Focus su Cristian Ansaldi, il nuovo mancino per Gasperini

Niente Insúa, magari se ne riparlerà a gennaio, dentro Cristian Ansaldi. Abbiamo capito che a Gian Piero Gasperini piace avere uno spogliatoio ispanico dove il mate è bevuto prima del fischio d’inizio come la pozione magica di Panoramix e l’asado è la consacrazione della vittoria. La difesa, in modo particolare, è argentina con capitan Burdisso, […]


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Niente Insúa, magari se ne riparlerà a gennaio, dentro Cristian Ansaldi. Abbiamo capito che a Gian Piero Gasperini piace avere uno spogliatoio ispanico dove il mate è bevuto prima del fischio d’inizio come la pozione magica di Panoramix e l’asado è la consacrazione della vittoria. La difesa, in modo particolare, è argentina con capitan Burdisso, el Chiquito Muñoz e, da ieri, Ansaldi.

Classe 1986, nato a Rosario (la vera capitale del football argentino) come Leo Messi ma di origini italiane, cresce nel vivaio del Newell’s Old Boys prima di affrontare la grande spedizione russa: è in questo Stato che Ansaldi strappa un contratto faraonico da oltre due milioni di euro annui e si afferma come un difensore affidabile. Vince due campionati, una coppa e due Supercoppe di Russia, una Supercoppa di Spagna nella fugace – e sfortunata – esperienza all’Atletico di Madrid, senza tralasciare la prestigiosa Champions della Comunità degli Stati Indipendenti.

È un terzino sinistro naturale che spesso è stato impiegato anche a destra per sfruttare entrambi i piedi, ha molta esperienza internazionale ma a Madrid ha giocato pochissimo per un infortunio durato più di tre mesi. Non conosce la difesa a tre, dotato di buon passo sul lungo, forte di gamba quando entra in tackle o scivolata (l’incognita resta il sintetico che rallenta questa giocata difensiva), raramente crossa di prima intenzione perché cerca la finta con il primo stop: deve migliorare nel tiro perché con Gasperini i laterali di campo molte volte si avvicinano alla porta.

Ansaldi cerca riscatto in rossoblù dopo una brutta stagione in riva al Manzanarre: un domani potrà raccontare ai nipotini d’aver battuto il Barcellona al Camp Nou e visto da vicino la maestosità della Gradinata Nord.

Alessandro Legnazzi

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