Genoa, punto infranto all’ultimo: ora Gilardino può lavorare sull’identità

Contro il Toro bene solo la fase difensiva, sbadiglia l'attacco

Gilardino Genoa
Mister Alberto Gilardino (foto di Genoa CFC Tanopress)

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

Si è coperto ai primi di settembre come di solito si fa nei giorni della merla. Una doppia imbottitura, soprattutto nei minuti finali, come a Roma, che ha lasciato al Torino il buco di una gassetta, per dirla alla Govi. Lì dentro si è infilato lo scorbutico Radonjic, un talentuoso scioperante che non ha ancora capito nulla del suo potenziale, e l’ha incastrata nel sette a cento all’ora: da buon serbo indolente e riottoso che festeggia mimando il gesto del quà-quà-ra-quà a un membro della panchina granata, quel che era l’obiettivo di mercato del Genoa nel 2018 ne è diventato la sua nemesi. Il colpo inferto al Grifone è stato forte, a giudicare dal linguaggio del corpo di Martinez, steso manco fosse stato centrato da una pallottola. Forse Gilardino voleva andarsene in quel momento, anticipando la fine di un paio di futili minuti. Ha saggiamente atteso, prima di dileguarsi altrove.

La settimana non certo semplice del Gila termina lì, tra gli strepiti del mercato a torneo in corso («mi ha stufato») e il sentore di un pareggio in trasferta sfuggito all’ultimo. Stapperà un rosso piemontese per brindare all’inizio di un nuovo periodo. Il rammarico che filtra dalla fronte corrucciata e dalle parole del tecnico del Genoa è per aver perso contro un Toro di ventura – andrebbe bene anche la maiuscola – più che di Juric: inconcludente, privo del tradizionale spirito di lotta, l’impressione è che il club granata sia in attesa di compiere il salto verso l’alta borghesia del calcio dimenticandosi del proprio dna. Il Grifo delle prime tre partite, invece, ha dimostrato di avere in canna un solo gol ed è per questo motivo che mister Gilardino preferisce non smantellare la forte certezza della fase difensiva che l’anno scorso gli permise di raggiungere la promozione in Serie A.

Sarebbe curioso approfondire con il tecnico rossoblù il concetto appena accennato prima di giocare contro il Torino di «vulnerabilità tattica», da lui stesso inteso come intercambiabilità di uomini e di moduli: per il momento, di palesemente vulnerabile pare ci sia la fascia destra del Genoa che vive delle corse tutto cuore del solo Sabelli e un mercato che gli ha conferito appena due calciatori di movimento pronti all’uso, Malinovskyi e Retegui poiché proveniente da un campionato in atto. Gli altri, come aveva detto di Martin appena giunto in ritiro a Moena, sono uomini da portare in condizione. Benedetta sia la sosta per lavorare sull’identità di gioco, integrare gli ultimi arrivi e salutare con piacere il rientro in gruppo di taluni giocatori che nel corso della stagione potranno rivelarsi di fondamentale importanza. Anche quando ci sarà davvero da coprirsi come di solito si fa nei giorni della merla.

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.