Dopo il “nein” di Labbadia il Genoa sperona l’iceberg

Spors necessita dell'aiuto di un dirigente come Sbravati che conosce il club e la gestione quotidiana di una società di calcio

Spors Zangrillo Genoa
Il gm Spors e il presidente Zangrillo (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Il Titanic del Genoa non ha fatto in tempo a speronare la punta dell’iceberg che buona parte dell’equipaggio aveva già assaltato le scialuppe per raggiungere la terra ferma. Sin dopo lo Spezia, sconfitta che ha inquinato l’aria per l’ennesima stagione consecutiva, i violinisti seriali suonano nenie lancinanti provenienti da spartiti diversi: ognuno ha il suo tempo, ciascuno interpreta il brano che vuole senza che il direttore d’orchestra riporti all’ordine bacchettando sul leggio. Il Titanic ha perso l’orizzonte, assomiglia a una vecchia bagnarola sperduta nel mare: in simili casi di profonda emergenza è bene spegnere i motori, tracciare la nuova rotta e tentare di ripartire. Recenti incertezze hanno ingolfato lo slancio societario e l’azione di mercato del Genoa dopo undici milioni di euro spesi in una settimana per cominciare a rifondare il peggiore organico rossoblù dalla risalita in Serie A, macerie che si sono accumulate a seguito dell’ultimo colpo sferrato dalla palla demolitrice.

All’interno di un contesto lavorativo che reprime la capacità d’espressione del singolo come attestano i rendimenti di molti calciatori usciti dall’abbraccio di Genova, gli allenatori sono per lo più incolpevoli dinanzi alle forme di responsabilità facenti capo alle due dirigenze genoane: la precedente ha pensato a remunerare con la cessione del club trascurando il calciomercato e tardando l’esonero di un allenatore che non aspettava altra comunicazione addirittura dal ritiro di Neustift; l’attuale, inesperta e per questo sprezzante del pericolo, ha proceduto al cambio del tecnico, scelto colpevolmente prima dell’insediamento del direttore generale, e non viceversa, con inopportuna impulsività facendo prevalere l’inflessibilità della linea di mercato sul dialogo. Errore che altresì ha troncato i rapporti con Bruno Labbadia, un bene per le parti alla luce del curriculum mediocre dell’allenatore tedesco il quale non ha salvato direttamente Amburgo e Wolfsburg (in un campionato a diciotto) ma solo attraverso lo spareggio play-out.

Il nein, danke di Labbadia ha arrecato un grave danno d’immagine al Grifone, già poco attraente a causa dell’acclarata situazione di classifica: a differenza del mancato ritorno di Piatek, che del resto ha scelto il progetto della Fiorentina come farebbe ogni professionista slegato sentimentalmente dalla piazza rossoblù, il rifiuto del tecnico oriundo apre una crepa profonda che rende il Genoa più debole verso l’esterno. Risolto anticipatamente il contratto con l’Hertha Berlino, che pendeva fino a giugno, Labbadia ha deciso di prolungare la sua inattività non avendo trovato sintonia con le strategie di Spors, attento osservatore che tuttavia necessita dell’aiuto integrativo di un dirigente come Sbravati che conosce il Genoa e la gestione quotidiana di una società di calcio: il general manager voleva fare spesa ma non si è accorto che la dispensa è piena. Meglio chiudere una storia prima che nasca piuttosto che rimediare a un finale già scritto. Labbadia nemmeno è salito sul Titanic.

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