genoa parliamo solo del secondo tempo) ben costruite, tatticamente ben impostate con due tecnici che hanno letto e sanno leggere bene le gare. Proprio Gilardino con i cinque cambi, che a molti sono sembrati eccessivi, ha risolto il problema tattico, così come i cinque cambi di Palladino avevano sortito lo stesso effetto.
Forse dei cinque cambi rossoblù si potrebbe dire che alcuni di loro non erano proprio in forma come i sostituti che avevano nelle gambe due giorni di allenamento in meno e poi mancavano, come si diceva, di alcuni compagni indispensabili.
Col senno di poi, naturalmente, si potrà fare qualsiasi commento, a cominciare da un eventuale cambio di modulo rispetto a quello consueto del tecnico (3-5-2), così come in attacco che pur ha giocato con grinta offensiva, manca una specie di “bomber forte” perché, si è detto, Retegui è un giocatore che aiuta, che si muove bene, cerca il gol, mentre un uomo-gigante (leggi Djuric) farebbe al caso Genoa. Anche se quel Vitinha, dopo quel gran gol, potrebbe essere lui l’uomo forte là davanti al fianco di Retegui. Ma ciò comporterebbe per il tecnico un mutamento tattico. Ripetiamo, queste sono soltanto idee, che si fanno con gli amici al bar. La verità è che, questa seconda sconfitta (dopo quella con l’Inter) è abbastanza amara, ma non deve impressionare più di tanto.
Però si dovrà stare molto attenti, perché a volte il calcio gioca brutti scherzi: il Genoa ha inanellato nove partite senza perderne una, ma nel calcio può succedere anche il contrario.
Se rimandiamo al Genoa di anni fa, ricordiamo certe “discese” in classifica con finali al cardiopalma. Ovviamente non è la situazione di oggi, ma bisogna stare all’erta, non trionfare troppo dopo aver quasi battuto i campioni d’Italia del Napoli e, soprattutto, non si dovrà sottovalutare alcune avversarie.
Le sconfitte, se ben gestite, sono salutari.
Vittorio Sirianni

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