Buffa: «Il Genoa fece la storia ad Anfield anche per come giocò»

«De André aveva una passione tutt’altro che malcelata, insieme alla musica: l’astrologia»

Buffa

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Una notte a Genoa. Prima al Museo, con un workshop de “La Giovane Italia”, poi sul palco del Politeama. Federico Buffa è tornato nella città che ha dato i natali a suo padre e per l’occasione ha rilasciato un’intervista al Genoa. Il punto di partenza è la storia: «Nel 1923 il Genoa va per la prima volta in tournée in Sud America e nello stadio vecchio, quello di Retiro – dov’è stato inventato il doppio passo da un francese che si faceva chiamare Calumino, si era genovesizzato per venire in contro all’aficion, cioè agli hinchas del Boca – si gioca una partita tra Genoa e Boca Juniors. Ci sono dei tifosi genovesi che hanno visto giocare il Genoa, poi sono andati in Argentina e tifano per la loro squadra argentina con un’anima divisa in due. È pressoché impossibile che possa succedere un’altra volta nella storia dell’umanità quello che è successo: una delle dieci squadre più famose del mondo, il Boca Juniors, la mitad mas uno, sono detti “i genovesi”, los xeneizes, la squadra più amata dell’Argentina contro la prima squadra del calcio italiano».

Buffa ripercorre l’impresa di Anfield Road: «Ricordo benissimo quella partita del marzo 1992 perché non vivevo già più con la mia famiglia, però mio padre mi convocò. Mio padre, buonanima, aveva abiurato la fede rossoblù: è nato a Genova e per sposare la signora Giulia Lisi, tifosa del Milan, ella aveva preteso che diventasse milanista. Lui si è anche trovato bene a tifare Milan, piuttosto facile rispetto al Genoa. Però, quella sera, al mambo ballato dal Pato sbroccò: “Che gol, figgeu! Che gol! Era dai tempi di De Vecchi, il figlio di Dio, che non avevamo un giocatore così!”. Mia madre non capisce come sia possibile, gli dico: “Papà, dille chi sei”. Mio padre ha oggettivamente tirato fuori la passione d’infanzia per la sua squadra. Lui, in stile De André, mi ha fatto vedere dei quaderni che teneva con le formazioni, anche di cui aveva solo sentito parlare. Un amore eterno che per una squadra così forte mitigato dal fatto che ha dovuto fare il tifoso del Milan e, ribadisco, si è trovato bene. È una partita non solo storica perché il Genoa è la prima squadra italiana a vincere ad Anfield Road, ma è anche come ha giocato: il Genoa giocò una partita leggendaria. Nessuno ad Anfield era uscito senza le ossa rotte. Quando entri in campo, i giocatori vedono una scritta: “This is Anfield”, come a dire, è dura per tutti».

Infine, una chiosa su Fabrizio De André: «Aveva una passione tutt’altro che malcelata, insieme alla musica: l’astrologia. Tramite amicizie comuni ho ritrovato questi quaderni che lui teneva con formazioni e opinioni su quello che la squadra poteva fare. Ha spiegato che non ha messo il Genoa in una singola canzone cantata e scritta da lui perché “per scrivere canzoni bisogna avere un certo distacco e io nei confronti del Genoa non ce l’ho”».

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