ESCLUSIVA PG – Carlo Sciaccaluga: «Prima di ogni spettacolo invito gli attori a guardare le partite del Genoa»

Il celebre regista genovese, tifoso rossoblù, in questi giorni impegnato al Teatro Stabile di Catania, spiega i motivi di questo suo intento: «Perché capiscano quale sia il livello di empatia e di comunicazione che si creano fra squadra e tifoseria. Lo stesso voglio che si crei fra chi sta su un palcoscenico e chi è seduto in sala»

Carlo Sciaccaluga in piazza Duomo a Catania all’ombra del “Liotru”, emblema della città (Foto Pianetagenoa1893.net)

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Football e teatro, allenatore e regista: queste le parole chiave di due passioni apparentemente lontane fra loro ma che a breve legheranno indissolubilmente – per due settimane – Genova e Catania. I principali teatri delle due città di mare, infatti, proseguono la loro collaborazione in un progetto che unisce il Teatro Nazionale di Genova ed il Teatro Stabile di Catania per la messa in scena – in prima nazionale – de I racconti della peste (Los cuentos de la peste, edito nel 2005, nda), opera teatrale scritta dal Premio Nobel peruviano, naturalizzato spagnolo, Mario Vargas Llosa.
E cosa c’entra il calcio? Semplice: vi sono alcune somiglianze con la regia teatrale.
La messa in scena è stata affidata a Carlo Sciaccaluga (NDR: figlio del compianto Marco) – grande tifoso rossoblù, esperto di cose genoane e talvolta opinionista per Pianetagenoa1893.net – che da qualche giorno si è stabilito nella città dell’Elefante per l’allestimento del testo di Llosa. E proprio all’ombra del Vulcano, Pianetagenoa1893.net lo ha raggiunto per una chiacchierata a tutto tondo in un tiepido tardo pomeriggio di novembre.
Passeggiando fra il Duomo e Villa Bellini davanti all’edilizia tardobarocca che contraddistingue questa parte del capoluogo etneo, domando subito a Sciaccaluga: Genoa o teatro? «Difficile dirlo. Il teatro ed il Genoa sono due mie grandi passioni con la differenza che la prima è anche il mio lavoro».

Cosa ti è entrato per primo, nel sangue? Il palcoscenico o i colori rossoblù? «Anche questo è difficile dirlo! Sono cresciuto in una famiglia dove il teatro ne ha sempre fatto parte con papà Marco, mamma Valeria (scenografa e costumista, nda), ma anche con mio nonno paterno, grande appassionato di teatro e sempre pronto ad abbonarsi. Anche il Genoa ha sempre fatto parte della famiglia: tutti genoani, a partire dal nonno; e poi, a cinque anni la mia prima volta al “Ferraris” con papà».

Regista teatrale ed allenatore hanno molto in comune. Qual è il tuo pensiero? «Entrambi ci troviamo a dover gestire un gruppo eterogeneo di persone che dobbiamo cercare di amalgamare al meglio. Forse la differenza più evidente è che nel mio settore è più improbabile cambiare ruolo ad un attore scelto per una precisa esigenza, insomma, farlo “giocare” in un ruolo diverso dal suo, cosa che invece si vede in molte squadre di calcio, come… il Genoa».

Sei a Catania da ormai un po’ di tempo per I racconti della peste, che debutterà al Teatro Verga il prossimo 22 novembre con un cast catanese tranne il genovese Roberto Serpi e con scene e costumi della savonese Anna Varaldo. L’opera di Mario Vargas Llosa è volutamente ispirata al Decameron di Giovanni Boccaccio ma con una narrazione diversa: «Cinque persone che si ritirano in una dimora di campagna per allontanarsi da un eventuale contagio, situazione quanto mai attuale. E sono proprio i cinque protagonisti, a differenza dell’opera trecentesca, a raccontare ed agire».

Il finale è scontato? «Probabilmente no. In scena ci sarà una particolare presenza che…». Ok, non indaghiamo oltre; allo spettatore il piacere di gustare e scoprire.

Ed a proposito di spettatori, so che alla prima avrai un ospite particolare: «Esatto. Si tratta proprio dell’autore. Mario Vargas Llosa arriverà appositamente dalla Spagna per assistere alla prima».

Porti mai qualche oggetto legato al Genoa, quando vai in scena? «Sinceramente no ma invece cito spesso, ai miei attori ed attrici, la tifoseria rossoblù. Invito loro a guardare una gara di calcio, soprattutto del Genoa, perché capiscano quale sia il livello di empatia e di comunicazione che si creano fra squadra e tifoseria. Lo stesso voglio che si crei fra chi sta su un palcoscenico e chi è seduto in sala».

Hai tanti ricordi legati al tuo teatro ed a quello di tuo padre e sicuramente avrai tanti ricordi legati al Genoa: «Sicuramente la partita benefica organizzata per il Capitano Gianluca Signorini, giocata il 24 maggio 2001 (Vecchie glorie Genoa contro mista di vecchie glorie Parma e Roma, nda). Ma la gara che più mi è rimasta dentro è Genoa-Lucchese dell’8 settembre 1996, splendido esempio di cosa vuol dire, per noi genoani, passare dall’esaltazione alla delusione. Avevo 8 anni ed ancora oggi ho davanti agli occhi il gol da fuori area di Felice Centofanti col numero 10 sulla schiena; mi entusiasmai a tal punto che per il mio imminente compleanno mi feci regalare una maglietta col suo nome e numero. Però poi la delusione del pareggio avversario a tempo scaduto (gol di Roberto Paci al 90’, nda). Quella non fu la mia prima volta allo stadio ma fu in quella occasione che capii cosa vuol dire essere genoano: passare attraverso tutta la gamma delle emozioni umane nell’arco di novanta minuti».

Chiudiamo la chiacchierata “rossoblù” parlando dell’attuale momento del Genoa: «La rosa è di assoluto livello ma non si riesce a farla esprimere nel migliore dei modi. Qualcosa forse si è rotto nel rapporto fra allenatore e gruppo squadra. Occorre uno scossone e mi auguro che arrivi in questa pausa del campionato».

I racconti della peste debutta al Teatro Verga di Catania martedì 22 novembre; poi repliche sino alla matinée di domenica 4 dicembre. In primavera, invece, il cast si sposterà al Teatro Eleonora Duse di Genova dove è in programma da mercoledì 12 a sabato 22 aprile 2023.
Percorriamo via Etnea e ci fermiamo davanti ad una bottega ormai chiusa: è la “Antica Salumeria Dagnino”, aperta nel 1903 da un genovese arrivato a Catania e condotta di generazione in generazione sino ai giorni nostri. Genova e Catania; calcio e teatro; mare e montagna; due città simili, tanto lontane quanto vicine; due teatri “stabili” che da anni collaborano; due tifoserie calcistiche legate da un profondo e reciproco rispetto.

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