GRIFO D’ATTACCO – Genoa, stagione da grande a straordinaria nelle prossime tredici gare

I rossoblù giocano un calcio efficace, intenso, che riduce la libertà d'espressione dell'avversario

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Beppe Nuti, giornalista di Telenord

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Il Genoa sfiora il colpaccio a Napoli: la squadra di Gilardino sfiora la vittoria sul campo dei campioni d’Italia. Parleremo del momento rossoblù con Beppe Nuti, giornalista di Telenord, nella 337ª puntata della rubrica di Pianetagenoa1893.net “Grifo d’Attacco”.

Contro le prime nove in classifica, il Grifone ha perso solo con Fiorentina, Atalanta e Milan. «Sino a pochi mesi fa, per il Genoa sarebbe stato inimmaginabile perdere soltanto nel finale con l’Atalanta, la squadra più in forma del campionato, e concedere il pareggio al Napoli allo scoccare del 90′. Grazie a un gruppo straordinariamente coeso che ha tolto verticalità agli avversari e concesso loro qualche conclusione dalla distanza, i rossoblù incassano un’altra grande prova contro una big: i primi difensori del Genoa sono stati gli attaccanti, soprattutto Retegui che è stato autore di una partita superlativa. Al “Maradona” hanno sfigurato due elementi, l’arbitraggio e Mazzarri: è incredibile l’errore di Sacchi nel rilevare d’ufficio il fuorigioco di Vitinha, in luogo del fallo sul portoghese sbandierato vistosamente dall’assistente, che anticipa il pareggio di Ngonge. Sarebbe stata punizione e sviluppo dell’azione per il Grifone oltre il recupero».

Invece, per Mazzarri passano gli anni ma non il solito vezzo. «Quello di non riconoscere il merito avversario, esercizio di scarsa intelligenza. Il mister è stato poco sportivo e offensivo quando ha parlato del “pullman” del Genoa davanti a Martinez, e anche del 5-5-0 adottato da Gilardino. Il Napoli ha un grande organico ma il Grifone, che l’ha costretto al pareggio sia all’andata che al ritorno, è stato alla sua altezza: non a caso, al termine della partita il popolo partenopeo ha fischiato sonoramente gli Azzurri. La supremazia territoriale, peraltro intravista da Mazzarri, è stata vacua e improduttiva, forse figlia della confusione – che parte dalla società – e dell’accavallamento di una pletora di attaccanti gettati nella mischia con un’avemmaria. Badelj ha regnato, Frendrup ha inferto una coltellata che ha ricordato il peso dei gol dei centrocampisti. Il Genoa ha vinto la partita dei duelli: Bani e Retegui su Simeone e Ostigard, Sabelli e Vasquez hanno tenuto Kvaratskhelia (mvp della scorsa Serie A) e Politano».

Qual è stato il merito di mister Gilardino? «La trovata di Messias alla mezz’ala, provato con esito positivo già con il Torino, è stata la mossa giusta: se trova continuità, il brasiliano è il giocatore d’inserimento che manca alla mediana. Adesso il tecnico ha grande possibilità di scelta qualitativa – ieri si sono seduti in panchina calciatori come Malinovskyi, Strootman e Vitinha – e può preparare con maggiore serenità le prossime 13 partite che possono trasformare la stagione da grande in straordinaria. Non so quando ci sarà il vertice con la società, ma il futuro deve essere chiaro: obiettivo (già anticipato da Blazquez), strategia e mercato. Gila deve continuare a fare Gila, restare autentico, e non fare comparazioni con altri tecnici appartenenti a paesi di diversa cultura calcistica dove, in primo luogo, la sconfitta non è una tragedia e il ruolo di chi scende in panchina ha una forte influenza nel mercato essendo costui manager, e non solo trainer».

L’Udinese rischia una stagione fallimentare? «Sì, nonostante abbia pescato il jolly a Torino che, almeno moralmente, vale doppio. Stiamo parlando di una squadra molto fisica e, contrariamente al passato, dotata di poche eccellenze: Samardzic, il sempreverde Pereya e Nehuen Perez. Già all’andata il Genoa è stato superiore all’Udinese, salvo rovinare il lavoro con le proprie mani a ridosso della fine con un’autorete evitabile. I rossoblù vivono nella condizione di disputare una partita serena davanti al proprio pubblico, senza l’assillo della vittoria a tutti i costi; bando agli scongiuri, il Genoa è già salvo. Lasciamo fare a Gilardino, la cui cognizione calcistica è sempre più chiara a tutti: il Grifone gioca un calcio efficace, intenso, che riduce la libertà d’espressione di qualsiasi avversario».

Alessandro Legnazzi e Beppe Nuti

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