Gianluca Rocco: «Consiglio cinematografico non richiesto»

Un commento al docufilm "Genoa Ovunque e Comunque" del direttore editoriale del quotidiano Libertà che ha visto il film al Cinema Ducale di Milano: presente il presidente Zangrillo

Genoa
La locandina del docufilm "Genoa comunque e ovunque"

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È difficile se non impossibile spiegare cosa significhi essere genoani a chi non lo è. Un tifoso di un’altra squadra (tranne ovviamente *quella* squadra) potrebbe intuirlo, ma solo chi fin da bambino viene preso per i piedi e immerso a testa in giù nel fiume rossoblù sa che quelle cinque lettere racchiudono un mondo.

Un mondo in cui il calcio, lo sport, la partita intesa come giuoco del pallone sono solamente appendici, perché essere genoani è più uno stile di vita, una serie infinita di rapporti personali che conserverai per sempre, un atto di fede, un amore che anche da lontano brucia, che si nutre di sconfitte e di frustrazioni, di piccole gioie e grandi voli pindarici, di una stella da sognare fin dal 1924.

Gianluca Rocco con Alberto Zangrillo alla proiezione al Cinema Ducale a Milano

È tuo nonno che ti porta sulle gradinate fredde dei distinti in un giorno di tramontana del 1985 raccontandoti di Abbadie, tuo padre che urla come un pazzo, la maglietta rossoblu sulla bara di tuo padre e la sua sciarpa al collo quando vai al cinema a vedere un film sul Genoa che avrebbe adorato, l’odore dei fumogeni e un paio di volte pure quello dei lacrimogeni. Gli amici, le chiacchiere, le ricerche compulsive per vedere chi abbiamo preso (o più spesso venduto).

Branco su punizione, Signorini che esulta per lo spareggio, lo spareggio, Pizzighettone-Genoa 3-3 a Cremona, la tripletta di Milito, i primi gol di Montella, Genoa-Cosenza retrocessi in C con lo stadio pieno, only One year, i rigori di Criscito, la coppia Tacchi-Marulla, le magliette con il Siena, il prof. Scoglio che muore in diretta parlando di Genoa, Gasperson, Gila in campo e a bordo campo. È Anfield Road, primi italiani a battere il Liverpool a casa sua in Europa e Genoa-Monopoli 0-2, vittorie, sconfitte, pareggi…

Utili orpelli di una vita segnata da quella che qualcuno chiama malattia, forse semplicemente una passione che ha a che fare con l’essere genovesi, con la propria città, che si tramanda di padre in figlio, capace di trascinare nel suo vortice in un momento anche perfetti sconosciuti. Non entrate al Luigi Ferraris a vedere una partita del Genoa se non volete ammalarvi. Non andate al cinema a vedere “Genoa comunque e ovunque” se non volete rischiare. Oppure andate comunque, perché racconta la storia di una passione e non una storia di sport. E guardandolo, si capisce la differenza.

Gianluca Rocco

Direttore editoriale del quotidiano “Libertà”

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