GRIFO D’ATTACCO – Genoa, maledetti cambi: dilapidato un capitale nei finali

I rossoblù perdono a Monza una partita che avevano in mano

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Beppe Nuti, giornalista di Telenord

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Il Genoa grazia il Monza sprecando due palle gol: allo U-Power Stadium decide, invece, la rete di Dany Mota su assist dell’ex Pedro Pereira. Parleremo del momento rossoblù con Beppe Nuti, giornalista di Telenord, nella 327ª puntata della rubrica di Pianetagenoa1893.net “Grifo d’Attacco”.

Il Genoa perde una partita che aveva in pugno, soprattutto nella ripresa. «Sì, è vero: la squadra di mister Gilardino conduceva l’inerzia del gioco e, nel proprio momento migliore, dava la sensazione di poter segnare al Monza da un momento all’altro. Invece, il gol concesso è grave peché nessun calciatore rossoblù spende un fallo tattico onde evitare la ripartenza avversaria e, successivamente, consente al subentrato Dany Mota di calciare indisturbato a difesa schierata in area di rigore. Il Monza ha sfondato sulla sua destra dove i segnali erano già chiari da qualche attacco; brutta la prestazione nelle due fasi di Haps cui, però, fa da contraltare l’ennesima buona prova di Sabelli. Al Genoa non è mancata solo la precisione sottoporta, ma anche il centrocampo: dalla sua assenza, speriamo non più di tanto prolungata, capiamo quanto sia preziosa la presenza tattica e di personalità di Strootman».

Quante volte Retegui può sbagliare nuovamente il gol a due passi da Di Gregorio? «Mai, perché il ragazzo ha grandi qualità e una voglia matta di stupire in Europa. L’errore è davvero clamoroso perché bastava deviare il cross, anziché imprimere ulteriore forza alla palla. La soluzione di potenza l’ha ricercata anche Dragusin, imbeccato splendidamente da Gudmundsson appena dopo il vantaggio dei padroni di casa, ma essendo Radu un difensore trovo normale che non sia andato tanto per il sottile: il suo modo di calciare è noto dal recente gol segnato al Verona. Gli episodi pesano e determinano le partite, così il Genoa cade nella quarta sconfitta esterna di fila. La porzione di calendario composta da sei sfide ravvicinate con squadre della parte destra della classifica, iniziata con la Salernitana, si chiude con due vittorie e un pareggio al Ferraris e tre sconfitte in trasferta».

A proprosito di trasferta: lì sovviene un problema di mentalità? «Penso sia una somma di fattori, non escluso quello psicologico. Mister Gilardino deve imparare a giocare con 16 uomini e le sostituzioni, ma la coperta è corta a causa di molti infortuni, e non solo: ci sono calciatori come Galdames, Martín ed Hefti, per citarne alcuni, che scompaiono e poi ricompaiono d’improvviso; alcuni uomini (Thorsby e Kutlu) sono sottotono e discontinui. Gli avversari hanno estratto sempre qualcosa dalla panchina nonostante le risorse non fossero così superiori a quelle genoane: penso ai gol-subentrati capitati contro Cagliari, Frosinone, Empoli e Monza. Il Genoa è una squadra che nei finali di partita ha dilapidato un capitale con 9 reti concesse nell’ultimo quarto d’ora più recupero: è una questione fisica, sì, ma anche di ordine tattico e di concentrazione. Non bado alla classifica a metà gara (che vedrebbe il Genoa terzo in classifica…) perché sportivamente inutile: è come se un maratoneta valutasse le proprie performance al 25º chilometro anziché al traguardo».

La Juventus è la peggiore inseguitrice per chi è in vetta: Allegri ha riproposto una nuova versione della “vecchia Signora di ferro”? «Sì, i bianconeri hanno trovato una quadratura con difensori notevoli come Gatti, che di testa è tra i più forti della Serie A, poi Bremer e Danilo. Questa Juve è una squadra fisica, strutturata in ogni reparto: le mezz’ali Rabiot e McKennie coprono tanto campo e consentono ai quinti di comporre un blocco basso davanti a Szczesny. Spero rientrino Bani, che sa comandare la linea di difesa e smussa le imperfezioni di Dragusin e De Winter, e anche Malinovskyi perché senza palla dà più copertura di Messias senza disperdere qualità. Spero che il Genoa regali una gioia ai propri tifosi che per l’ennesima volta renderanno il Ferraris un luogo rovente».

Alessandro Legnazzi e Beppe Nuti

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