Gli errori pesano sulla schiena del Grifone. Taluni, come le frettolose scelte riguardo Ballardini e Piatek, sono un incubo che riecheggia ogni notte. Eppure non c’è verso di dimenticarli, soprattutto dopo una partita andata storta o un gol sbagliato. Dai sospiri per amore verso un allenatore ben voluto dalla maggioranza bulgara dei genoani e verso un attaccante da sogno, fino ai sospiri nostalgici. I peggiori perché non aiutano a crescere e costruire il domani. Il cambiamento del Genoa tra ottobre e gennaio ha annichilito in un colpo tifoseria e squadra, mai più tornati gli stessi per alterne motivazioni.
Prandelli deve centrare la salvezza in tali condizioni. Senza Piatek, che tra l’altro si è goduto poco e male complice i ronzii di mercato, e senza la parte calda del pubblico rossoblù nel clou della stagione, almeno fino a una settimana fa. Sicuramente esistono contesti lavorativi più sereni e altrettanto sicuramente Prandelli, riflettendo sul “sì” al Grifone a dicembre, non s’immaginava simili difficoltà. Non a caso il tecnico del Genoa ha più volte chiesto positività a una piazza in subbuglio a tal punto da non godersi a pieno la vittoria con la Juventus e la crescita smisurata di Romero. Gli innumerevoli errori della società hanno aumentato la preoccupazione ai bilanci tra i tifosi e un pericoloso senso di futuro incerto che soffoca il presente.
Già, gli errori. Quelli che commette ogni dirigente, allenatore e calciatore del pianeta. Anche se quelli di Preziosi sembrano sempre più smaccati degli altri colleghi. Forse perché i recenti, dalla licenza Uefa a Piatek, erano insanabili o non sono stati sanati nel modo opportuno. Ad esempio, bastava un attaccante esperto della Serie A – un vero n.9 – per segnare qualche gol in più dei quattordici del girone di ritorno (Piatek, da solo, ne ha fatti tredici in diciannove partite). Gli errori pesano sulla schiena del Grifone.